Forse non tutti lo sanno, ma tra le tante regole che disciplinano la vita di un ebreo ce n’è una che dice che è obbligatorio studiare. Da quando? Da quando si è in grado di apprendere qualcosa. Fino a quando? Fino all’ultimo respiro. Non c’è un diritto allo studio, c’è un obbligo allo studio. E questo obbligo allo studio, il talmùd Torà è “kenèghed kullàm”, vale da solo quanto tutti gli altri obblighi. Tutti hanno il dovere di studiare e ciascuno in base alle sue capacità ha quello di insegnare, anche quel poco che sa. Cominciando dai genitori nei confronti dei figli, come viene detto esplicitamente nel brano che è la dichiarazione di identità ebraica, lo Shemà’ Israèl. Quindi se è obbligatorio studiare bisogna attrezzarsi per organizzare luoghi di studio che accolgano studenti dalle età più precoci e a seconda delle loro capacità li forniscano degli strumenti e delle nozioni basilari. Questo è, o dovrebbe essere, lo scopo istituzionale delle scuole ebraiche. Luogo di formazione e trasmissione della conoscenza. E siccome questa conoscenza non è una cultura generica, per quanto bella possa essere, ma è Torà, insegnamento di vita, non è solo la nozione che va trasmessa, insieme al metodo per apprenderla, ma l’esperienza di vita, il comportamento, il modello etico, la divisione e la santificazione del tempo, il senso di comunità. Quindi non solo conoscenza ma coscienza.