L'avvicinamento tra Gerusalemme e Damasco suscita speranze e nostalgia tra gli ebrei siriani emigrati in Israele, insieme a timori per accordi con un regime instabile
Elinor Fabriquer - Makor Rishon - 6 luglio 2025
I colloqui che Israele sta tenendo in questi giorni con il governo siriano, secondo varie fonti, suscitano sentimenti contrastanti tra i siriani fuggiti dalla Siria e ora residenti in Israele. I ricordi nostalgici riempiono i loro cuori, e forse anche la speranza di poter visitare la loro patria, ma d'altra parte temono che Israele possa non comprendere correttamente le forze che operano in Siria.
"Non so dire se ci sarà un accordo di qualche tipo, un accordo significa riconoscimento dello Stato di Israele", dice Moshe Cohen, direttore del Centro Mondiale per l'Eredità dell'Ebraismo di Aram Tzova, l'antica Aleppo in Siria. "Si dice che forse si tratta di un accordo di non-belligeranza, senza riconoscimento di Israele". Cohen ricorda che il partito Ba'ath, che ha tenuto il potere in Siria fino al dicembre 2024, era particolarmente nazionalista. "È possibile che il nuovo governo siriano sia effettivamente più pragmatico e più aperto al mondo. È difficile fare confronti, ma anche la Germania nazista 'si è pentita', quindi non so cosa dire. Se questa è davvero la situazione, la forma giuridica non è importante. Se prima ci sarà un accordo di non-belligeranza e poi un accordo di pace, il popolo nel complesso si adeguerà".