Tempio di via Eupili – Milano
La Parashà di questa settimana inizia con la descrizione di come il popolo ebraico lascia l’Egitto e il giogo del Faraone. Di fronte al Mar Rosso, videro che l’esercito egiziano li stava inseguendo. Dopo aver gridato verso D-o ed essersi lamentati con Moshè, gli ebrei entrano nel mare e si verifica il miracolo. Dopo averlo attraversato, assistono alla distruzione finale dell’esercito egiziano. A questo punto ci dice la Torà; “In quel giorno D-o liberò Israele dalla mano dell’Egitto, e Israele vide il popolo (egiziano) morto sulla riva del mare”.
Ibn Ezra nota l’enfasi della Torà secondo cui fu solo in quel giorno che gli ebrei furono completamente liberi dal giogo degli egiziani e spiega che anche dopo aver lasciato l’Egitto, avevano ancora paura del faraone e si liberarono completamente dal giogo egiziano solo dopo aver visto la distruzione finale della potenza degli egizi. Solo allora furono in grado di essere completamente liberi dalla loro immagine di “schiavi del faraone”.
La descrizione fatta dall’Haggadà della natura della sottomissione agli egiziani ci insegna una lezione simile a quella di Ibn Ezra. L’Haggaddà ci dice: “Siamo stati schiavi del Faraone in Egitto; HaShem, il nostro D-o ci ha portato fuori di lì con una mano forte. E se HaKadosh Baruch Hu non avesse portato i nostri padri fuori dall’Egitto, noi, i nostri figli e figli dei nostri figli sarebbero ancora schiavi del Faraone in Egitto”. E’ difficile immaginare che se l’Esodo non avesse avuto luogo, saremmo ancora schiavi degli egiziani. Una risposta possibile è che l’Haggadà non intende dire che saremmo fisicamente schiavi ma che rimmarrebbe un certo asservimento psicologico. Saremmo stati fisicamente liberi, ma non avremmo mai rotto completamente l’immagine di noi stessi come persone assoggettate ad un’altra nazione e non libere di esprimersi pienamente.
Queste spiegazioni ci forniscono una base riguardo al come affrontare le forze negative che hanno potere su di noi, come persone che ci controllano in modo malsano o dipendenze distruttive. Dall’esempio riportato nella Parashà emerge che ci sono due fasi per liberarsi da un’influenza negativa. La prima è allontanarsi dalla fonte della negatività, allo stesso modo in cui il popolo ebraico ha lasciato l’Egitto. La seconda è superare o eliminare quella fonte: ciò è avvenuto con la distruzione dell’esercito egiziano in mare. Ibn Ezra ci insegna che allontanarsi dalla fonte di assoggettamento è una fase essenziale, ma questo è insufficiente per liberarsi completamente. Si può diventare completamente liberi solo raggiungendo il secondo stadio. Di conseguenza, fu solo quando il popolo ebraico vide gli egiziani finalmente distrutti, che poté dirsi completamente libero dalla schiavitù egiziana.
Da questo si deduce che in primo luogo, una persona ha bisogno di riconoscere quale stadio di libertà ha raggiunto. È particolarmente importante per lui essere consapevole quando non ha completamente superato l’asservimento alla sua influenza negativa, ma che si è solo allontanato. Una strategia delle persone che rinunciano alle dipendenze è riconoscere che non hanno superato completamente la dipendenza, piuttosto se ne sono solo allontanate. La seconda parte, la più difficile, è che bisogna sforzarsi di raggiungere il secondo stadio per superare completamente la propria dipendenza per potersi dire completamente liberi.
Queste due fasi sono alluse dal Rambam nella sua discussione sui diversi livelli di teshuvà. La teshuvà completa può essere raggiunta solo quando una persona si trova nella stessa identica situazione in cui aveva fallito in precedenza e non ripete l’errore fatto. Un livello inferiore di teshuvà è quando una persona attraversa le fasi necessarie per pentirsi, ma potrebbe non essere ancora pronta per una teshuvà completa. Questo secondo tipo di teshuvà incompiuta è il livello degli ebrei prima dell’apertura del Mar Rosso. Non è facile superare pienamente le forze che esercitano potere su di noi: non è una questione semplice e ogni caso specifico va analizzato, tuttavia, questo episodio ci offre due suggerimenti su come sperare di avere successo. Come sottolinea Ibn Ezra, il popolo ebraico non ha distrutto gli egiziani, D-o l’ha fatto per loro. Questo ci insegna che è al di là della capacità umana il superare pienamente le proprie inclinazioni negative. Dobbiamo fare tesoro dell’insegnamento della Ghemarà che afferma che “l’inclinazione dell’uomo [cerca di] sopraffarlo e distruggerlo ogni giorno… e se non ci fosse D-o che lo aiuta, lo farebbe”. Di conseguenza, è essenziale rivolgersi a D-o per poter superare queste difficoltà ma non è sufficiente. Quando Moshe pregò per ricevere aiuto, D-o gli disse di esortare gli ebrei e di entrare nel mare, e solo allora accadde il miracolo. Da qui apprendiamo che, mentre è impossibile vincere le negatività senza D-o, dobbiamo essere disposti a fare uno sforzo.
Il superamento delle situazioni negative che si possono presentare nella nostra vita e delle nostre inclinazioni negative è molto importante perchè ci permettte di fare tesoro della nostra esperienza e di rafforzarci, certi dell’aiuto di D-o. In questo modo saremo in grado di dare il meglio di noi stessi, per noi stessi, ma anche per coloro che ci stanno intorno, permettendoci nel nostro piccolo di aiutare a creare una società migliore