Tradizionalmente la Torah scritta trasmette degli insegnamenti e ci manda dei messaggi in quattro modo differenti, peshat, remez derash, sod. Apparentemente, più ci si avvicina al sod, più ci si allontana dal senso letterale del testo. Ma se si approfondisce questo aspetto ci si accorgerà che non è così. E’ diffusa l’idea secondo la quale il midrash non è altro che una semplificazione del testo della Torah, volta a portare al popolo degli insegnamenti per mezzo di parabole. Spesso la distanza fra le prescrizioni della Torah e quanto il midrash afferma ci portano a pensare che queste due dimensioni non vadano confrontate fra di loro, ed eventuali contraddizioni non costituiscano pertanto un problema.
Ogni maestro del midrash esprime la propria personale opinione, legandosi al testo. La causa di questa giustificata sensazione è che i maestri del Midrash sembrano prendere una parola o un’espressione dalla Torah, decontestualizzandola, e dando un insegnamento che sembra distante da quello che il testo intendeva comunicarci.
Il Midrash, spiegando la mitzwah dell’orlah, il divieto di consumare i frutti di un albero nei primi tre anni dalla piantagione, lega l’albero allo studio della Torah, definita ‘etz chayim – albero di vita. Il Midrash si avvale di una parabola: un re manda un figlio a commerciare. Il figlio teme i predatori, ma il padre lo tranquillizza egli dà un bastone contenente un amuleto che lo proteggerà. Allo stesso modo lo studio protegge Israele dagli altri popoli. E’ evidente come l’insegnamento dei Maestri si distanzi da quanto la Torah vuole ordinarci. Ma possiamo chiedere: se dovessimo indicare la prima azione che il popolo ebraico, appena entrato in Israele, avrebbe dovuto compiere, penseremmo all’agricoltura, per quanto questa sia importante, o allo studio della Torah?
Il Midrash, compiendo il secondo passaggio, inizia ad avvicinarsi gradualmente al senso letterale. L’albero di cui si parla non è più quello della Torah, ma un albero fisico, quello del giardino dell’Eden. Gli tzadiqim ne mangeranno i frutti, come ricompensa per il loro studio.
Proseguendo il Midrash si avvicina ulteriormente al senso letterale. Il riferimento all’albero dell’Eden è mantenuto, ma si tratta dell’albero della conoscenza del bene e del male di Adam, e la mitzwah dell’orlah è considerata una riparazione della sua colpa. Adam non è stato in grado di attendere un giorno, mentre noi aspettiamo tre anni prima di mangiare i frutti dell’albero.
Sempre riferendosi alla parashah di Bereshit, il Midrash si chiede come sia possibile mettere in pratica la mitzwah di seguire H. ed unirsi a lui. Come H. appena creato il mondo si occupò di piantare il giardino dell’Eden, così il popolo ebraico, appena entrato in Israele, si deve preoccupare di piantare, e in questo modo si segue la strada segnata da H.
Come ultimo passaggio, il Midrash porta il paragone con una gallina, che protegge i pulcini, li scalda e dà loro da mangiare. Quando però questi crescono, se uno di loro osa avvicinarsi a lei per ricevere del cibo, lo colpisce con il becco, imponendogli di cercare il cibo da solo. Nel deserto una serie di miracoli garantiva il sostentamento al popolo ebraico. In terra d’Israele ciascuno è tenuto a rimboccarsi le maniche e piantare alberi.
Lo studio di questo midrash porta un rovesciamento di valori: all’apice non troviamo lo studio della Torah, come ci saremmo aspettati, ma la dedizione al lavoro della terra. Il punto più alto è in Eretz Israel. Bisogna far fruttare tutte le acquisizioni spirituali conquistate nel deserto, affrontando tutte le difficoltà della vita quotidiana, costruire, piantare e al contempo far risplendere la luce divina. Lo scopo è quello di far discendere la Presenza divina sulla terra. La materia viene santificata, e anche gli aspetti più banali nell’esistenza umana acquisiscono una loro sacralità.
Nel deserto eravamo dei bambini che necessitavano sempre dell’aiuto dall’alto. In Israele il programma è differente: agire, agire e la benedizione divina arriverà. Non più miracoli, come nel deserto, ma una natura santificata. Il Midrash pertanto riprende a pieno il senso letterale della Torah, ma attraverso il suo percorso concettuale, lo innalza, mostrando una scala di valori decisamente inaspettata.