Daniel Fishman
Il Chilometro d’oro, romanzo storico sulla comunità ebraica egiziana, è stato tradotto in arabo e pubblicato in Egitto a cura del Ministero della Cultura. Una storia (anche) sportiva
«Ma lo sai che hanno pubblicato il tuo libro in arabo e che si trova nelle librerie del Cairo?» questo il contenuto di una telefonata ricevuta poco tempo fa da un’amica egiziana. Anni fa, quando pubblicai il Chilometro d’oro (Guerini editore, 2006) ero stato contattato dal Ministero della Cultura egiziano che si era informato sugli eventuali diritti di traduzione in arabo. Il discorso era poi caduto nel dimenticatoio. A cose fatte, e a distanza di così tanto tempo, non è durata più di due minuti l’idea di attivarmi per far valere i miei diritti d’autore. In Egitto, come si sa, casi legali ben più consistenti del mio non trovano soluzione…
Mi sono così accontentato di ricevere il libro e di rilevare come la vicenda avesse comunque interessanti riflessi “politici”.
Un romanzo storico che racconta di un Paese che nella prima metà del ‘900 era ricco di decine di etnie, religioni, idee, partiti, intellettuali e stampa libera, è un Egitto ben diverso da quello attuale. Un Paese che le giovani generazioni non hanno conosciuto e che, grazie ai media ed eventi culturali, e appunto ad un libro come questo, hanno ora la possibilità di riscoprire. Anche nella sua componente ebraica, che in “terra di Goshen” ha avuto una presenza plurimillenaria e che in epoca contemporanea aveva raggiunto posizioni di rilevanza, prestigio e forte attiguità col Governo. In nessun Paese arabo infatti, gli ebrei possedevano così tanti ruoli, incarichi, ed erano responsabili di settori chiave del Paese. Lo si può raccontare in tante maniere; lo sport è emblematico in tal senso. A partire dagli inizi del ‘900, periodo nel quale in Europa si cominciarono a diffondere le pratiche sportive, anche in Egitto si organizzarono le prime partite dei soldati inglesi con le squadre egiziane e con quelle delle comunità straniere. Si fondarono alcuni primi club, Le ferrovie al Cairo, nel 1903, e l’Olympi ad Alessandria nel 1905, mentre nel 1907 venne fondato l’Al-Ahly, attualmente la squadra più popolare, per opera di un inglese che però sosteneva l’indipendenza dell’Egitto, diventando così la squadra di riferimento del leader nazionalista Sa’d Zaghlul.
Nel 1911 venne fondato invece l’Al-Zamalek, l’altra grande squadra egiziana, per iniziativa degli impiegati dei tribunali misti. Anche la polisportiva del Maccabi era intanto stata creata e le sue squadre, maschili e femminili, partecipavano a tutti i campionati in diversi sport.
È forse nel basket che la polisportiva ebraica ottenne i suoi maggiori risultati.
È curioso sapere che il Re Faruk si era preoccupato di mandare pacchi di cibi casher ai cestisti ebrei della squadra nazionale egiziana, impegnata alle Olimpiadi di Helsinky (nota: siamo a pochi giorni dal colpo di Stato di Nasser). Ma è soprattutto la storia della finale del torneo nazionale di basket del 1953, quella che è rimasta nella storia: in questa epica finale, dalle chiare e forti implicazioni simboliche e politiche, si dovevano scontrare la squadra di basket dell’esercito contro quella del Maccabi. Il match si disputò in un ambiente particolarmente acceso, se rileviamo come si tratti di un anno a cavallo tra le due prime guerre avvenute tra Egitto e Israele (1948 e 1956). A 3 minuti dalla fine, il Maccabi conduceva di 4 punti quando, con una mossa alla “Adriano Galliani” qualcuno tagliò un cavo elettrico ed improvvisamente lo stadio piombò nel buio e nel putiferio. Il guasto sembrava irreparabile e gli spettatori dovettero lasciare lo stadio. Nei giorni successivi vi furono lunghe discussioni: confermare il punteggio risultante fino a quel momento? Disputare di nuovo la partita? Oppure riprendere a giocare solo la parte finale? I militari ovviamente premevano per ricominciare da capo, ma si ritenne che questa ipotesi sarebbe stata troppo smaccata e “sporca”. Pochi giorni dopo, vennero perciò giocati gli ultimi minuti della partita, in assenza di spettatori per evitare problemi di ordine pubblico, e il Maccabi vinse il titolo nazionale.
Da lì a poco, tutta la comunità ebraica avrebbe lasciato il Paese. Nella storia dell’Egitto, gli ebrei avevano scritto una pagina da protagonisti, anche nello sport.