Da Aleppo alla Francia di Vichy, fino alla Milano del dopoguerra che accolse gli ebrei in fuga dal Medioriente. Nell’opera-prima di Colette Shammah, la storia di un intenso rapporto madre-figlia nel culmine dell’addio
Marina Gersony
«Cade la sera, come ogni altra sera, e un pezzo della mia anima fa vela verso un territorio sconosciuto […]. Ma questa volta, questa sera, quando cade, mi trovo in compagnia della morte. Sei tu, mamma, quel corpo minuto sotto il lenzuolo? Nulla lo rivela eccetto la forma minuta, minutissima, che sagoma il telo bianco […]. Tra terra e cielo non si capisce più quello che era e quello che sarà. Il tempo è immobile, non definisce nulla oltre al fatto che tu non sei più. Per sempre. Mai più […]. Mi viene freddo. E tu, piccola mamma, senti freddo anche tu?”
Sono frasi tratte dal romanzo di esordio di Colette Shammah (In compagnia della tua assenza, editore -Nave di Teseo, uscita 11 gennaio, presentazione nel foyer del Teatro Franco Parenti il 23 gennaio, ore 18.30, relatori Ilaria Borletti, Eva Cantarella, Ada Marchetti). Un racconto tutto incentrato sul rapporto tra una madre, Sophie, e una figlia, Esther; un legame che si protrae dopo la morte della madre in un dialogo interiore che attraversa un’intimità corporea, simbolica ed emozionale, con l’origine della vita.
“Non mi manca quello che mostravi di essere, mi manca quello che pensavo tu fossi”, scriveva Alda Merini. La stessa traccia emotivo-affettiva delinea il romanzo della Shammah. Nell’istante in cui Esther prende coscienza di quel qualcuno che non c’è più, ecco che la memoria inizia a riaffiorare e a rafforzarsi per diventare nuova compagna, balsamo lenitivo e ricerca per arrivare all’essenza della genitrice scomparsa. Nonostante sia intimamente straziata da un dolore senza nome, Esther non teme di sprofondare e riemergere in un percorso di sofferenza, incubi, interrogativi, momenti di conflitto, ruoli capovolti, segreti e soprattutto di infinito e incondizionato amore: “Sai mamma, non ho mai avuto paura della mia morte, mentre ho sempre avuto paura della tua. È dunque del tutto naturale la fatica che ho dovuto affrontare per separarmi da te”.
Esther è l’io narrante, in apparenza la più fragile delle quattro figlie di Sophie, è stata scelta intenzionalmente dall’autrice in quanto “più visionaria e più ipotetica”. «Tra tutte riconosce nell’occhio luminoso della madre quello spicchio di malinconia, quella luna calante che gli altri non volevano o potevano riconoscere – osserva l’autrice -. Esther non si è incoronata genitore, lei sa meno, ha fatto meno delle altre sorelle, perché ha sempre agito per curiosità e per slancio, le altre per logica e disciplina. Ho voluto raccontare le sue difficoltà nel tentativo di sganciarsi dall’amore malato per la luna calante della madre. Ho voluto che fosse lei il personaggio da ricordare nel momento in cui la madre le ha offerto il ruolo di custode della sua morte». Sophie, la madre, è un’ebrea bella, colta, «libera e impertinente» che nasce ad Aleppo negli anni Venti. Studia in Francia e all’Alliance; dopo essere sfuggita alle Leggi razziali si trasferisce, nel dopoguerra, a Milano con l’amato Maurice e la primogenita Aline, e si fa notare per l’eleganza e lo stile anticonvenzionale: è una giovane benestante che, con le figlie, preferisce parlare in francese e andare alla Scala piuttosto che in sinagoga. Sophie tuttavia non vuole essere incasellata in un solo ruolo, la vita è una sola e va vissuta in pieno. Curiosa e pragmatica, gestisce e amministra la famiglia con fermezza, ma sa anche guidare il motoscafo, cosa inusuale per una donna. È lei di fatto l’uomo di casa. Il marito, spesso lontano per affari, si fida ciecamente di questa moglie affascinante e determinata. «Maurice l’ha sempre capita e stimata – racconta Colette Shammah -, per questo si fida di lei. Nel mio racconto gli uomini si fidano delle donne perché sono accoglienti, organizzatrici e sanno trovare risposte più morbide ai conflitti. Perché sono abituate a mediare, conciliare».
Tra impegni famigliari, mondani e sociali, la vita di Sophie scorre; una vita di luci e ombre che la figlia Esther osserva e racconta con intensa partecipazione. Sullo sfondo il dramma della guerra, l’esilio, i profughi e soprattutto la voglia di ricominciare da capo. Sono i tempi del boom economico, del bel mondo e della voglia di ricostruire, soprattutto per gli ebrei che con sagacia, ironia e cultura riescono a riconquistare quel ruolo nella società che era stato loro sottratto. Intanto il tempo passa e molte cose accadono: Sophie diventa nonna, perde l’amato Maurice e comincia a sentirsi sola e isolata. Non cammina più, il passo svelto e sicuro si fa tentennante, il dolore alla schiena pungente, il corpo lentamente cede. E qui inizia un nuovo periodo, probabilmente il più difficile della sua esistenza che si conclude con la morte, da cui parte il romanzo. Quanto di vero c’è di Sophie, dell’autrice e della sua famiglia nel libro? Osserva Colette Shammah: «Quattro figlie, una madre, un padre, delle origini mediorientali, le partenze, gli arrivi e la dimora lombarda. Di mia madre, nel libro, c’è molto. Come Sophie, anche lei era una donna colta, volitiva ed elegante che rispettava le apparenze senza superficialità. Aveva coraggio, come Sophie. È riuscita a tagliare con il suo passato con un obiettivo preciso: dare alle figlie un presente e un futuro solido in un Occidente accogliente. Mia madre può assomigliare a Sophie, ma Sophie è un personaggio letterario. Aderisce alla sua realtà.
Per il resto parlo di mondi da cui provengo, ma che non ho mai conosciuto. Per il materiale ho attinto dalle storie di famiglia e dalle memorie di vecchi aleppini. Gli intervistati hanno voluto rimanere in incognito. Ho cercato di guardare oltre le apparenze e di partire dai sentimenti. Ho costruito i personaggi, poco importa se somigliano a qualcuno».
Scriveva Samuel Johnson: “Ciò che è stato scritto senza passione, verrà letto senza piacere”. Ed è con passione che Colette Shammah ha scritto questo suo primo romanzo, la storia di un rapporto tra una madre e una figlia nel culmine dell’addio. Stati d’animo ed emozioni universali in cui non è difficile rimanere coinvolti e identificarsi.
Chi è Colette Shammah
È nata e vive a Milano. Dopo una laurea in Lettere a indirizzo psicopedagogico, ha lavorato nell’editoria (Enciclopedia dei Bambini di Pinin Carpi). Ha recitato in teatro e in tivù. Ha seguito corsi sul Metodo Feuerstein. Ha conseguito un master in Mediazione Familiare Sistemica e ha lavorato a lungo come mediatrice. In compagnia della tua assenza è il suo primo romanzo.
(Foto Sarah Levi)