Pur avendo collaborato con l’organizzazione umanitaria Oxfam, l’attrice ebrea non rinnega i suoi “fratelli” coloni e non cede ai ricatti. Un bell’esempio per quei pacifisti ebrei de noantri che invece si cancellano dalle Comunità Ebraiche
Davide Frattini
Nel video girato al campo rifugiati di Dadaab in Kenya i fusti di alluminio scaricati dai camion tolgono la sete ai disperati che hanno dimenticato cosa fosse l’acqua. La voce arrochita di Scarlett Johansson promuove le operazioni umanitarie di Oxfam, spiega come questi interventi aiutino a combattere le carestie in Africa.
Adesso quell’acqua si è riempita di bollicine d’incomprensione, che hanno interrotto dopo otto anni il rapporto tra la diva e il gruppo internazionale. Oxfam ha criticato la decisione di prestare lo stesso volto allo spot di una macchinetta per farsi la soda in casa: la fabbrica che produce i piccoli elettrodomestici sta a Mishor Adumim, una zona industriale collegata a uno dei più grandi insediamenti israeliani in Cisgiordania.
LA FRATTURA – L’attrice, 29 anni, ha prima provato a difendere il contratto con SodaStream e ha spiegato che «è da sempre favorevole alla cooperazione economica e all’interazione sociale tra una democratica Israele e la Palestina». Perché l’azienda dà lavoro anche a 500 palestinesi e a 400 arabi che arrivano da Gerusalemme Est, oltre che a 200 ebrei israeliani. Oxfam però si oppone a «qualunque società che operi nelle colonie contribuendo a perpetrare l’ingiustizia verso i palestinesi. Siamo contrari agli scambi commerciali con gli insediamenti, costruzioni illegali secondo la legge internazionale». Che Daniel Birnbaum, amministratore delegato di SodaStream, abbia elevato Scarlett da testimonial di una pubblicità a prima ambasciatrice globale del marchio non ha aiutato a ricomporre la frattura. Così la diva ha dato le dimissioni da messaggera di Oxfam e l’organizzazione le ha accolte.
LO SPOT «CENSURATO» – Il nuovo spot verrà trasmesso domenica prossima durante il Super Bowl, in una versione emendata perché l’originale aveva offeso gli sponsor più importanti della finalissima del campionato di football americano: Scarlett non pronuncia più «Sorry, Coke and Pepsi». La protagonista di Lost in translation ha ribadito di non poter accettare gli appelli del movimento internazionale Bds (Boicottaggio Disinvestimento Sanzioni) che preme per interrompere le relazioni – non solo economiche, sotto attacco sono anche le università – con Israele. In realtà Oxfam non ha mai ufficialmente appoggiato la campagna per un embargo contro lo Stato ebraico.
La minaccia di sanzioni comincia a preoccupare anche il governo israeliano. Yair Lapid, ministro delle Finanze, ha avvertito che il Paese rischia di subire ritorsioni finanziarie se le trattative con i palestinesi dovessero fallire. Ieri il Fondo petrolifero della Norvegia (valore 810 miliardi di dollari, gestito dalla Banca centrale) ha deciso di escludere dagli investimenti due società israeliane perché coinvolte nelle attività di costruzione nelle colonie.
INCIDENTI DIPLOMATICI – Nel 2009 anche l’attrice Kristin Davis era incappata in un incidente diplomatico con Oxfam che aveva deciso di non usarla più come sponsor dopo che la Charlotte di Sex and the City era diventata testimonial dei cosmetici Ahava, prodotti con i fanghi e i sali del Mar Morto nell’insediamento di Mitzpe Shalem. Scarlett Johansson ha sempre ripetuto di voler usare la sua celebrità in modo responsabile. Sei anni fa ha sostenuto la corsa di Barack Obama alla presidenza (il fratello gemello era nella squadra della campagna elettorale), ha ospitato cene per la raccolta dei fondi e ha anche parlato alla convention democratica. In un’intervista con la rivista Harper’s Bazaar non ha escluso di poter un giorno entrare in politica.
http://www.corriere.it/spettacoli/14_gennaio_31/io-non-boicotto-coloni-scarlett-l-attivista-se-ne-va-59f17d9e-8a3d-11e3-aecc-b2fa07970b97.shtml