Giulio Busi
Ebrei come cifra d’inquietudine. Nell’opera di Nietzsche, forse il più tormentato fra i pensatori dell’Ottocento, la parola ebreo è simbolo di un’irrequietezza esponenziale. Il termine «Jude» ricorre con frequenza negli scritti del grande filosofo, e si carica di valori contrastanti: può essere di segno positivo, definizione d’intelligenza e creatività, ma talora suona negativo e straniante. Nelle lettere dei primi anni Settanta, i riferimenti all’ebraicità non si discostano molto dai luoghi comuni diffusi nel l’ambiente tedesco dell’epoca. Nietzsche ricorda per esempio «i nemici ebrei» di Wagner, e si fa beffe della goffaggine dei parvenu di origine giudaica. Di un conoscente antipatico scrive che «era vestito in modo stravagante e privo di gusto come un teatrante ebreo», mentre alla sorella rimprovera: «come puoi pensare che ordini un libro in una scandalosa libreria antiquaria ebraica?». Ma sono pregiudizi che si stemperano nel corso degli anni.
Gli avversari del filosofo, e innanzitutto i Wagner dopo la rottura, imputarono il cambiamento all’influsso del l’ebreo convertito Paul Rée, che gli fu amico dal 1875. È un fatto che il Nietzsche della maturità rovescia spesso in positivo le accuse tradizionali contro gli ebrei. Così, in Umano troppo umano (1878) esprime la propria ammirazione per un popolo «che ha avuto la storia più dolorosa, e a cui si devono l’essere umano più nobile (Cristo), il saggio più puro (Spinoza), il libro più possente e la legge più influente del mondo». In questi anni, Nietzsche prende posizione contro l’antisemitismo. È un atteggiamento che nasce dall’insofferenza per l’antisemita Bernhard Förster, marito della sorella Elisabeth, ma deriva anche da una meditata rivolta filosofica contro chi propaganda un germanesimo antigiudaico. «Gli ebrei sono più interessanti dei tedeschi – scrive nel 1887 – la loro storia presenta problemi ben più fondamentali». E ancora: «Zarathustra ha affascinato gli antisemiti; e c’è persino una sua particolare interpretazione antisemita che mi ha fatto molto ridere». Non è un caso che Nietzsche abbia respinto fino all’ultimo l’odio politico contro gli ebrei. In uno dei suoi estremi «biglietti della follia», inviato da Torino e firmato «Dioniso», scrive: «Sto facendo fucilare tutti gli antisemiti». Delirio, sì, ma di chi seppe presentire la catastrofe dell’intolleranza europea.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il Sole24Ore – 12 febbraio 2012
Nietzsche e gli ebrei, antologia a cura di Vivetta Vivarelli, con due saggi
di Jacob Golomb e Andrea Orsucci, Giuntina, Firenze, pagg. 270, € 15,00
Ebrei come cifra d’inquietudine. Nell’opera di Nietzsche, forse il più tormentato fra i pensatori dell’Ottocento, la parola ebreo è simbolo di un’irrequietezza esponenziale. Il termine «Jude» ricorre con frequenza negli scritti del grande filosofo, e si carica di valori contrastanti: può essere di segno positivo, definizione d’intelligenza e creatività, ma talora suona negativo e straniante. Nelle lettere dei primi anni Settanta, i riferimenti all’ebraicità non si discostano molto dai luoghi comuni diffusi nel l’ambiente tedesco dell’epoca. Nietzsche ricorda per esempio «i nemici ebrei» di Wagner, e si fa beffe della goffaggine dei parvenu di origine giudaica. Di un conoscente antipatico scrive che «era vestito in modo stravagante e privo di gusto come un teatrante ebreo», mentre alla sorella rimprovera: «come puoi pensare che ordini un libro in una scandalosa libreria antiquaria ebraica?». Ma sono pregiudizi che si stemperano nel corso degli anni.
Gli avversari del filosofo, e innanzitutto i Wagner dopo la rottura, imputarono il cambiamento all’influsso del l’ebreo convertito Paul Rée, che gli fu amico dal 1875. È un fatto che il Nietzsche della maturità rovescia spesso in positivo le accuse tradizionali contro gli ebrei. Così, in Umano troppo umano (1878) esprime la propria ammirazione per un popolo «che ha avuto la storia più dolorosa, e a cui si devono l’essere umano più nobile (Cristo), il saggio più puro (Spinoza), il libro più possente e la legge più influente del mondo». In questi anni, Nietzsche prende posizione contro l’antisemitismo. È un atteggiamento che nasce dall’insofferenza per l’antisemita Bernhard Förster, marito della sorella Elisabeth, ma deriva anche da una meditata rivolta filosofica contro chi propaganda un germanesimo antigiudaico. «Gli ebrei sono più interessanti dei tedeschi – scrive nel 1887 – la loro storia presenta problemi ben più fondamentali». E ancora: «Zarathustra ha affascinato gli antisemiti; e c’è persino una sua particolare interpretazione antisemita che mi ha fatto molto ridere». Non è un caso che Nietzsche abbia respinto fino all’ultimo l’odio politico contro gli ebrei. In uno dei suoi estremi «biglietti della follia», inviato da Torino e firmato «Dioniso», scrive: «Sto facendo fucilare tutti gli antisemiti». Delirio, sì, ma di chi seppe presentire la catastrofe dell’intolleranza europea.
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Il Sole24Ore – 12 febbraio 2012
Nietzsche e gli ebrei, antologia a cura di Vivetta Vivarelli, con due saggi
di Jacob Golomb e Andrea Orsucci, Giuntina, Firenze, pagg. 270, € 15,00