A seguito dei consigli apparsi sulla newsletter L’Unione Informa (leggi di seguito) e credendo di fare un utile servizio alla popolazione ebraica italiana Kolòt è lieto di diffondere un importante comunicato.
Italiani!
È nell’ora delle difficoltà che viene temprato il carattere dei popoli!
Per troppo tempo abbiamo dovuto sopportare le influenze di idee straniere perniciose, sia da parte sefardita, sia (ed è molto peggio) da parte ashkenazita! È arrivato il momento di ristabilire le gloriose e mai troppo celebrate tradizioni italiche con una serie di provvedimenti che il Comitato di Emergenza di Liberazione dalle Influenze Straniere ha emanato con effetto immediato su tutto il territorio nazionale.
1) Sono severamente bandite tutte le espressioni in yiddish, ladino e qualsiasi altra parlata che non sia giudaico-italiana. Anche l’ebraico sarà mal tollerato (perché Shabbat Shalom se possiamo dire Sabato Pace?).
2) È vietato cantare il poema Maoz Tzur durante Chanukkà perché di vile origine ashkenazita.
3) Saranno bruciati tutti i libri di Torà che riportano il commento di Rashì (non sarà mica un francesino avvinazzato che ci spiega come interpretare la Torà). Saranno ovviamente permessi i libri che riportano il commento dell’italianissimo Sforno.
4) Saranno bruciati tutti i libri di Mishnà che non riportino il commento dell’italianissimo Ovadià da Bertinoro.
5) Sarà compito dei rabbini italiani di vigilare affinché i giovani non studino troppa Torà facendosi venire in mente idee strane, o peggio straniere. In questo delicato compito i rabbini saranno coadiuvati dagli assessori al culto delle rispettive Comunità Italiane a cui dovranno riferire settimanalmente.
6) Vengono ripristinate le conversioni facilitanti che amavamo e quelle dei minori. Verrà istituito un servizio di supporto legale rabbinico per assistere le famiglie che dovessero trovare all’estero difficoltà a far riconoscere le decisioni dei Tribunali Italiani Autarchici.
7) È strettamente vietato il consumo delle esageratamente rigorose diavolerie straniere, come la carne glatt o il latticini prodotti con latte sorvegliato da ebrei (chalav Israel). I trasgressori scoperti verranno puniti con l’apposizione di uno speciale segno da portare sui vestiti con la scritta “Sono un talebano“.
8) È obbligatorio celebrare il Kiddush del sabato e delle feste con vino comprato al supermarket sotto casa, come ampiamente dimostrato dalla letteratura italiana rabbinica. Ogni sabato, in segno di disprezzo, il rabbino che celebra il Kiddush inn Sinagoga, distruggerà una bottiglia che riporti le odiate scritte “Kasher” oppure (Dio ne scampi) “Mevushal“, fino ad esaurimento delle scorte.
9) Dal prossimo Pesach, in ottemperanza ai sacri culti italici da conservare, denominati “Abbiamo Sempre Fatto Così“, sarà obbligatoria la cottura delle ciambellette romane o qualsiasi altro dolciume, con la farina del supermercato sotto casa. Le gloriose massaie italiche non hanno bisogno di nessun consiglio da rabbini israeliani oscurantisti e retrogradi.
Oggi, 12 ottobre 2011, vigilia della Festa delle Capanne
L’articolo apparso ieri su L’Unione Informa
Dario Calimani
Non è vero che il dialogo fra la comunità e il suo rabbino non dia valore aggiunto all’ebraismo. Solo che a volte il dialogo non è impresa facile. Specie quando si cerca una guida consapevole e sicura; una guida preparata, che ti aiuti a rafforzare il tuo senso di appartenenza e a crederci, magari riavvicinandoti alla vita trascurata delle mitzwoth con quella pragmaticità che ha contraddistinto certe fasi dell’ebraismo italiano, evitando l’influenza di integralismi eccessivi e di passaggio.
Esemplificando: negli ultimi anni si è diffusa in Italia la moda del “glatt kosher” – è la carne del bovino e dell’ovino i cui polmoni vengono certificati sani dallo shochet (habodek). Si è quindi fatta strada l’idea che la carne normale sia casher, ma che quella “glatt kosher” sia “casherissima”. Ora, sottolineando il fatto che “glatt” è un termine yiddish (e questo qualcosa dovrebbe pur dire sull’origine dell’uso), si è diffuso il malsano costume di dichiarare “glatt” kosher la carne di pollo (i cui polmoni vengono controllati?) e i formaggi, che fino a prova contraria polmoni non ne hanno. Fra un po’ toccherà ai dolciumi.
Siamo al ridicolo, e qualcuno ci gioca. Ora, fatto salvo il diritto assoluto di ciascuno di fare le proprie insindacabili scelte individuali, ci si aspetterebbe che i rabbini delle comunità svolgessero una coscienziosa opera di informazione e di moralizzazione del settore ‘merceologico’ per tre diversi motivi:
1. perché non vi sia chi pensi ingenuamente che ciò che non è glatt è di fatto “non-casher” – e questo è già il primo gravissimo risultato;
2. perché non vi sia qualche singolo che dall’alto della sua dieta superkosher pretenda di imporre regole sempre più restrittive e indigeste a tutta la comunità (regole che si estendono poi al latte “halav Israel” e al vino necessariamente “mevushal”); e
3. perché non si accrediti l’idea piuttosto sgradevole che la casheruth è solo una questione di business.
La guida morale del rav la si vuole vedere in azione. E qui, più che di dialogo con il rabbino, si sentirebbe la necessità di una risposta chiara e autorevole, che tolga di torno tanta cialtroneria commerciale e certa nuova pseudo-ortodossia di seconda mano.
Benissimo vivere un ebraismo tormentato e contrastante, ma che sia almeno con serena coscienza.