È da pochi giorni attivo un nuovo blog ebraico collettivo su tematiche identitarie e comunitarie: Miniàn. Interessanti botta e risposta dei lettori.
Guido Osimo
L’ebraismo laico è ancora attuale? Credo di no, e cercherò di dimostrarlo. Procederò a tesi, per tentare di essere più conciso e perché lasciare poco spazio alle sfumature e ai distinguo è un ottimo modo per alimentare il dibattito.
1) L’ebraismo è essenzialmente una religione. Chi sostiene che non è vero, che l’ebraismo è “ben altro”, “molto di più” che una religione, sbaglia clamorosamente. Il suo errore è di associare al termine religione la versione annacquata del cristianesimo che prevale attualmente nel mondo occidentale. Quindi non riesce più a percepire come religioni quelle religioni come l’ebraismo e l’Islam, che mal si adattano a quel paradigma.
2) All’interno dell’ebraismo la distinzione essenziale è tra chi si riconosce completamente nei valori religiosi ebraici (i “religiosi”) e chi, pur volendo per decisione personale rimanere interno al sistema dei valori ebraici, non ci si riconosce completamente (i “non religiosi”). Naturalmente vi sono infinite sfumature intermedie, sto semplificando. Con il termine di non religiosi indico sia chi ha seri problemi di fede (ovvero: non crede, o crede solo parzialmente, in Dio), sia chi ha seri problemi di pratica religiosa (ovvero: non osserva, o osserva solo parzialmente, i precetti pratici dell’ebraismo). Mi riconosco serenamente in entrambe le categorie.
3) L’ebraismo è generalmente tollerante verso gli ebrei non religiosi: in particolare essi sono visti come ebrei a tutti gli effetti, anche se non mancano i comprensibili tentativi di “riportarli sulla retta via”. Le posizioni intolleranti sono minoritarie e vanno combattute con decisione sia dagli ebrei religiosi sia dagli ebrei non religiosi.
4) L’ebraismo laico, inteso come un ebraismo centrato su valori ebraici di tipo non religioso, è un ossimoro evidente e quindi non esiste. Si tratta sostanzialmente di un’invenzione culturale degli ebrei non religiosi, per dare una veste più dignitosa alla loro posizione, peraltro già dignitosissima. A lungo andare, si tratta di una posizione negativa perché conduce inevitabilmente a porre che all’interno dell’ebraismo possano esistere due sistemi di valori contrapposti o contrapponibili: quelli religiosi e quelli laici.
5) Mi occupo qui solo marginalmente delle varie posizioni che hanno mirato o mirano a “cambiare” radicalmente l’ebraismo tradizionale, in modo che diventi una religione in cui potersi riconoscere più pienamente (ad esempio: i Reform); suppongo infatti che gli ebrei non religiosi di cui parlo accettino comunque a sufficienza l’ebraismo tradizionale, al punto da preferire l’opzione di rimanere interni a esso e di riconoscersi in esso solo parzialmente ad altre opzioni più radicali.
6) Naturalmente esistono varie accezioni corrette del termine “laico”. Possiamo intendere ad esempio con questo termine chi ritiene che una determinata sfera di rapporti (quelli pubblici, sociali, statuali) vada affrontata utilizzando un sistema di valori diverso da quello religioso; non per forza in opposizione a quello, ma nettamente distinto da esso. E in questo senso ci possono essere tranquillamente ebrei non religiosi laici, ed ebrei religiosi laici.
7) La contrapposizione tra ebrei religiosi ed ebrei laici è quindi artificiosa, e per certi versi è figlia di un’errata posizione culturale degli ebrei non religiosi. Va quindi abbandonata, in favore di una collaborazione costruttiva tra tutti gli ebrei che si riconoscono come interni all’ebraismo, anche se non si riconoscono tutti in tutti i valori dell’ebraismo. E probabilmente in alcuni ambiti questa collaborazione sarà sensibilmente più facile, se tutti (religiosi e non religiosi) accetteremo un principio di laicità come quello delineato sopra.
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