“Mandò avanti Giuda per insegnargli la strada verso Goshen” (46:28). Sabato leggeremo il brano della Torah che narra del trasferimento di Giacobbe e della sua famiglia in Egitto. Durante il viaggio, Giacobbe mandò avanti suo figlio Giuda allo scopo di decidere quale luogo in Egitto fosse il più adatto per stabilirsi lì. In questo verso, la Torah si riferisce al territorio di Goshen con il termine “Goshna” che, in ebraico, è l’equivalente dell’italiano complemento di moto al luogo.
C’è un motivo per cui la Torah sottolinea questo ordine di Giacobbe a Giuda, in termini non chiarissimi, dal verbo lehorot/insegnargli al luogo di destinazione “Goshna”.
Rav Nissan Alpert (1927-1986), allievo di Rav Moshe Feinstein e per diversi anni Rosh Yeshiva presso il “Seminario Teologico Rabbi Isaac Elchanan” di New York, notò che la parola “Goshna/גשנה” ha lo stesso valore numerico della parola “Mashiach/משיח” (358), mettendo in evidenza una certa connessione tra questo contesto e le nostre speranze messianiche.
Rav Alpert ha spiegato che la parola “Goshen” è strettamente correlata alla prima parola del nostro brano “Wayigash” che significa “avvicinamento”. È il verbo che mostra il movimento di Giuda verso Giuseppe per supplicarlo di permettere a Beniamino di tornare da suo padre e lo stesso verbo lo troviamo quando Giuseppe rivela finalmente la sua identità ai fratelli: “gheshu na elay wayigashu/avvicinatevi a me per favore, e loro si avvicinarono” (45:4).
Queste parole sottolineano l’avvicinamento tra Giuseppe e i suoi fratelli, quando si riconciliano e si riconoscono dopo molti anni di separazione. Poco prima che i fratelli gettassero Giuseppe nel pozzo, la Torah dice che “wayru oto merachoq/lo videro da lontano” (Gensi 37:18). Finché si vedevano “da lontano”, finché c’era distanza tra loro, c’erano animosità e ostilità. In Egitto questa distanza viene rettificata, Giuseppe e i suoi fratelli si avvicinarono e si legarono insieme in pace e armonia.
Per una buona ragione, ha spiegato Rav Alpert, è stata usata la parola “Goshna”, perché ha in se la questione della vicinanza tra ebrei ed è proprio per questo che ha lo stesso valore dalla parola “Mashiach”. Perché l’era messianica arriverà solo al tempo di “Wayigash”, al tempo dell’avvicinamento, quando – come Giuseppe e i suoi fratelli – metteremo da parte le nostre piccole differenze e ci uniremo in pace e unità. Quando saremo in grado di eliminare le distanze, le divisioni, e si opererà insieme con buona volontà e rispetto reciproco, allora l’era messianica potrà arrivare. Ma finché continueremo a “vederci da lontano”, la redenzione non si potrà realizzare. La redenzione arriverà una volta che raggiungeremo genuini sentimenti di unione e di buona intenzione, per acquisire le capacità che metteranno in ombra le differenze e i disaccordi che, purtroppo, ci separano gli uni dagli altri, Shabbat Shalom!
