Rabbenu Yaakov Ben Asher (Baal HaTurim, 1275-1349) riporta un commento di suo fratello Yehuda, che dice che le tre feste di pellegrinaggio – Pesach, Shavuot e Sukkot – corrispondono ai tre patriarchi – Abramo, Isacco e Giacobbe.
Secondo il Midrash, Abramo ricevette la visita di tre viandanti, poi rivelatisi essere degli angeli, durante Pesach; il corno del montone offerto al posto di Isacco, fu suonato quando la Torah fu data sul Monte Sinai, eventi che ricordiamo a Shavuot; il collegamento tra Giacobbe e Sukkot emerge da un versetto della Genesi (33:17), dove è scritto che al ritorno di Giacobbe in Terra d’Israele “Egli si costruì una casa e fece sukkot/capanne per il suo bestiame”.
Come possiamo interpretare esattamente il collegamento tra Giacobbe e Sukkot? Perché il fatto che abbia costruito delle sukkot/capanne per il suo bestiame stabilisce un’associazione tra lui e la festa di Sukkot?
Nel capitolo precedente a questo appena citato, leggiamo del famoso scontro tra Giacobbe e un uomo misterioso, che i maestri del Midrash identificano come il corrispondente angelico del fratello Esaù (Sarò shel Esaw). La Torah racconta (Genesi 32:24) che Giacobbe rimase solo e poi fu attaccato dall’angelo. I maestri spiegano che Giacobbe prima fece guadare il fiume Yabboq a tutta la sua famiglia, a tutti i suoi beni per poi tornare indietro da solo al luogo dove erano accampati, perché aveva dimenticato “Pachim Ketanim”, piccoli utensili che desiderava recuperare. Questi utensili non erano di grande valore, eppure Giacobbe lasciò la sua famiglia di notte per andare a riprenderli.
Il Talmud (Chulin 91) commenta questo episodio: “Da qui impariamo che per i giusti i beni materiali sono più preziosi del loro corpo”. Il fatto che Giacobbe si sia preoccupato di tornare indietro per recuperare degli utensili mancanti dimostra il valore che i giusti attribuiscono ai loro beni terreni. Perché il Talmud questa sottolinea che i giusti attribuiscano così tanta importanza ai loro beni materiali? Non dovremmo aspettarci che i giusti, al contrario, ignorino i loro beni terreni e concentrino la loro attenzione esclusivamente sulla Torah e le Mitzwoth?
Rabbi Chayym Vital (1542-1620), cita la spiegazione del suo maestro Rabbi Itzchaq Luria (1534-1572) che dice che i giusti hanno riguardo per i loro beni terreni perché riconoscono che questi sono stati loro concessi da Dio. Quando una persona possiede qualcosa, anche l’oggetto apparentemente più insignificante, è certo che Dio glielo ha concesso per aiutarlo a raggiungere l’obiettivo per cui è venuto sulla Terra.
Giacobbe andò a recuperare quegli utensili, perché capì che anche loro, come tutto ciò che possedeva, gli erano stati donati da Dio per uno scopo. Trascurare questi oggetti avrebbe costituito un irriverente affronto a Dio, che glieli aveva donati perché li utilizzasse come parte della sua missione spirituale sulla Terra. Pertanto, la volontà di Giacobbe di recuperare quei “Pachim Ketanim” non dimostra attaccamento morboso alla ricchezza materiale ma, al contrario, il suo riconoscimento del ruolo subordinato che la ricchezza materiale ha nella vita di una persona.
Chi considera la ricchezza un fine e un valore in sé non si volgerebbe indietro verso oggetti relativamente poco importanti e di poco valore. Non valgono il tempo e lo sforzo che ciò comporta. Giacobbe, tuttavia, ha compreso che i beni materiali sono il mezzo con cui si realizza la propria missione spirituale sulla terra e fa di tutto per conservare tutto ciò che possiede.
Questa prospettiva, si manifesta di nuovo in seguito, quando Giacobbe costruisce una casa per sé e capanne per il suo bestiame. Il Targum di Yonatan Ben Uziel (un’antica traduzione/parafrasi aramaica della Bibbia) commenta che questa “casa” era in realtà un “Bet Midrash”, un luogo dedicato allo studio della Torah. Giacobbe costruì una “casa”, una struttura permanente per la Torah, mentre per il suo bestiame – le sue ricchezze, i suoi beni terreni – fece delle sukkot/capanne, delle dimore temporanee. Giacobbe capì che la Torah e le Mitzwoth dovevano essere poste in cima alla lista delle priorità e ricevere un’importanza primaria. I benefici di questo mondo devono essere visti solo come beni temporanei e come strumenti con cui raggiungere la grandezza spirituale e quindi guadagnarsi una parte nel Mondo a Venire.
Qui sta il collegamento tra Giacobbe e la festa di Sukkot.
Durante questa festa usciamo dalle nostre case e mangiamo in una Sukkah, una abitazione temporanea e improvvisata per ricordarci che Olam Hazeh/questo mondo, è solo transitorio, è una dimora temporanea dove lavoriamo per guadagnarci la nostra parte nel mondo eterno.
Ricordiamo a noi stessi il messaggio insegnatoci da Giacobbe, che esemplificava questa prospettiva sulla ricchezza e le aspirazioni materiali, come qualcosa di subordinato alla Torah e alle nostre aspirazioni spirituali. Questa lezione è particolarmente importante ancora oggi, soprattutto perché nella società in cui viviamo, acquisire beni materiali, è diventato un fine in sé, piuttosto che un semplice mezzo per raggiungere obiettivi più elevati. Oggi le persone fanno acquisti non perché hanno bisogno di qualcosa, ma perché l’acquisizione di beni materiali è di per sé considerata un’attività intrinsecamente preziosa. La festa di Sukkot è dunque un momento donato dall’alto per riflettere su questo tema e per ricordarci della natura transitoria della vita in questo mondo. Siamo qui solo per un breve periodo allo scopo di orientare le nostre priorità verso la Torah e le Mitzwoth, piuttosto che verso la ricerca infinita della ricchezza materiale, Shabbat Shalom e Chag Sameach!
