“E Mosè prese con sé le ossa di Giuseppe; perché questi aveva espressamente fatto giurare i figli d’Israele dicendo: Il Signore, certo, si ricorderà di voi, e allora trasporterete da qui le mie ossa con voi” (Esodo 13:19). Quando Giuseppe annunciò ai suoi fratelli che un giorno, i loro discendenti, sarebbero usciti dall’Egitto, aggiunse che avrebbero dovuto assicurarsi di portare via anche le sue ossa. La struttura del verso della Torà, sembra lasciare intendere che ci sia un legame tra la liberazione dalla schiavitù e le ossa di Giuseppe.
Rav Aryeh Leib Zunz (1765-1833) spiega così la connessione: Il popolo ebraico, uscito dall’Egitto dopo la piaga della morte dei primogeniti, si trovò intrappolato tra il mar Rosso e i carri del Faraone che li inseguivano senza una via di fuga. Per quale ragione la liberazione sembrava non essersi più completata? Sui figli d’Israele, ancora dubbiosi e legati all’idolatria nella quale erano stati immersi fino a quel momento, fu emesso dal cielo un severo giudizio che decretava la revoca del merito di essere salvati miracolosamente e che il mare si aprisse per loro. Il Midrash racconta che invece il mare si divise, e ciò accadde per la presenza del sarcofago con le ossa di Giuseppe, come afferma il salmista (Salmi 114:3): “il mare vide e si ritrasse”. Cosa ha visto il mare? Il sarcofago di Giuseppe.
Ciò potrebbe voler dire che Giuseppe aveva visto, grazie al suo spirito profetico, che per completare la liberazione era fondamentale che le sue ossa fossero lì per dividere il mare, ed è per questo che fece giurare ai suoi fratelli di assicurarsi che i loro discendenti portassero con sé le sue ossa nel momento dell’uscita dall’Egitto.
Qual era il merito particolare delle ossa di Giuseppe? Cosa avevano di più le ossa di Giuseppe rispetto a quelle di tutti gli altri fratelli? Dopotutto, insieme alle sue, erano presenti presso il Mar Rosso le ossa di tutti gli altri fratelli.
Rav Aryeh Leib Zunz insegna che, per quanto grande sia una persona, se ha commesso qualche averà, qualche peccato, il Midat Hadin/il rigore del giudizio può impedire che benedizioni o miracoli possano arrivargli a causa di quelle colpe. Tuttavia, se una persona riesce ad andare oltre il male che altri gli hanno fatto, il Midat Hadin/il rigore del giudizio che c’è su di lui viene mitigato dal Chesed/ dalla grazia, pertanto, nonostante la colpa, quella persona sarà comunque aiutata.
Giuseppe andò oltre il male ricevuto dai fratelli e li perdonò con tutto il cuore, e fu per questo che le sue ossa furono in grado di essere il catalizzatore della salvezza per liberare l’intero popolo.
Questa è una lezione che può essere applicata a qualsiasi circostanza in cui una persona ha bisogno di salvezza. Tutti noi possiamo avere un Mar Rosso personale, è il momento in cui ci sentiamo intrappolati nelle difficoltà senza una via di uscita. È allora, spiega Rav Aryeh Leib Zunz, che dobbiamo forse ripensare alla nostra vita e fare una delle cose più difficili: andare oltre il nostro carattere e perdonare qualcuno che ci ha fatto un torto. Questo, dice Rav Aryeh Leib Zunz, ci aiuterà a prevalere su qualsiasi Midat Hadin/rigore del giudizio che potrebbe essere decretato su noi.
Perdonare le persone è meraviglioso e, conoscendo l’animo umano, addirittura miracoloso. Se desideriamo sinceramente essere in armonia con tutti ma non siamo sicuri di chi dobbiamo perdonare o a chi dobbiamo chiedere perdono, dovremmo pregare il Signore e chiedere il Suo aiuto per ricordarcelo.
E se avessimo bisogno della forza per poter perdonare, inseriamo umilmente nella nostra preghiera anche questa richiesta, Moadim Lesimchà!