Jacob Neusner
Il Talmud è importante per l’ebraismo contemporaneo per due ordini di ragioni. Esso è, innanzitutto, fonte autorevole della legge e della teologia del giudaismo, importante ogniqualvolta venga praticato l’ebraismo. La sua importanza, inoltre, risiede in una ragione ben specifica: il Talmud è stato realizzato in risposta a una situazione simile a quella vissuta dagli ebrei nel mondo d’oggi. E il prodotto di una generazione che ha affrontato la calamità.
Una catastrofe, simile alla perdita dell’ebraismo europeo tra il 1933 e il 1945, ha accelerato i processi di ricostruzione culturale culminati negli scritti del Talmud. Fu la distruzione del Tempio e del centro metropolitano di Gerusalemme nel 70 che rese necessario un nuovo inizio. Dopo il 70, gli ebrei dovettero re-inventare se stessi, da entità politica a comunità di individui con pensieri affini. Sconfitti da Roma dopo una sanguinosa ribellione, gli ebrei fronteggiarono la perdita del millenario centro di pellegrinaggi e di servizio divino e della loro autonomia politica. Tale crisi diventò acuta: a quel tempo essi avevano trovato nella Torah di Mosè la guida di cui avevano bisogno per la restaurazione e il rinnovamento della loro civiltà; che cosa fare invece questa volta? Il Talmud ha risposto a tale domanda fungendo appunto da «ricettario» culturale per gli ebrei, dai primi secoli dell’era volgare fino ai nostri giorni.
Nel corso della loro lunga storia, gli ebrei sono stati più volte pionieri, cominciando da capo ora in un luogo, ora in un altro. Il Talmud è stato ed è tuttora importante perché per duemila anni ha registrato e trasmesso verità eterne e leggi fondamentali. Lo ha fatto con sufficiente concretezza da individuare le norme, ma anche con sufficiente astrattezza per far fronte a situazioni nuove. II Talmud continua oggi a essere fondamento di tutti gli ebraismi ortodossi e a costituire un punto di riferimento per quello tradizionalista, ricostruzionista e riformato, oltre a offrire una ricca risorsa per quanti vogliano oggi costruire una società ebraica laica.
Nel loro peregrinare da un Paese all’altro, radicandosi nel Medio Oriente, nel nord Africa, Spagna e Portogallo, Marocco e Algeria, Gran Bretagna, Francia ed Europa centrale, nei Balcani e nei territori est europei di Romania, Lituania, Polonia e Ucraina, verso Oriente sulla «Strada della Seta» e verso la Cina, così come verso sud-est in India e verso occidente negli Stati Uniti, Canada e America Latina, gli ebrei hanno adattato alle circostanze del luogo le eterne verità del Talmud. In qualsiasi posto si siano insediati, qualsiasi lingua abbiano parlato, gli ebrei hanno dato vita a una comunità che riproponeva un insieme di valori comuni e una cultura uniforme. Una sola legge e un’unica teologia hanno definito i tratti caratteristici delle comunità ebraiche, ovunque gli ebrei si siano stabiliti e in ogni epoca dalla tarda antichità fino al tempi moderni – in cui abbiano potuto prosperare, Un libro solo spiega come ciò si sia verificato.
L’elemento comune è stato enormemente maggiore rispetto alle peculiarità locali e fa Torah – all’inizio i 5 Libri di Mosè: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio – così come interpretata dal Talmud, ne è stata e ne è la ragione. Con «Torah» si fa riferimento agli scritti ebraici dell’antico Israele (altrimenti noti come Antico Testamento). Le sue leggi, la sua teologia e il suo patrimonio narrativo sono stati ridefiniti dal Talmud, ossia il Talmud di Babilonia (il «Bavli»). Un corpus ininterrotto di commenti e codici normativi basati sul Talmud ha definito il modello che si sarebbe riprodotto ogniqualvolta gli ebrei diedero vita a comunità religiose.
E apparso anche un secondo Talmud, il «Talmud della Terra di Israele» (lo «Yerushalmi» o «Talmud di Gerusalemme»). Ciò che affascina del Talmud è il modo in cui ripresenta la Torah: attraverso l’analisi ragionata e la discussione. Più precisamente, ben oltre che disporre la legge secondo un ordine prestabilito, il Talmud incoraggia la discussione, il dibattito e il contrasto, invitando le generazioni future a prender parte all’analisi, sempre secondo i criteri e l’ordine stabiliti.
II Talmud mostra come far uso della ragione e praticare la logica. Con un flusso ininterrotto di domande e risposte; dispute e dibattiti, il Talmud ci invita a partecipare alle sue discussioni e a far nostre le sue controversie. Nel presentare la Torah, il Talmud preserva la diversità d’opinione, incoraggia il dibattito e l’analisi, in una conversazione senza fine.
il Talmud deriva dall’amministrazione ebraica nell’impero romano, nella Terra d’Israele, in Iran e Babilonia, e rispecchia così il giudizio dei giudici e degli amministratori posti a capo dei tribunali civili che i rispettivi imperi lasciavano in mani locali. Non dobbiamo pensare che ai tempo in cui il Talmud prendeva forma i rabbini stabilissero la condotta e la cultura dei ebrei di Babilonia e della Terra d’Israele. In ogni pagina del Talmud vi è testimonianza di una tensione tra rabbini e persone comuni, i primi preposti ad amministrare la vita delle seconde.
Fu solo molto tempo dopo il 600 che quell’ebraismo ha codificato le norme della legge comune e della teologia. Con il Talmud, dunque, noi entriamo in possesso del documento con cui i rabbini definivano Israele, inteso come comunità ebraica che fa risalire le proprie origini all’Israele della Terra d’Israele delle Scritture, vale a dire la Torah, la disposizione di Dio a Mosè sul Sinai, e la successiva rivelazione profetica.
L’insegnamento per le comunità della diaspora
Talmud in ebraico significa «insegnamento» e designa il complesso di scritti che da 2000 anni regolano la vita delle comunità ebraiche nel mondo. Basato sulla Torah – la Legge mosaica dei primi 5 libri della Bibbia – la applica in una quantità di situazioni. L’americano Jacob Neusner (già autore di “Un rabbino parla con Gesù”, citato da Benedetto XVI nel suo libro su «Gesù di Nazaret») è uno dei massimi esperti nella materia, che ora presenta per San Paolo ne «Il Talmud. Cos’è e cosa dice» (pp. 272, curo 19,50), dal quale riprendiamo uno stralcio della prefazione.
Avvenire 12 febbraio 2009