Da tempo la terra di Canaan ha cessato di essere ambita come nodo di comunicazioni del Medio Oriente, crocevia fra la rotta est-ovest (Mediterraneo-Babilonia) e quella nord-sud (Egitto-Siria): le carovane hanno lasciato il posto a ben altri mezzi di trasporto.Neppure trabocca di oro nero, tanto da risultare appetibile per questo. Almeno all’origine il conflitto in atto in Eretz Israel non è uno scontro di interessi, ma di principi: è una guerra per il possesso della culla della fede. Come tale è molto difficile da risolvere, ma è un altro aspetto che mi interessa. Sono fermamente convinto che ancora oggi la religione gioca un ruolo fondamentale nel determinare le scelte comportamentali delle varie società. Carl Gustav Jung affermava che gli archetipi religiosi costituiscono l’inconscio collettivo dei popoli. Nella fattispecie è un punto che l’Occidente secolarizzato sottovaluta e stenta ormai a comprendere, mentre invece merita attenzione e approfondimento, con il massimo rispetto.
Le due grandi religioni derivate dall’ebraismo hanno dovuto elaborare specifiche strategie teologiche per prendere le distanze dalla matrice senza tuttavia poterla ignorare. Del cristianesimo riparleremo quando arriveremo a leggere di Esaù e Ya’aqov: è peraltro noto che esso ha approntato una “teologia della sostituzione”, per cui dal suo avvento la Chiesa si è proclamata il Verus Israel, il neo-primogenito che ha soppiantato il vecchio. L’altra religione sembra aver adottato una linea diversa, che potremmo chiamare “teologia del ribaltamento”. Essa trae origine da Ishma’el, il figlio della concubina Hagar che Avraham ha allontanato. E’ quanto la Torah stessa scrive:
וְשָׂרַי אֵשֶׁת אַבְרָם לֹא יָלְדָה לוֹ וְלָהּ שִׁפְחָה מִצְרִית וּשְׁמָהּ הָגָר: וַתֹּאמֶר שָׂרַי אֶל אַבְרָם הִנֵּה נָא עֲצָרַנִי הֹ’ מִלֶּדֶת בֹּא נָא אֶל שִׁפְחָתִי אוּלַי אִבָּנֶה מִמֶּנָּה וַיִּשְׁמַע אַבְרָם לְקוֹל שָׂרָי: וַתִּקַּח שָׂרַי אֵשֶׁת אַבְרָם אֶת הָגָר הַמִּצְרִית שִׁפְחָתָהּ מִקֵּץ עֶשֶׂר שָׁנִים לְשֶׁבֶת אַבְרָם בְּאֶרֶץ כְּנָעַן וַתִּתֵּן אֹתָהּ לְאַבְרָם אִישָׁהּ לוֹ לְאִשָּׁה: וַיָּבֹא אֶל הָגָר וַתַּהַר וַתֵּרֶא כִּי הָרָתָה וַתֵּקַל גְּבִרְתָּהּ בְּעֵינֶיהָ: וַתֹּאמֶרשָׂרַי אֶל אַבְרָם חֲמָסִי עָלֶיךָ אָנֹכִי נָתַתִּי שִׁפְחָתִי בְּחֵיקֶךָ וַתֵּרֶא כִּי הָרָתָה וָאֵקַל בְּעֵינֶיהָ יִשְׁפֹּט הֹ’ בֵּינִי וּבֵינֶיךָ: וַיֹּאמֶר אַבְרָם אֶל שָׂרַי הִנֵּה שִׁפְחָתֵךְ בְּיָדֵךְ עֲשִׂי לָהּ הַטּוֹב בְּעֵינָיִךְ וַתְּעַנֶּהָ שָׂרַי וַתִּבְרַח מִפָּנֶיהָ
Bereshit 16, 1-4: “E Saray moglie di Avram non gli aveva dato dei figli, ma aveva una schiava egiziana di nome Hagar. Saray disse ad Avram: “Ecco, H. mi ha messo nella condizione di non poter generare. Unisciti con la mia schiava, forse da lei avrò una discendenza”. Avram ascoltò la voce di Saray. Saray moglie di Avram prese Hagar l’egiziana sua schiava, trascorsi ormai dieci anni da quando Avram si era stabilito nella terra di Canaan e la concesse in moglie ad Avram suo marito. Questi si unì a Hagar e rimase incinta, ma quando si accorse di essere incinta si mise a trattare la sua padrona con disprezzo ai suoi occhi”.
Così Rashì commenta questo cambio di atteggiamento:
אמרה, שרה זו אין סתרה כגלויה, מראה עצמה כאילו היא צדקת, ואינה צדקת, שלא זכתה להריון כל השנים הללו, ואני נתעברתי מביאה ראשונה
“Hagar avrebbe detto: “Questa Saray si comporta in modo ipocrita: si fa apparire come una Giusta, ma non lo è. Per tutti questi anni non ha meritato una gravidanza, mentre io sono rimasta incinta al primo rapporto”.
La conclusione è di alta drammaticità:
Bereshit 16, 5-6: “Saray si rivolse ad Avram accusandolo: “Il sopruso che subisco (chamassì!) è colpa tua. Io ti ho concesso la mia schiava nel tuo grembo, ma quando ben si è accorta di essere incinta ho ottenuto disprezzo ai suoi occhi. Che H. sia Giudice fra me e te!” Avram rispose a Saray: “Ecco, la Tua schiava è nelle tue mani, fa’ di lei ciò che par meglio ai tuoi occhi”. Saray la umiliò e Hagar fuggì da lei”.
I commentatori stigmatizzano il comportamento di Saray in questa occasione. Essa sognava quella che probabilmente doveva essere la prima gravidanza surrogata della storia. Ma dopo aver compreso il detrimento che le derivava dal progetto che lei stessa aveva ideato, ritorce le sue accuse contro la futura madre del bambino e contro suo marito. Il Talmud sottolinea che proprio per questa ragione Sarah sarebbe morta prima di Avraham:
דא”ר (אבין) כל המוסר דין על חבירו הוא נענש תחלה שנאמר {בראשית טז-ה} ותאמר שרי אל אברם חמסי עליך וכתיב {בראשית כג-ב} ויבא אברהם לספוד לשרה ולבכותה.אומרים כלום ראוי הוא שיענש חבירו על ידו
Rosh ha-Shanah 16b e Rashì ad loc.: Disse R. Avin: Chiunque abbia una controversia e reclami il giudizio Divino a proprio favore, viene punito per primo. Si dirà infatti: “Che meriti ha costui perché il suo compagno venga punito al suo posto?”
Dal canto suo, Avram assiste complice silenzioso alla consumazione del dramma. Nachmanide, vissuto in Spagna nel XIII secolo, è molto esplicito al riguardo:
חטאה אמנו בענוי הזה וגם אברהם בהניחו לעשות כן ושמע ה’ אל עניה ונתן לה בן שיהא פרא אדם לענות זרע אברהם ושרה בכל מיני הענוי
“Con questa umiliazione la nostra Matriarca Saray ha peccato e anche Avraham, nell’aver permesso che lei si comportasse così. H. ha ascoltato l’afflizione di Hagar e le ha dato un figlio che si sarebbe comportato in modo selvaggio nell’affliggere a sua volta la stirpe di Israel con ogni sorta di afflizioni”.
L’umiliazione di Hagar e di Ishm’ael da parte di Sarah si sarebbe ripetuta più tardi, questa volta con esito definitivo:
וַתֹּאמֶר לְאַבְרָהָם גָּרֵשׁ הָאָמָה הַזֹּאת וְאֶת בְּנָהּ כִּי לֹא יִירַשׁ בֶּן הָאָמָה הַזֹּאת עִם בְּנִי עִם יִצְחָק
Bereshit 21, 10: “E (Sarah) disse ad Avraham: “Caccia via questa schiava con suo figlio, perché il figlio di questa schiava non erediterà insieme al figlio mio Itzchaq”.
Le motivazioni del gesto sono illustrate da Rashì commentando il verso precedente. Nella nostra coscienza noi Ebrei forse nonabbiamo dato soverchia importanza a questo episodio ancestrale, ma gli Ismaeliti ne hanno probabilmente fatto la base di una “teologia del ribaltamento”, che li mette in una condizione di vittimismo a oltranza. Teologizzare può significare valorizzare all’estremo,ben oltre le proporzioni e i limiti razionali e dar luogo a crimini indicibili. Ancora in tempi recenti abbiamo dovuto assistere a situazioni in cui non solo essi si sono sentiti legittimati ad intraprendere azioni violente facendole passare come un gesto difensivo, attribuendo sistematicamente l’iniziativa alla controparte, ma sono giunti ad auto-lesionarsi pur di suscitare la commiserazione altrui e ottenere, alimentando l’odio del mondo verso il nemico, l’appoggio morale per ulteriore violenza. Questa scelta, crudele dal punto di vista umano, può far presa proprio perché assurda sul piano logico. Mi ricorda la spavalderia che i nazisti ostentavano dicendo ai deportati ad Auschwitz: “Se uscirete vivi da qui e lo racconterete in giro, nessuno vi crederà”!
Il pogrom di Beeri del 7 ottobre scorso non è il primo del genere in Eretz Israel. Fra pochi anni ricorrerà il centenario del massacro diChevron. Anche allora la furia si scatenò di Shabbat, il 24 agosto 1929. Il bilancio fu di 67 morti fra adulti e bambini, donne violentate, teste mozzate, beni rapinati, testi dissacrati al grido Itbach al Yahud, “sgozziamo gli Ebrei”. Il motivo non è chiaro: era corsa la voce che due ragazzi arabi fossero stati picchiati a Gerusalemme due giorni prima. Ad infiammare gli animi erano state in realtà le prediche sanguinarie del Gran Muftì Al Husseini, futuro amico di Hitler. Rav Kook, Rabbino Capo di Eretz Israel, portò il mondo a conoscenza del fatto, ma consigliò di non reagire. Si leggano i saggi dell’opuscolo “Hebron: Rebirth from Ruins” curato dalla Dr. Michal Rachel Suissa nel 2009 per l’80° della strage. A differenza di oggi, peraltro, non c’era ancora lo Stato ebraico e la polizia britannica, per mancanza di uomini dovuta alle ferie estive (!), si limitò a prender atto dell’accaduto o poco più. Il processo farsa contro i colpevoli fu celebrato quando ormai le salme erano a un livello tale di decomposizione da non poter più essere portate a documentazione delle mutilazioni subite. Ma soprattutto i responsabili, con l’avallo dell’autorità mandataria, accusarono gli Ebrei di essere stati loro i provocatori,violentando le loro donne e sgozzando i loro bambini. Teologia del ribaltamento.
C’è un altro fondamentale concetto che va chiarito. La parola dhimmi designa l’infedele, ovvero il cittadino non appartenente alla religione in un paese che professa la religione. Ma attenzione, non è solo uno status sociale: è anche uno status psicologico, meglio detto “sindrome del dhimmi” o dhimmi-tudine. Designa quella particolare condizione mentale dovuta alla paura per cui l’infedele di fatto si assoggetta all’autorità religiosa adottando un atteggiamento di compiacenza anziché di resistenza, che non fa che riconfermare quella nel suo senso di forza e superiorità. Paradossalmente la dhimmi-tudine è dunque un serio ostacolo a ogni ricerca di un dialogo, perché la diplomazia viene teologicamente vista come sottomissione all’autorità Divina e finisce per allontanare le prospettive di pace piuttosto che avvicinarle. Anche questo concetto è incomprensibile per gli Occidentali.
Cosa fare in queste condizioni? Essere consapevoli di quanto esposto e vigilare affinché la dhimmi-tudine non si ribalti in unfenomeno globale. Per il resto non sono uno statista, né uno stratego, ma un semplice uomo di fede. Ben inteso, non ho nulla inquanto tale verso un credo che in un lontano passato ha saputo esprimere accenti intellettuali e spirituali anche di grande intensità. Nel Tanakh il verbo ribaltare (הפך) ha segnato il destino di varie città, ma con esito non uniforme. Sodoma e Gomorra in un senso:
וַיַּהֲפֹךְ אֶת הֶעָרִים הָאֵל וְאֵת כָּל הַכִּכָּר וְאֵת כָּל יֹשְׁבֵי הֶעָרִים וְצֶמַח הָאֲדָמָה
Bereshit 19, 25: E ribaltò queste città e tutta la piana, tutti gli abitanti delle città e persino i vegetali del terreno.
Ninive nell’altro:
עוֹד אַרְבָּעִים יוֹם וְנִינְוֵה נֶהְפָּכֶת
Yonah 3, 4: Ancora quaranta giorni e Ninive sarà ribaltata.
יונה מעיקרא נינוה נהפכת אמרי ליה איהו לא ידע אי לטובה אי לרעה
Sanhedrin 89b: A Yonah era stato detto inizialmente che Ninive sarebbe stata ribaltata e (rifiutò di profetizzare) perché non sapeva se in bene o in male.
נהפכת. נחרבת (ולא אמר נחרבת כי נהפכת משמש שתי לשונות רע וטוב אם לא יעשו תשובה נחרבת, ואם יעשו תשובה אז נהפכת על אנשי נינוה קאי שיהפכו מרעה לטובה ויעשו תשובה
Rashì ad v.: La profezia dice: “sarà ribaltata”, anziché “sarà distrutta”, perché il primo verbo offre spazio ad entrambe le possibilità: se non faranno Teshuvah sarà distrutta; se faranno Teshuvah sarà trasformata in bene.
Ancora più deciso Sforno, che riferisce l’unico sbocco possibile: כדי שישובו בתשובה, “affinché (i Niniviti) facciano Teshuvah”!
Prego D. che ispiri nel cuore dei nostri nemici di oggi altrettanta capacità di un ribaltamento interiore che eviti la catastrofe esteriore, facendo anch’essi Teshuvah come dimostrarono i Niniviti al tempo del Profeta Yonah. Così si realizzerà di nuovo il versetto:
וַיַּהֲפֹךְ הֹ’ אֱלֹקיךָ לְּךָ אֶת הַקְּלָלָה לִבְרָכָה
Devarim 23, 6: E H. ribaltò per te la maledizione in benedizione!