“Juqach na me’at maim ve rachatzù raglekhem ve isha’anù tachat ha etz – Venga presa dell’acqua e siano lavati i vostri piedi e trovino riposo sotto un albero”
La Torà, anche nel suo primo libro è un continuo insegnamento di mitzvòt e di disciplina verso il prossimo.
La nostra parashà si apre con l’episodio dei tre Messaggeri divini che vanno a far visita ad Abramo predicendogli l’imminente nascita di Isacco e la distruzione di Sodoma e Gomorra.
Abramo, nonostante la sua condizione di sofferenza a causa della milà fatta tre giorni prima, gli corre incontro e insiste per dare loro la massima ospitalità.
Rashì nel commentare le funzioni dei messaggeri, ci dice anche chi erano: Michael al centro – è colui che parla in nome di D-o; alla sua destra c’è Gavriel – la potenza divina – che comunica la futura distruzione di Sodoma e Gomorra e alla sinistra di Michael c’è Refael che si reca a portare conforto ad Abramo per la sua sofferenza fisica.
Detto ciò, da questa parashà impariamo quelle mitzvòt che vanno sotto il nome di Ghemilut chassadim – le opere di bontà che sono: “Hakhnasat orekhim – ospitalità a chi ne ha bisogno” e “Bikkur cholim – visite e conforto ai malati che soffrono” .
L’ altra delle tre, ce la insegnerà la Torà nella prossima parashà ed è il “chesed ve emet – la bontà vera” che è un insieme di mitzvòt che si fanno nei confronti dei morti, occupandosi di tutto ciò che riguarda la loro sepoltura. È chiamata così perché è l’unica opera buona che si fa, senza l’attesa di una ricompensa da parte di chi la riceve.
Le tre grandi mitzvòt, rappresentano un altissimo grado di nobiltà d’animo per chi le osserva, ma sono anche alla base di un comportamento degno di un uomo e, soprattutto del nostro popolo.
Shabbat Shalom