Con la parashà che leggeremo questo shabbat si conclude il dramma della famiglia di Giacobbe, iniziato con la scomparsa di Giuseppe.
Giuseppe sovrintende all’economia dell’Egitto ed è responsabile della gestione del grano durante i sette anni di carestia.
Durante questo periodo egli si scopre un grande economista e un buon intenditore di acquisti di terreni; infatti gli egiziani talmente sfiniti dalla carestia erano pronti a vendere per un pò di grano i loro terreni.
Giuseppe sa sfruttare queste condizioni e, attraverso questa politica, rende l’Egitto un paese ricchissimo.
C’è una cosa però che Giuseppe non può fare: non può acquistare i terreni dei sacerdoti del paese. Era una legge di Stato quella che il territorio appartenente ai sacerdoti fosse intoccabile.
La Torà mette in luce tutti i pregi e i difetti di Giuseppe per mostrarci la Sua umanità e ed i suoi limiti terreni.
Finalmente la famiglia si riunisce, ma finita una disgrazia, ne inizia un’altra: infatti da quel momento inizia la schiavitù egizia, che durerà fino alla nascita di Mosè.
In questo shabbat si annuncia il digiuno del 10 di Tevet in cui si ricorda l’assedio intorno alle mura di Gerusalemme, da cui ha inizio il declino e la distruzione del Tempio con la relativa Diaspora.
Dal 1948, anno della dichiarazione di Indipendenza dello Stato di Israele, il rabbinato centrale di Israele, ha voluto dedicare questa giornata al kaddish mondiale facendo un digiuno dall’alba al tramonto. In questo giorno reciteremo un kaddish in memoria dei sei milioni di vittime del nostro popolo nei campi di sterminio nazisti, anche per coloro di cui non si conosce la data della morte.
È il digiuno più importante fra quelli considerati “mi derabbanan- comandati dai rabbini della mishnà”; infatti, se tutti gli altri si possono spostare nel caso in cui cadano di venerdì o di shabbat, questo digiuno non si sposta mai, nemmeno se cade di venerdì – vigilia di shabbat.
Possa il Signore consolarci delle nostre disgrazie e riunire il nostro popolo salvandolo da ogni male.
Shabbat shalom