Se Isacco può essere definito il primo sionista della storia del nostro popolo, suo figlio Giacobbe è sicuramente il primo ebreo che va in Golà – Diaspora.
Tutta la sua vita sarà un alternarsi fra la Diaspora e la Terra dei suoi avi (la futura Terra di Israele) e tutta la sua vita sarà all’insegna della paura e del timore di rapportarsi con altri popoli .
Giacobbe – Israel, come verrà nominato nella parashà della settimana prossima, è il prototipo di ogni ebreo che vive nella Golà e che ogni giorno è costretto a subire umiliazioni e contrasti, confrontandosi con chi ha tradizioni e culture diverse.
Secondo il midrash, Giacobbe istituisce la tefillà di arvit – la preghiera serale, da ciò che leggiamo nei primi versetti della nostra parashà: “Vaifgà ba makom va jalen sham ba laila ha hù – e si imbatté in un luogo e dormì lì quella notte”.
Quando nella Torà troviamo il termine “Makom – Luogo ” dobbiamo tenere presente che quel luogo è particolare; infatti quasi sempre ci si riferisce a D-o.
Quindi Giacobbe si ferma in un luogo sacro e prega: quella sarà in futuro la preghiera di arvit.
La sera non è altri che la parte terminale della giornata; Giacobbe, essendo il terzo dei Patriarchi, completa un ciclo iniziato con Abramo .
La sera è anche l’inizio della giornata e il sole splenderà soltanto quando, tornando a casa di suo padre, sarà colpito da un angelo e gli verrà cambiato il nome in Israel.
“Va izrach lo ha shemesh – e splendette per lui il sole” sul nuovo personaggio, che da Jaakov – contorto, divenne Israel – retto; splendette quindi un nuovo sole, quel sole che illuminerà per sempre il cammino del nostro popolo .
Shabbat shalom