Lo sviluppo dell’astrofisica ha spesso posto domande impegnative all’uomo: le recenti immagini diffuse dal telescopio spaziale Nasa – Esa James WEBB sono state l’ennesima occasione per cercare risposte su quale sia la posizione della Bibbia sulle nuove scoperte e se i dati osservati non siano in contrasto con la Torà.
Bisogna fare una premessa su quale sia l’atteggiamento che l’ebraismo assume rispetto alle scienze: non dobbiamo cercare nella Bibbia informazioni sul funzionamento della materia o sulla veridicità degli eventi narrati, in quanto i testi biblici non ci sono stati tramandati per dare informazioni di natura scientifica. Molti anni fa Werner Keller pubblicava “La Bibbia aveva ragione” che, tra l’altro, aveva lo scopo di dimostrare che le storie narrate nella Bibbia avevano una consistenza “scientifica”. In realtà il testo biblico riporta solo le storie che hanno un significato e una portata che va al di là del momento in cui è stato scritto: i Maestri d’Israele affermano che “sono state tramandate solo le profezie che avevano importanza per tutte le generazioni”. Anche se lentamente le scienze storiche hanno convalidato nella sostanza quanto scritto nei testi biblici, ciò è irrilevante in quanto la Bibbia ha come scopo quello di insegnare i principi che devono guidare la vita dell’uomo e della società, non quello di essere un libro di storia.
Questo vale anche per il racconto della creazione e in particolare per il primo verso della Genesi – tra i più noti di tutta la letteratura – che l’autore greco anonimo de Il Sublime considera tra i testi che «inducono a sentimenti e riflessioni più alte di quanto in esso è stato detto»: è indubbio che queste prime parole della Genesi producano un’impressione durevole su tutti i lettori.
Ogni parola di quella frase diventa strategica, e la domanda è: in che relazione può tale frase porsi rispetto alle teorie della nascita e dello sviluppo dell’Universo?
La teoria dell’Universo stazionario (o della creazione continua) afferma che l’universo mantiene le stesse proprietà nello spazio e nel tempo e non ha né inizio né fine, e prevede un universo in espansione.
La teoria del Big Bang, oltre a prevedere un Universo in espansione, afferma che l’universo avrebbe avuto inizio da una esplosione dello spazio-tempo, ovvero di una sorta di “nucleo” iniziale contenente sia lo spazio che il tempo, in condizioni di temperatura e pressione altissime la cui traccia sarebbe il fondo cosmico di radiazione che, misurato nelle micro-onde, risulta essere una curva di “corpo nero” (Planckiana) corrispondente a una temperatura di 2,73 °K. In origine, molti scienziati si opposero a questa teoria perché ritenuta troppo vicina all’interpretazione che normalmente viene data al primo verso della Genesi. Rimane il fatto che ovviamente la teoria del Big Bang non può dire nulla su quel primo nucleo di spazio-tempo esploso in un tempo remoto, e la domanda sull’origine del primo nucleo di materia rimarrebbe.
Ma il primo verso della Torà insegna proprio in maniera inequivocabile che l’Universo ha avuto un inizio?
Rashì dà invece questa spiegazione : “Il testo non è venuto per insegnarci l’ordine della creazione” (cioè quando è iniziata la creazione). Quindi sarebbe più corretto collegare la parola Bereshith con il verbo che segue: “Bereshit berò Elokim”, all’inizio della creazione di Dio della terra … (e non all’inizio Dio creò)“: non si tratta dell’inizio del tempo, ma solo dell’ordine con cui avvenne la creazione. Inoltre, va anche rilevato che se la parola Bereshit indicasse l’inizio del tempo, andremmo incontro a un problema di enorme portata: se c’è un prima e un dopo, allora se c’era un tempo, ci sarà stato anche un mondo. Dal primo verso della Bibbia potremmo quindi dedurre l’idea aristotelica che la materia (il mondo) è sempre esistitoa, ma la tradizione ebraica insegnò la teoria della creazione ex nihilo. Maimonide, pur accettando la filosofia aristotelica (che rappresentava la scienza del tempo), accettò la teoria che gli proveniva dalla tradizione. Entrambe le teorie non si basano su alcuna prova: Maimonide privilegiò la più antica tradizione ebraica della creazione ex nihilo, anche se non gli mancavano i mezzi per interpretare il testo in maniera che fosse allineato alla scienza aristotelica.
La teoria dell’Universo stazionario è simile a quella dell’eternità della materia, sostenuta da Aristotele, mentre quella del Big Bang sembra più vicina a quella che stabilisce che c’è stato un inizio, anche se non ex nihilo.
Ma prima del Big Bang cosa c’è stato? Qui ovviamente la scienza si ferma, anche se esiste una teoria dell’Universo oscillante o modello ciclico tutta da dimostrare: la materia lanciata dall’esplosione originaria perde l’energia iniziale ed è costretta dalla forza di gravità a precipitare per tornare a concentrarsi nella forma originaria del nucleo. sarà costretta a essere riconcentrata; l’universo si espanderà fino ad un certo punto, e poi si ritrarrà in uno stato simile a quello che ha generato il Big Bang; quindi si verificherà una nuova nascita con la ripetizione del processo all’infinito. Può essere interessante notare che un’idea del genere viene espressa dalla tradizione indiana, quella del Respiro di Brahama, che sarebbe all’origine della formazione ciclica dell’Universo. Al momento però l’universo si trova in una fase di accelerazione (iniziata circa 6 miliardi di anni fa), che i modelli teorici suggeriscono continuerà indefinitamente. Ciò male si accorda con l’idea di un universo oscillante.
In che cosa il nuovo telescopio può cambiare le nostre opinioni rispetto a quanto affermato nella Torà? Fermo restando quanto abbiamo scritto all’inizio, va ricordato che ogni scoperta scientifica rappresenta un passo avanti nella conoscenza dell’ambiente che ci circonda, ma costituisce sempre e solo una tappa. Ogni esperimento scientifico si basa su ipotesi che non vengono sempre espresse esplicitamente.
E’ noto che molti hanno visto nella teoria del Big Bang una riproduzione della teoria cabbalista dello zimzum e della shevirath hakelim (concentrazione e rottura dei vasi) di Rabbi Izchak Luria: la luce primordiale si sarebbe tanto concentrata che avrebbe prodotto la rottura dei vasi in cui era stata collocata. L’uso di uno stesso modello è conseguenza della mente umana abituata a creare modelli sulla base di una tendenza che viene applicata in maniera naturale nei vari campi del pensiero umano. Questa teoria ha lo scopo di ricordare che l’uomo deve cercare di concentrarsi in spazi più limitati per lasciare spazio agli altri: cosa che vale sia per il singolo che per la società e per gli Stati.
In che misura il Telescopio Webb può migliorare o modificare le nostre conoscenze, per esprimere un’idea simile a ciò che la tradizione ebraica afferma? La possibilità di fare misurazioni in regioni molto lontane dalla Terra, utilizzando ad esempio il nuovo Telescopio, permetterebbe forse di misurare con maggiore accuratezza la radiazione di fondo che permea l’Universo, magari permettendoci di arrivare a individuare la luce originaria, prima espressione della creazione, la luce che i Maestri dicono che è stata messa al riparo per i giusti (l’or haganuz).
Qual è il senso da dare allora al racconto della Genesi? Ramban (Nahmanide) sostiene che Dio produsse una sostanza primordiale molto sottile che potesse ricevere la forma voluta da Dio per passare dalla potenza all’atto. Questa materia primordiale fu chiamata dai greci hyle, e dopo la creazione di questa materia primordiale, propriamente Dio non creò più nulla, ma modellò e trasformò producendo da essa tutte le cose, rivestendole delle loro forme e ordinandole. …
Attraverso il Telescopio Webb forse possiamo riuscire a catturare la luce primordiale che, secondo i Maestri, fu creata e poi tenuta nascosta perché ne usufruissero i giusti. Mentre stiamo ancora cercando quella prima luce, dobbiamo “accontentarci” di quella del Sole. Ma fino a quando?
Qui ci viene in soccorso il diagramma Hertzsprung-Russell che stabilisce l’evoluzione di una stella per determinare l’età, la composizione chimica e la distanza di una popolazione stellare. Attualmente il Sole si trova a metà della sequenza principale e ci resterà per altri 5 miliardi di anni. All’esaurirsi dell’idrogeno nel nucleo la gravità, non più bilanciata dalle reazioni nucleari, prenderà il sopravvento e il nucleo (e solo lui!) subirà una prima contrazione, mentre gli strati superficiali si espanderanno fino a lambire la Terra. Secondo i calcoli il Sole avrà una durata di altri 4 miliardi di anni. Cosa succederà dopo, quando il Sole non potrà più illuminare e scaldare la Terra. Una risposta può venire da un fumetto famoso quello di Superman, proveniente dal pianeta Kripton. Di fronte all’annunciata esplosione del Sole di Kripton, i genitori di quello che sarà Superman, decidono di salvarlo spedendolo con un’astronave nel Cosmo e così arriverà sulla Terra. Non tutti sanno però che il nome di Superman è Kal El e il nome del Padre Jor El, e che gli autori della storia sono due ebrei Jerry Siegel e Joe Shuster. Qualcuno ha voluto vedere in Superman esiliato da Kripton, l’alfiere delle persone colpite dalle sventure, così come accadde a Mosè. Superman è molto forte, ma non è immortale e questa storia suggerisce che non bisogna adagiarsi e pensare che tutto sarà sempre così e che è necessario reagire e prevenire i pericoli.
Siamo ancora molto lontani dai giorni in cui il problema verrà posto all’uomo. Anche se l’evento dell’implosione del Sole è molto lontano, i disastri naturali sono sempre in agguato e l’uomo dovrebbe cercare di dedicare il proprio tempo a pensare a migliorare il suo comportamento e il Mondo. Disastri di vario genere (collisione di asteroidi, disastri ambientali ecc.) sono sempre in agguato e l’uomo dovrebbe cercare di dedicare il proprio tempo a fare teshuvà un giorno prima della fine.
L’entusiasmo per le scoperte che la tecnologia mette a disposizione dell’umanità non deve farci dimenticare quali sono i compiti che ognuno deve porsi. Allargare i propri “confini”, può avere dei riflessi positivi (come la visione di mondi e galassie lontane o l’inclusione di molte persone che aspettano una loro parte nel Mondo), ma bisogna ricordare che l’uomo deve cercare di concentrarsi in spazi più limitati che sono alla sua portata, lasciando sempre spazio agli altri: questo il senso più profondo dell’idea cabbalista dello Zimzum, in cui la Shekhinà (presenza divina) lascia lo spazio all’uomo e alla sua azione: l’uomo deve imitarlo allargando i confini della solidarietà.
Scialom Bahbout