“Zot chukkat ha Torà – Questo è lo statuto della Torà”
Con queste parole inizia la parashà che leggeremo questo shabbat.
La parola “chukkat” viene tradotta “legge-statuto”, ma in realtà deriverebbe, secondo una interpretazione rabbinica, dal verbo “le chacchech” che significa “scolpire sulla pietra”.
“Chok velò jaavor – Ciò che è scolpito non verrà trasgredito” dice il salmo; cioè, l’intento della Torà è quello di far sì che certe mizvot, ritenute troppo difficili o addirittura incomprensibili, non possano essere tralasciate.
Nella parashà si parla due volte di animali: la prima a proposito della vacca rossa, la cui finalità era quella di purificare chi era impuro, mentre chi era puro, toccando l’acqua della vacca rossa, diventava impuro.
La seconda riguarda serpenti, i quali morsero un gran numero di ebrei, perché si erano macchiati della colpa di non aver avuto fiducia nel Signore, manifestando la volontà di tornare in Egitto, poiché lì avrebbero mangiato in gran quantità, rispetto alla manna.
Molti di essi, pur essendo stati morsi dai serpenti non morirono, ma essendo gravemente feriti, si pentirono chiedendo a Mosè di intercedere con D-o, per farli guarire.
D-o dice a Mosè di costruire un serpente di bronzo e porlo in alto, in modo che chi lo guardava intensamente sarebbe guarito.
Come è possibile che la Torà si presti a queste pratiche?
La vacca è la madre del vitello il quale ricorda al popolo una grave colpa di cui si era macchiato; mentre il serpente era il simbolo della magia, usato in Egitto dagli stregoni per fare atti di magia.
Attraverso queste pratiche, proprio per questo chiamati “chukkim”, il popolo doveva ritrovare la sua vera identità, senza esagerare, né deviare a destra o a sinistra.
Se il serpente è il simbolo della strada tortuosa, il popolo ebraico deve essere jashar , retto, proprio a causa del nome che porta: Israel, ossia colui che si comportato rettamente davanti al Signore.