La Mishnah nel trattato di Horaiot pone un importante principio sull’ordine di applicazione delle mitzwot e stabilisce che “tutto ciò che è più frequente del suo compagno, precede il suo compagno, e tutto ciò che è più consacrato del suo compagno precede il suo compagno”. Vengono presi quindi in considerazione due aspetti per stabilire la precedenza: a) la frequenza b) la santità.
Ad esempio nella lettura della Torah di Rosh Chodesh Tevet, che cade sempre durante Chanukkah, si devono leggere due brani, quello di Rosh Chodesh e quello di Chanukkah. Quale leggere prima? I primi tre chiamati leggeranno il brano di Rosh Chodesh, che è più frequente, mentre il quarto leggerà il brano di Chanukkah. La precedenza del maggiormente consacrato si vede dal fatto che il Cohen legge per primo. Da cosa deriva questa superiorità? La consacrazione comporta un pericolo. La vicinanza con l’altare richiede una estrema precisione nei propri gesti, che se effettuati in modo scorretto, potrebbero costare la vita al Cohen. Nadav e Avihu, figli di Aharon, avevano perso la vita per via della loro posizione. I figli di Israele nel deserto avevano compreso la difficoltà di questa condizione, tanto che, in seguito alla rivolta di Qorach, dissero (Num. 17,27-28): “I figli d’Israele dissero a Mosè: Noi moriamo! Siamo perduti, tutti siamo perduti! Ognuno che s’avvicina al Tabernacolo del Signore deve morire. Abbiamo finito di estinguerci?”. Chi difenderà il popolo ebraico? “Il Signore disse ad Aron: tu e la tua casa paterna porterete la pena per i peccati commessi verso il Santuario; e tu e i tuoi figli porterete i peccati del vostro sacerdozio” (Num. 18,1). Alla luce di questo fatto è evidente perché il sacerdote abbia la precedenza (Lev. 21,8): “Dovrai considerarlo sacro, perché egli presenta il cibo destinato al tuo D.”.
Da dove si ricava invece che ciò che è più frequente ha la precedenza? La ghemarà lo impara da un verso relativo ai sacrifici (Num. 28,23): “Oltre l’olocausto del mattino, che è l’olocausto quotidiano, farete tutto questo”. Vale a dire: il sacrificio che viene offerto tutti i giorni ha la precedenza. Cosa conferisce a ciò che è frequente questo valore? I maestri hanno legato questo verso ai sacrifici quotidiani (Ger. 33,25): “Così dice il Signore: Se Io non ho stabilito il Mio patto con il giorno e con la notte, se Io non ho stabilito le leggi che regolano il cielo e la terra…”. Le leggi di natura sono l’esempio supremo della frequenza. Ciò che è frequente è considerato assolutamente vitale. Il cibo è indispensabile per l’uomo, ma l’acqua lo è di più. Infatti un uomo può sopravvivere per un periodo abbastanza prolungato senza mangiare, ma non resisterà altrettanto senza bere. Ancora più fondamentale è l’ossigeno. E’ sufficiente che non arrivi ossigeno al cervello per pochi secondi per provocare danni enormi e irreversibili. La minima interruzione può portare alla perdita della vita.
Traducendo quindi i due concetti espressi dalla mishnah, uno, quello della frequenza, è legato agli elementi indispensabili per garantire la sopravvivenza, l’altro quello della consacrazione, è legato ad un compito nel rapporto con la divinità.
Quando si deve scegliere fra frequenza e santità, e si deve quindi assegnare la precedenza in un caso specifico, come ci si comporta? Secondo la halakhah in un caso del genere si può dare la precedenza a ciò che si preferisce.
In realtà non è così semplice separare i due concetti: il termine tamid compare nella Torah diciotto volte (il valore numerico di Chay, vivente), diciassette delle quali parlando delle mitzwot del mishkan e del sacerdozio. La diciottesima volta lo fa parlando della terra di Israele, la più sacra fra tutte le terre. Le due idee sono quindi inscindibilmente legate. La santità non è pertanto una dimensione estemporanea, collegata ad un singolo momento, ma si realizza anzi nella costanza. Dall’altra comprendiamo come il servizio del santuario sia vitale per lo sviluppo spirituale del popolo ebraico in Israele.
I Maestri tuttavia intendono la frequenza non come continuità ma come ciclicità. Ad esempio il sacrificio perpetuo, che viene offerto ogni mattina, ha la precedenza su quello di musaf, che viene offerto una volta a settimana. Per lo stesso motivo, la tefillah di minchah ha la precedenza su quella di Musaf (al bet ha-keneset recitiamo musaf, perché ancora non è arrivato il tempo di recitare minchah).
La mitzwah che apre la parashah di Tetzawweh fonde in qualche modo i due concetti (Es. 27, 20-21): “… che ti rechino dell’olio di oliva puro vergine per l’illuminazione, per alimentare cioè il lume che deve ardere quotidianamente (tamid, sempre). Nella tenda della radunanza fuori dalla tenda che è dinanzi alla Testimonianza, Aron e i suoi figli lo prepareranno in modo che arda dalla sera al mattino dinanzi al Signore”. Cosa significa tamid? Se vuol dire H 24 è in contraddizione con la seconda parte del comandamento, che dice che deve essere acceso dalla sera al mattino. Se è acceso solo di sera, che significa allora tamid, semplicemente ogni giorno? I chakhamim non sono di questo avviso. Secondo loro infatti uno dei lumi, quello più occidentale, rimaneva sempre acceso, mentre gli altri effettivamente venivano accesi ogni sera. Questo avveniva miracolosamente, poichè questo lume fosse alimentato con la stessa quantità d’olio degli altri, per provare che la Presenza divina era posata su Israele. Se gli esseri umani garantiscono la ciclicità, il Signore interviene miracolosamente, conferendo la continuità nel tempo. Troviamo la medesima continuità nella mitzwah del lechem ha-panim. La Torah dice (Lev. 24,8): “Ogni giorno di Sabato si disporrà il pane davanti al Signore sempre, come offerta proveniente dai figli di Israele, come segno del patto eterno”. I tannaim discutono su come dovesse avvenire la mitzwah. Il cambio dei pani, che avveniva ogni sabato, doveva essere effettuato in modo da non lasciare la tavola su cui erano poggiati libera neanche per un secondo, o era sufficiente che il cambio avvenisse durante lo Shabbat, anche a varie ore di distanza? Anche questa mitzwah era caratterizzata dal suo miracolo, poiché il pane, anche dopo una settimana, manteneva la freschezza del momento in cui era stato posto.
La seconda opinione espressa, che H. interviene per integrare e completare delle azioni effettuate ciclicamente, viene proposta dai chakhamim anche per la nostra vita quotidiana. E’ detto, relativamente allo studio della Torah (Gio. 1,8): “Questo libro della Torà non si allontani mai dalla tua bocca; meditalo giorno e notte…”. Come si può mettere in pratica? Dice R. Amì, è sufficiente studiare un capitolo al mattino e uno alla sera. Secondo R. Yochanan, a nome di R. Shim’on bar Yochai: basta leggere lo Shemà mattina e sera. Si può diffondere questo insegnamento? La cosa è dibattuta, perché le persone più modeste in questo modo potrebbero evitare di studiare Torah. Ma da qui è possibile imparare una cosa, che lo studio è un valore fondamentale, e che è vitale studiare con continuità, giorno e notte, anche se pochissimo, ed H. farà il resto, integrando il tempo mancante, così come avveniva per i lumi e per i pani nel bet ha-miqdash.