Flavio
Caro Chavèr,
anche se inavvertitamente saro’ ricordato anch’io nella letteratura dell’Ebraismo Riformato Italiano (ho tolto qualche errore di traduzione dalla versione italiana del “Mondo delle Mitzvot” … e mi hanno messo nella sezione “ringraziamenti”!), ho progressivamente accentuato la mia posizione critica verso tale tentativo e non sono per niente contento del decollo della loro comunita’, destinata a seguire -temo- la traiettoria americana.
Una mia amica israeliana di nome Sarah sostiene che e’ stupido che gli ebrei si pongano il problema “chi e’ ebreo?”: saranno i goyim, nel loro pervicace odio, a ricordare periodicamente agli ebrei che sono ebrei. Ed e’ quindi inutile imitare i gentili: qualunque cosa farai per scimmiottarli, periodicamente verra’ il giorno (ultimo esempio: il 25 Aprile u.s…) in cui si metteranno ad insultarti, bruciare le bandiere israeliane ed a cacciarti dai loro cortei.
Se e’ inutile imitare i gentili, non vedo la ragione per cui l’ebreo non debba dedicarsi invece allo studio della sua splendida tradizione, moralmente cosi’ alta rispetto a quelle delle “nazioni”, nella forma in cui i Maestri ve l’hanno tramandata.
L’ebraismo riformato appare invece come un supermercato delle mitzvot, dove tra i 613 precetti uno carica nel carrello quelli che gli fanno comodo. Magari scartando i vecchi ed inventandone di nuovi (tra i miei amici ebrei simpatizzanti per i Reform sembra particolarmente rispettato quello che recita “…e sposerai la goja’ 90-60-90″…)
Rav Somekh fa benissimo a comportarsi da “fascista” (tale e’ l’epiteto che gli riservano). I riformati lo considerano un Khomeini con la kippah in testa; io mi sono letto qualche suo libro e mi sembra invece un rav intelligente, colto e desideroso di far proseguire nei secoli l’avventura degli ebrei Italkim. In un contesto di necessaria serieta’: la fede ebraica e’ qualcosa di molto serio (fu scritto: “da’ lifne mi atta’ ‘omed…”)
Se ben ricordo la vicenda, la sventura del poveretto e’ stata quella di aver negato il ghiur ad una signora valdese che voleva convertirsi all’ebraismo, ed era sposata con un valdese intenzionato invece a restare tale. I riformisti lo hanno coperto di improperi (razzista, integralista, medioevale et.c.). Io, da povero goy, ho chiesto a un amico chassid la ragione di tale pronunciamento, e lui mi ha spiegato che al convertito viene richiesto di accettare tutte le mitzvot, nessuna esclusa. Come puo’ farlo chi ha gia’ il coniuge goy? La cosa mi e’ sembrata assolutamente logica, e mi meraviglio che gente che porta i cognomi piu’ noti delle dinastie storiche dell’ebraismo italiano non abbia afferrato un concetto che a me, gentile, sembra cosi’ evidente.
Nelle prime riunioni dei riformati (ne avevo seguite due), trattandosi di chi potesse dichiararsi ebreo, ne erano saltate fuori di tutti i colori: era ovviamente ebreo il figlio di padre ebreo, ma anche chi “dimostrava interesse per l’ebraismo”… Se portavo la mia collezione dei tuoi libri mi sa che dichiaravano ebreo anche me!
Concludo rimarcando pero’ anche un’altro fatto: se gli ebrei dovrebbero avere una piu’ fondamentale allergia per le forme di ebraismo parzialmente scremato, e’ anche vero che i gentili, in massima parte, non hanno ancora capito nulla. Chi ebreo non e’, dovrebbe essere istruito -o autoistruirsi- a comprendere l’importanza che il popolo di Israele ha nel portare il mondo verso livelli di spiritualita’ piu’ alti, ed aiutare gli amici ebrei nel vivere la loro tradizione: dopotutto “stanno lavorando (anche) per noi”. Molto spesso mi capita di osservare come persino la tolleranza verso le specificita’ culturali ebraiche sia viziata da un difetto di fondo: il goy “tollerante” sembra voler dire in modo subliminale: “Guarda come sono bravo! Voi ebrei seguite usanze cosi’ strampalate, ed io vi rispetto lo stesso…Ma prima o poi voi stessi sentirete di essere fuori moda”. Invece bisognerebbe -diciamo cosi’- amare l’ebraismo anche senza aver la minima intenzione di diventare ebrei, e rendere piu’ agevole ai nostri amici il rispetto delle mitzvot, evitando di presentare come appetibile o invidiabile il cammino della laicizzazione e della assimilazione. L’ebraismo e’ un percorso di vita impegnativo quanto nessun altro, ma i goyim hanno forse qualcosa di meglio in catalogo? Quattromila anni di storia fanno propendere per il no.
Per il momento tutto cio’ e’ solo un bel sogno, ma il Rebbe di Lubavitch z”l un po’ ci credeva…
Shalom