Tempio Spagnolo – Roma
La parasta di Balaq indica le differenze fra i profeti di Israele e quelli degli altri popoli. I chakhamim in Massechet Nedarim (38a) elencano le quattro caratteristiche fondamentali dei profeti di Israele: “il Signore non posa la Sua presenza se non su chi è forte, ricco, saggio e modesto”. Mosheh Rabbenu chiaramente deteneva tutte queste caratteristiche, ma quella che emergeva maggiormente era l’ultima, la modestia, come affermato dalla Torah nella parashah di Beha’alotechà. Bil’am il malvagio sembra essere invece caratterizzato da predisposizioni opposte, che rasentano la bestialità, ma nonostante ciò si vanta di conoscere i pensieri divini. Non esattamente una manifestazione di modestia…
Questa superbia chiaramente non è compatibile con la profezia, o meglio dà luogo ad una versione della profezia imperniata sulla visione del mondo di Bil’am, nella quale ogni singolo istante costituisce una costruzione indipendente. Un mondo non ordinato e non indirizzato verso uno scopo preciso. La figura di Bil’am rappresenta il parallelo di Mosheh per gli altri popoli, per non fornire la scusa di non aver servito H. per mancanza di profeti (Bemidbar Rabbà 14). La mishnah nel trattato di Avot elenca le predisposizioni proprie degli allievi di Avraham Avinu e quelle di Bil’am. Bil’am è sostanzialmente geloso, superbo, bramoso. Avraham il contrario. La profezia non è solo un procedimento di carattere intellettuale, ha anche e soprattutto delle determinazioni di natura morale. I chakhamim hanno ironizzato molto sulla figura di Bil’am.
Chi non è in grado di conoscere i pensieri della propria asina, come potrà conoscere quelli di H.? La forza di Bil’am si manifesta per un unico aspetto: secondo i Tehillim (7,12) H. si arrabbia ogni giorno. Perquanto tempo? Un rega, 1/58888 diora, poche frazioni di secondo. L’unico in grado di cogliere quel momento è Bil’am. Quindi, secondo la ghemarà in Berakhot (7a) Bil’am non conosceva i pensieri divini, ma riusciva a sapere con precisione quando H. si arrabbiava, e sfruttava quell’attimo per maledire Israele. Secondo il profeta Geremia (29,11) il Signore nutre nei nostri confronti propositi pacifici ed intende beneficarci, e in questo mare di misericordia Bil’am cerca il tipico pelo nell’uovo. Per Bil’am H. è rabbia e ira.
Ma, nonostante il fraintendimento radicale di Bil’am, perché H. si arrabbia? La ghemarà spiega che questo momento è situato all’alba, quando i re dell’oriente e dell’occidente si inchinano al sole, mostrando tutta la loro ingratitudine. Quel momento poteva essere al contrario l’occasione per mostrare la propria gratitudine, l’apice della tefillah. Nulla di tutto questo. Ma Bil’am non riuscì nel proprio intento perché, spiega la ghemarà, in quei giorni H. non si arrabbiò. Per questo Bil’am fallisce:Bil’am avrebbe voluto sfruttare l’attimo di rabbia di H. per maledire Israele, e diviene invece lo strumento attraverso il quale Israele viene benedetto. Il nemico più agguerrito di Israele ne tesse le lodi. Non c’è santificazione del Nome divino più grande di questa.