Salvo ove diversamente indicato, tratto da Ben Ish Chay, anno I, P. Waetchann
Introduzione: tutte le mitzwot sono divise in tre categorie, ci sono i chuqqim, che non hanno motivo e la ragione non porterebbe a praticarli, ci sono le mitzwot, che hanno un motivo, ma la ragione non porterebbe a praticarle, i mishpatim, che la ragione porterebbe a praticare a prescindere dal comandamento divino. E’ risaputo che nessun essere umano può praticare tutte le 613 mitzwot, ma può contemplarle tutte con il pensiero, dicendosi “quando mi capiterà di mettere in pratica questa mitzwah?”, oppure “magari potessi mettere in pratica questa mitzwah”.
In questo modo è come se le mettesse in pratica tutte. Secondo queste modalità sarebbe possibile mettere in pratica tutte le mitzwot in un unico giorno. Questa può essere considerata una shemirat ha-mitzwot nel senso che impariamo da Ya’aqov (weaviw shamar et ha-davar), quando aspetta che i sogni di Yosef prendano corpo.In corrispondenza dei tre gruppi di mitzwot H. ha dato tre tipi di godimento, quello collegato al gusto, all’olfatto e alla vista. Questi tre tipi di godimento sono presenti n questo mondo, ma quello principale è quello che deriva dal mangiare e dal bere, ma nel Gan ‘Eden questo godimento verrà sostituito da quello olfattivo, perché l’anima sarà ricoperta dal corpo nel Gan ‘Eden inferiore, ma la materia del corpo sarà più sottile e non avrà bisogno del cibo. Per questo l’uso di Bagdad è che nei 12 mesi di lutto i parenti del defunto all’ingresso del Bet ha-keneset distribuiscono profumi ai frequentatori perché recitino la berakhah.
Infatti si ritiene che questa berakhah sia fonte di beneficio per il defunto che nel Gan ‘Eden si sostiene per mezzo dei profumi. Inoltre secondo la ghemarà in Berakhot (43b), basandosi su un verso nei Tehillim (150,6), si ritene che l’anima benefici dei profumi. Questo avviene perché successivamente nel Gan Eden l’anima sopravviverà per via dei profumi. Successivamente, nel Gan ‘Eden superiore l’anima godrà della visione dello splendore divino, e le altre forme di godimento non saranno necessarie, come afferma la ghemarà in Berakhot (17b). Per questo motivo H. ha ordinato uno sopra l’altro la bocca, il naso e gli occhi. Si deve fare molta attenzione ad utilizzare la vista nel modo migliore, perché per mezzo di essa si trarrà godimento nel Gan ‘Eden superiore. Visto che l’istinto malvagio opera maggiormente nei confronti delle parti del corpo che portano godimento, i chakhamim hanno stabilito delle berakhot per il cibo e le bevande, per i profumi, per alcuni tipi di visione. In tal modo quelle parti del corpo vengono preservate.
1) Il godimento dell’olfatto richiede una berakhah, basandosi su un verso dei Tehillim, e riferendo questo tipo di godimento principalmente all’anima. Anche se il corpo ne trae godimento, in ogni caso il godimento dell’anima è considerato quello principale. Il godimento fisico infatti termina immediatamente quando termina la percezione del profumo. Il godimento spirituale invece prosegue, e per questo per i profumi non si recita la berakhah acharonah: infatti il godimento fisico termina subito ed è simile al cibo, per il quale non si recita la berakhah acharonah dopo la digestione. Parimenti per i profumi non si recita she-hecheianu, anche se si tratta di profumi che si rinnovano di anno in anno, perché non ha senso recitare la berakhah she-hecheianu per un godimento dell’anima, che è eterna, e non muore, come ricordato nei poseqim.
2) E’ vietato godere di un profumo senza aver prima recitato la berakhah. Se è in dubbio se si tratta di un odore piacevole o meno, o se è in dubbio che lo percepirà, ad esempio perché raffreddato, annusi prima, reciti la berakhah, ed annusi nuovamente per non recitare una benedizione invano.
3) Si afferrino i profumi con la mano destra e si reciti la berakhah. Il Keter Malkut (manoscritto) scrive che è bene che ci si abitui a dire, sia nei feriali che di Shabbat, quando si sente un buon odore “reach nichoach laH.”. Tuttavia si pronunci questa frase dopo avere iniziato ad annusare, per non provocare un’interruzione dopo la berakhah (KYY 216,1). Di Shabbat e Yom tov è opportuno recitare la berakhah sui profumi per completare le cento benedizioni giornaliere (KYY 216,8). Chi passeggia in un giardino di Shabbat o Yom tov non deve trattenersi dal sentire il profumo dei fiori per il timore di strapparli (KYY 216,8). Se si annusano dei profumi durante il pasto, e questi rimangono a tavola, se si torna ad annusarli dopo avere recitato la birkat ha-mazon, non è necessario tornare a recitare la berakhah, perché la birkat ha-mazon è considerata un’interruzione solamente per i cibi e per le bevande.
4) Le benedizioni sul cibo hanno la precedenza su quelle sui profumi. Ciò vale solo se entrambi sono davanti a noi, ma se vengono serviti agli ospiti dei profumi prima del cibo, non è necessario attendere, e si reciti la benedizione sui profumi subito.
5) Se è il profumo viene da un albero o un suo derivato la benedizione da recitare è borè ‘atzè besamim. Se è un’erba, borè ‘isvè besamim. Se non è né uno né l’altro borè minè besamim, e reciti questa benedizioni per quei profumi che non appartengono alle altre categorie o sono oggetto di una discussione fra i poseqim. Questa benedizione corrisponde infatti a shehakol per il cibo. Si definisce ‘etz quella specie il cui tronco sia duro e permanga di anno in anno. Secondo alcuni se il tronco è morbido e permane si recita ‘atzè, ma in ogni caso dubbio, come detto, è opportuno recitare “minè besamim”. Gli ashkenaziti nella havdalah recitano sempre borè minè besamim, perché non si è esperti sulla distinzione fra atzè e ‘isvè. I sefarditi se se sono certi recitano la berakhah giusta (PH, Berakhot 14,1).
9) Se anziché recitare la benedizione dei profumi ha recitato shehakol è uscito comunque d’obbligo. Se invece ha scambiato atzè con ‘isvè o viceversa non è uscito d’obbligo. Se però vi è una discussione fra i poseqim e secondo il proprio uso recita ‘isvè su un certo profumo, non deve tornare a recitare la berakhah giusta, perché secondo alcuni è uscito d’obbligo e per via di recitare una benedizione invano. In questi casi può pensare la berakhah minè in cuor proprio, o recitarla senza menzionare shem e malkut.
10) Se ha di fronte un profumo che ha certamente ‘atzè come benedizione, e un altro dubbio, reciti prima minè sulla specie dubbia, e poi reciti ‘atzè sull’altra specie. Se invece ha delle specie che sono certamente ‘atzè, altre che sono ‘isvè, ed una dubbia, nei giorni feriali reciti la berakhah sulle specie certe e metta intenzione di uscire d’obbligo per la specie dubbia, di shabbat reciti minè sulla specie dubbia, e poi benedica sulle specie certe.
11) Ciò che è estratto da una certa pianta, mantiene la benedizione di origine.
13) Se i profumi si trovano in una stanza destinata alla vendita, non si recita la berakhah, sino a quando non li ha presi in mano, ma se si tratta un negozio di profumi può recitare la benedizione in ogni caso, perché il padrone del negozio ha interesse che i potenziali clienti sentano i profumi, affinché li acquistino. Se il negozio commercia solamente delle essenze, non reciti la berakhah (KYY 217,1).
14) Non si può recitare una benedizione sul profumo emanato da un contenitore che in passato ha contenuto delle essenze e lo ha trattenuto. Lo stesso vale per un buon profumo che rimane sulle dita.
15) Sui frutti che emanano un buon odore la berakhah è ha-noten reach tov baperot, ma se il frutto in questione è stato portato per essere mangiato, ed indipendentemente da quel motivo non sarebbe stato portato, non si recita la benedizione. Alcuni ritengono che sia opportuno evitare in assoluto di sentire l’odore dei frutti, perché c’è una discussione fra lo Shulchan Arukh e l’Eliah Rabbah sulla formula corretta della benedizione (l’Eliah Rabbah crede che la formula sia asher natan reach tov baperot). Secondo Rav Ovadiah non ci si deve astenere per questo motivo (KYY 216,9). Se si è recitato su un frutto la berakhah Borè minè besamim si esce comunque d’obbligo (KYY 216,10).