Da un articolo di Rav Ben Tzion Nesher, Halikhot 106-107, p. 9-11
Il caso Rav Nesher è stato interpellato sul caso seguente: il direttore di una azienda di vendita di biscotti ha dimenticato di vendere il chametz, perché doveva partire per l’estero per i giorni di Pesach ed era molto preso, ma la vigilia di Pesach ha recitato la formula di annullamento del chametz, la domanda è se è vietato godere di questo chametz, secondo la regola del chametz she’avar ‘alav ha-Pesach, o se è possibile trovare un modo per permetterlo.
Su questo punto lo Shulchan ‘Arukh (Orach Chayim 448,3 – fonte 1) è abbastanza chiaro: il chametz di un ebreo che abbia passato Pesach (rimanendo proprietà di un ebreo), è proibito goderne, anche se lo ha fatto involontariamente ed aveva una causa di forza maggiore. Se invece lo ha venduto ad un goy prima di Pesach secondo tutte le regole del caso è permesso. Nella halakhàh 5 (fonte 2) dello stesso capitolo scrive che il chametz che si trova nell’abitazione di un Israel dopo Pesach è proibito anche se è stato annullato. Il motivo di questa regola deriva dal Talmud Yerushalmì, dove c’è una discussione se ci si preoccupa che una persona dica di aver annullato il chametz e invece non lo ha annullato (prescindendo dalla vendita), ed il Tur (cap 448) ritiene che si preoccupi, e quindi è vietato goderne.
La domanda è se le due halakhot riportate dallo Shulchan ‘Arukh sono un tutt’uno, vale a dire se ci sono sia la causa di forza maggiore che l’annullamento, come lo si deve considerare: il chametz sarà ancora vietato in quanto si tratta di un caso di chametz che ha passato Pesach, oppure dovremo dire che se la mancata vendita non è frutto di una causa di forza maggiore il chametz sarà effettivamente vietato, ma se questa sarà derivata da una causa di forza maggiore ed è stato annullato, dopo Pesach sarà permesso goderne o persino mangiarne?
Secondo lo Shut Mayim Chaim (Orach Chayim 5), anche se propendiamo per l’opinione che dice che ci preoccupiamo che ci stiamo ingannando sull’annullamento e anche se diciamo che se si è lasciato il chametz involontariamente o per una causa di forza maggiore, questo è vietato (Rambam), l’unione delle due cose, vale a dire che si è annullato e ma non si è venduto per una causa di forza maggiore, dà luogo ad un caso che i chakhamim non hanno sanzionato. Secondo lui questa è anche l’opinione dello Shulchan ‘Arukh, che nel cap. 448 distingue le due halakhot.
Anche il Ketav Sofer (Orach Chayim 81, fonte 3) si confronta con una domanda simile, con il chametz di un ebreo che è stato annullato ed è stato trovato dopo pesach, e si chiede se sia proibito a tutti, o solamente al suo proprietario, poiché certamente per favorire gli altri non mentirà, in base al principio che “una persona non pecca per qualcosa che non è suo”, arrivando alla conclusione secondo la quale proibito a tutti anche se è stato annullato, e per questo lo Shulchan ‘Arukh, nel par. 5, scrive “persino se lo ha annullato”, equiparandolo quindi a chametz che non è stato annullato, che è proibito a tutti. Quindi secondo il Ketav Sofer il divieto non è solo quello di aver trasgredito il divieto di avere chametz nella propria proprietà, ma il chametz è vietato di per sé, e per questo è vietato anche per gli altri.
Il Choq Ya’aqov (cap. 448,20) scrive che se ci troviamo di fronte ad un caso di impossibilità completa è permesso se lo ha anche annullato, quanto meno per quanto concerne il godimento. Il Nodà BiYehudàh (1,19) R. Aqiva Heger (23), e il Chatam Sofer (Orach Chayim 114) nei loro responsa non ammettono questa possibilità, e proibiscono in ogni caso.
La mishnàh Beruràh (par. 25, fonte 4) e l’Arukh ha-shulchan permettono in caso di grande perdita economica. La Mishnàh Beruràh affronta il caso di una persona che ha fatto la ricerca del chametz e lo ha trovato dopo Pesach, e molti acharonim lo hanno proibito, ma altri, visto che aveva fatto tutto ciò che doveva, lo aveva cercato e annullato, lo permettono, e a questi ci si può appoggiare di fronte ad una grande perdita economica.
Nel caso specifico c’è un importante elemento in più per permettere, l’uso in molte città di vendere il chametz ad un non ebreo includendo anche quello di coloro che non hanno firmato la delega involontariamente, per dimenticanza o forza maggiore.
Il fondamento di quest’uso è che “si beneficia una persona anche quando non è presente”, e visto che la vendita del chametz è un beneficio, perché in questo modo non trasgredisce ai divieti “bal yeraè uval ymmatzè”. Gli acharonim hanno discusso sull’applicazione di questo principio nel nostro caso; infatti la vendita non è un beneficio, e ci si può chiedere come sia possibile che il bet din venda dei beni senza il permesso dei proprietari. D’altra parte però in questo modo si salva il proprietario dal trasgredire un divieto della Toràh.
Nel caso specifico c’è un ulteriore elemento per facilitare, perché nel nostro caso si parla di un’azienda, i cui rappresentanti hanno potere limitato. Gi acharonim hanno discusso sull’obbligo di vendere delle azioni di società che trattano chametz, concludendo che se l’azionista non ha diritti circa la conduzione dell’azienda stessa (ad esempio tramite il proprio voto) non è necessario vendere le azioni.
Un’ultima condizione della quale i poseqim hanno parlato, al fine di vendere il chametz ad ebrei dopo Pesach, è quello di fare un bittul berov (annullamento tramite maggioranza) del chametz.
1) חמץ של ישראל שעבר עליו הפסח, אסור בהנאה אפילו הניחו שוגג או אנוס. ואם מכרו או נתנו לאינו יהודי שמחוץ לבית קודם הפסח, אף על פי שהישראל מכרו לאינו יהודי ויודע בו שלא יגע בו כלל אלא ישמרנו לו עד לאחר הפסח ויחזור ויתננו לו, מותר ובלבד שיתננו לו מתנה גמורה בלי שום תנאי, או שימכרנו לו מכירה גמורה בדבר מועט; אבל מתנה על מנת להחזיר לא מהני.
2) חמץ שנמצא בבית ישראל אחר הפסח, אסור אף על פי שביטל.
3) והנה מע”כ נ”י נכנס לבית הספק בחמץ של ישראל שבטלו ונמצא אחר הפסח שמבואר בש”ע סי’ תמ”ח סעיף ה’ דאסור אם גם לכ”ע אסור או דלמ’ דוקא לדידי’ אסרו אבל לאחרינא שרי היינו שהוא בעל החמץ לא מכר ולא נתן במתנה רק זוכין בו מעצמן, הגם חמץ שלא בטלו קיי”ל דאסור אחה”פ לכ”ע כמבואר, אבל בחמץ שבטלו דהוא עצמו חומרא דפליגו ביה בירושלמי פסחים מובא ברא”ש פסחים ובטו”ר סי’ הנ”ל, ואנן דנקטינן לחומרא אפשר כ”כ האי לאסור לכ”ע מודים דלא אסרו, אלו דבריו, ואני אבאר ספיקתו כי מסברא י”ל דלא אסור לאחרים דזיל בתר טעמא מאן דאוסר מפורש בירושלמי שמא יערים וכ’ הרא”ש בפסחים פי’ שיאמר שביטל ולא ביטל וס”ל לבעל העיטור מובא בטור סי’ הנ”ל דוקא באכילה אסור ולא בהנאה, וכ’ הב”י דטעמ’ דמשום הנאה לא יערים, והטור לא ניחא לי’ שיטתו דס”ל הגם משום הנאה יש לחוש להערמה הגם דהנאה מועטת היא ועיי’ הגה’ מהרל”ח, וי”ל אם לדידי’ אסור גם בהנא’, משום שמותר לאחרים בוודאי לא יערים וכלל בידינו אין אדם חוטא ולא לו וכן מסתבר להקל יותר מלהחמיר ולומר כיון דאסרו גם בשבטלו שוב לא חלקו בין בטלו ללא בטלו שיהיה אסור לעולם גם לאחרים מנ”ל להחמיר כ”כ האי:
4) (כה)) אסור אף על פי שביטלו – או הפקירו ואיסורו הוא אפילו בהנאה. ואף על גב דכשביטלו אינו עובר בב”י מ”מ חששו חכמים שאם נתירו כשביטלו יש לחוש שיניח כל אדם חמצו אלאחר הפסח ויאמר שהפקירו קודם הפסח כדי שנתיר לו. ודע דכמה אחרונים כתבו דאפילו בדק ג”כ כמנהגנו ונמצא חמץ לאחר הפסח ג”כ אסור בהנאה דלא חילקו בדבר ויש מן האחרונים שמקילים בבדק וביטל ונמצא אח”כ דמאי הוי ליה למעבד הרי עשה הכל כדין ודעתם דעכ”פ בהנאה אין לאסור ובמקום הפסד מרובה יש לסמוך עליהן …