Yom zèh leIsrael è un piut che nella tradizione ashkenazita viene cantato durante il pasto del venerdì sera. Secondo la tradizione nordafricana viene recitato durante la giornata dello Shabbat. Le iniziali delle strofe formano il nome “Ytzchaq Luria Chazaq”, e per questo molti lo hanno erroneamente attribuito all’Arì, ma ciò non è possibile, perché il componimento risale ad un periodo precedente alla sua nascita. Originariamente il piut aveva meno strofe, con le iniziali Ytzchaq L”ch, ed in questa forma venne stampato per la prima volta a Venezia nel 1527. In un secondo momento ne vennero aggiunte delle altre, completando il nome dell’Arì. Nella versione stampata a Amsterdam nel 1779 viene premessa brevemente la storia del piut.
Lo stampatore dice di aver trovato questa versione più ampia e di averla riportata per beneficiare la collettività. E’ possibile che sia stato lo stesso curatore ad aggiungere le strofe, celando per modestia questo fatto. Recentemente il professor Edwin Serussi della facoltà di musicologia dell’università ebraica ha trovato nel fondo Ginzburg di San Pietroburgo (manoscritto 1224, pp. 14-15) una versione del Piut che riporta come autore il nome di Ytzchaq Salama. Il professore ritiene che la lettera chet nell’iniziale della strofa che segue il nome Ytzchaq stia per “chazan”.
Di Ytzchaq Salama si sa molto poco, se non che dovrebbe appartenere alla generazione della cacciata dalla Spagna. Si sarebbe poi stabilito nell’impero ottomano, forse a Salonicco. Il piut rappresenta lo Shabbat che attraverso le sue mitzwot consola il popolo ebraico che desidera tornare in Israele mentre è ancora in esilio. In particolare è presente un riferimento all’anima aggiuntiva, secondo le ghemarot in massekhet Betzà 16, Ta’anit 27 massekhet Soferim 17. In merito il Rashbà nelle sue teshuvot scrive che l’anima aggiuntiva è il riposo e la delizia che l’anima trova di Shabbat, che, quando arrivano i giorni della fatica e dell’afflizione è come se scomparisse. Ibn Ezrà a Bereshit 2,3 e Shemot 20,8 scrive che di Shabbat il corpo si rafforza e anche le capacità intellettive aumentano. Per questo motivo all’uscita dello Shabbat si odorano dei profumi per ristorare l’anima afflitta dalla perdita di tale delizia. E’ bene porre attenzione sull’espressione che apre il piut, secondo la quale lo Shabbat è un giorno di gioia. Sappiamo di fatti che esiste una mitzwàh specifica di rallegrarsi di Yom Tov, ma di Shabbat non troviamo lo stesso.
Questa idea compare in varie zemirot di Shabbat. Non è necessario ricordare che la gioia è uno dei fondamenti del servizio divino. Nel Midrash l’espressione uwyom simchatchem (nel giorno della vostra gioia) viene riferita allo Shabbat. La gioia dello Shabbat non viene fissata secondo un piano formale, ma è la conseguenza delle altre mitzwot che sono state previste, che creano un’atmosfera gioiosa, indipendentemente dalla fissazione di una mitzwàh specifica di gioire attraverso dei gesti esteriori, come avviene di Yom tov.