Nella scrittura dei ghittin, come dei sifrè Toràh, tefillin e mezuzot, è possibile che le lettere si formino da sole, senza un intervento del Sofer sulle lettere stesse. Quando la Toràh, nel libro di Devarim, parla del Ghet, scrive “e gli scriverà…”. Spiegano i chakhamim (Ghittin 20a) “gli scriverà e non inciderà”, non vietando però l’incisione in sé e per sé, che è considerata una forma di scrittura, ma il chaq tokhot, vale a dire l’incisione dell’interno delle lettere, di modo tale che la lettera, senza intervento alcuno sulla lettera stessa, emerga. Se però si è tracciato il contorno delle lettere, non si parla di chaq tokhot, ma di chaq yerekhot, e la cosa è consentita.
Per via di questa regola per esempio, se un sofer voleva scrivere una lettera he, ed erroneamente ha scritto una chet, non gli sarà sufficiente cancellare la parte eccedente e lasciare la he, ma dovrà cancellare la lettera e scriverla di nuovo. La questione posta dai poseqim è come considerare le meghillot stampate su qelaf, rispettando tutte le caratteristiche della meghillàh per quanto riguarda supporto, inchiostro, ecc. Chiaramente quando si parla di stampa si intende quella di una volta, e non la nostra, che pur mantenendo lo stesso nome, si avvale di tecniche profondamente differenti, che non sono considerate scrittura da un punto di vista tecnico. Della cosa parla il Birkè Yosef 691,1-2 (fonte 1), che riporta un fatto avvenuto e sottoposto a Rabbì Moshèh Provenzalo di Mantova (cap 73 delle sue teshuvot, allora manoscritte), che ritenne che queste meghillot dovevano essere messe in ghenizàh, perché è halakhàh leMoshèh miSinai che sono pesulot, perché la stampa si deve considerare chaq tokhot.
In generale ci si deve astenere da stampare le meghillot su qelaf, perché chi le vede pensa che sono kesherot e le legge con berakhàh, senza uscire d’obbligo e recitando berakhot invano. Stampare invece le meghilllot su carta è permesso. Il Perì Chadash scrive che l’invalidità derivante da chaq tokhot dipende dal fatto che è scritto “e scriverà – e non inciderà”. Se la meghillàh è pertanto scritta per la maggior parte in modo permesso non la invalida, come nel caso in cui “il sofer ha tralasciato alcune lettere e le ha lette a memoria, è uscito d’obbligo”, e lo stesso vale per una meghillàh che è stata per la maggior parte stampata è invalida. (C’è da segnalare che nel Perì Chadash c’è una contraddizione, notata dai poseqim, fra la regola della meghillàh, per la quale la stampa è considerata invalida, e quella dei ghittin, dove scrive che la stampa è da considerarsi in tutto e per tutto scrittura). Anche il Ramà’ di Fano nelle sue teshuvot (n. 93) si confronta con la questione, circa la kasherut di un ghet stampato. Qualcuno infatti ritene che l’inserimento del foglio nella pressa per essere stampato costituisca motivo per invalidarlo persino a posteriori, essendo paragonabile all’incisione. Il Ramà, che si definisce del settore (ricordiamo che il Bet Yosef lo incaricò di occuparsi della stampa del Kesef Mishnèh), ritiene che il ragionamento non sia valido né dal punto di vista halakhico, né su come si svolge l’operazione, perché anche se le lettere fossero impresse nel foglio e fossero leggibili senza inchiostro, non si tratterebbe di chaq tokhot ma di chaq yerekhot, e sarebbe una tecnica utilizzabile per i divorzi e per la liberazione degli schiavi, come si legge in massekhet Ghittin 20a.
Questa tecnica non sarebbe utilizzabile però per sifrè Toràh tefillin e Mezuzot, perché in quel caso non sarebbe valida, ma l’aspetto principale della scrittura nella stampa è con l’inchiostro, ed il fatto che gli operai mettano il foglio nella pressa non serve altro che a far diffondere l’inchiostro per tutta la lettera, senza lasciare parti bianche, come capita spesso agli stampatori inesperti. Lo Zerà Emet, che vedremo successivamente, affrontando il testo del Ramà’ ritiene che si tratti di un pronunciamento solo teorico, che non viene tradotto nella pratica. Nello Shut Zera’ Emet (2,117; fonte 3), R. Yishma’el ha-Kohen di Modena, interrogato sulla Kasherut di un sefer Toràh stampato, riporta il Ta”z, che nel cap. 271 di Yorèh de’àh, scrive che i libri stampati hanno qedushàh, perché si tratta di khaq yerekhot, e ancora di più ha scritto il Prì Chadash sulle reole dei Ghittin (125,4), quando ha detto che la stampa è scrittura vera e propria, e così ha scritto il Maghen Avraham (Orach Chayim 32,56), che secondo la regola un sefer Toràh stampato sarebbe kasher (ma non dei tefillin e delle mezuzot, che devono essere scritte in ordine), ma a priori bisogna fare attenzione. Il Zera’ Emet riporta però tutta un’altra serie di fonti, fra cui il Bach ed il Perì Chadash, che ritengono che una meghillàh stampata non sia kesherà. Il Levush aggiunge un motivo ulteriore, che questo non è un modo abituale di scrivere. In base a queste considerazione il Zera’ emet ritiene che Sifrè Toràh, Tefillin, Mezuzot e Meghillot stampati siano pesulim.
1) א. דין א. אין כותבין את המגילה אלא בדיו וכו’. זה היה מעשה שהדפיסו מגילות על קלף ועלה לב אדם להכשירן, ומהר”ם פרובינצא”ל מרבנן קשישאי שבעיר מנטובה, בתשובותיו כ”י סי’ ע”ג, הוא הצ’ד צדדין וצידי צדדין, וזהו הלכה למשה דפסולות, דמעשה הדפוס הוי כחק תוכות, ואלו יגנזו. ולא ידפיסו עוד, כי הרואה אותם על קלף כתבנית מגילות הכתובות יסבור דכשרות ויקרא בהן ולא יצא י”ח ובירך לבטלה. אבל להדפיס תמונתן בנייר שרי, דלא טעו בהו.
ב. כתב הרב פר”ח דכיון דפיסול חק תוכות הוי משום דכתיב וכתב ולא חקק, אם רובה כתובה בהכשר לא פסלה, וכההיא דהשמיט הסופר אותיות וקראן על פה יצא, והוא הדין למגילה שדפוסה רובה שפסולה. עכ”ד…