La parola עֵקֶב, Ekev, che dà il nome a questa parashà, che qui traduciamo con conseguenza, si trova due volte nel discorso di Mosè. All’inizio: וְהָיָה עֵקֶב תִּשְׁמְעוּן , Avverrà che come conseguenza (עֵקֶב) per avere dato ascolto a queste leggi, per averle osservate e messe in pratica, l’Eterno, il tuo Signore, manterrà con te il patto e (userà) la bontà che ha giurato ai tuoi padri (Cap. 7: 12); Alla fine: Qualora tu dimenticassi l’Eterno, il Signore, per seguire altre divinità …… perirete esattamente come le nazioni che l’Eterno distrugge davanti a voi,עֵקֶב לֹא תִשְׁמְעוּן come conseguenza (עֵקֶב) per non avere dato ascolto all’Eterno vostro Signore (Cap. 8: 19 – 20).
Ma qual è il significato della parola עֵקֶב e cosa ci può insegnare: ‘Ekev rappresenta qualcosa che è una conseguenza delle azioni dell’uomo: ma queste conseguenze sono già note e l’uomo se le aspetta, oppure le aspettative non sono affatto chiare e l’uomo le ignora?
Scrive Shimshon Refael Hirsch:
Nella parashà precedente sono stati dati precetti relativi al singolo e alla ricompensa che può derivare dalla applicazione dell’osservanza delle leggi del singolo: in questa parashà l’accento è posto sui vantaggi che derivano dall’osservanza dei precetti per la vita collettiva. Tutte le norme sono sintetizzate nella sola parola mishpatim, leggi in generale, senza riferimenti alle altre parole che normalmente indicano vari tipi di mitzvot: gli statuti, le testimonianze, le leggi civili, religiose ecc. Con questa parola comprendiamo tutto ciò che ha a che fare con la vita sia del singolo che della collettività. L’ideale divino per quanto riguarda la situazione del mondo è sintetizzato appunto nella parola mishpat, legge. Il mantenimento e l’osservanza di tutte le mizvoth garantiranno la vita del collettivo nazionale, evitando quelle conseguenze che non erano neanche lontanamente pensate: tutto ciò è compreso nella parola ‘Ekev.
Quindi possiamo tradurre la parola con conseguenza: in sostanza noi non sappiamo quale sarà la conseguenza di certe nostre azioni nella vita collettiva. Non possiamo stabilire quale sarà la mizvà che “conviene” seguire e quale no, cioè non possiamo fare la classificazione dei precetti in base alla loro importanza o alla loro difficoltà di attuazione, e questo perché non sappiamo quale sarà l’influenza e quindi la conseguenza che i vari precetti (più rigoroso, più leggero o più semplice) potranno avere sul futuro. Dobbiamo quindi “limitarci” a osservare le mitzvot, così come dobbiamo evitare di classificare i precetti secondo le categorie di mizvoth sociali o religiose.
Le parole di Rav S. R. Hirsch ci inducono ad analizzare una mizvà che si trova proprio all’inizio della parashà:
Osserva i comandi del Signore tuo Dio camminando nelle sue vie e temendolo; perché il Signore tuo Dio sta per farti entrare in un paese fertile: paese di torrenti, di fonti e di acque sotterranee che scaturiscono nella pianura e sulla montagna; paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele …. Mangerai dunque a sazietà e benedirai il Signore Dio tuo a causa del paese fertile che ti avrà dato. (Deuteronomio 8: 6 -10)
Se c’è una mizvà che ha caratteristiche che potremmo definire “religiose” è l’atto del benedire.
Ma quale influenza può avere nella vita sociale un precetto che sembra essere solo di carattere religioso, come quello relativo al consumo del cibo?
Se andiamo a fondo sul valore del cibo (la sua storia, il suo contesto, i suoi costi …) vediamo che ciò che noi mangiamo non è soltanto qualcosa che ha a che fare col mondo “religioso”, ma anche e soprattutto con il mondo dell’economia, della società, in cui ci sono persone che hanno cibo e persone che non ce l’hanno, e tutto questo non è soltanto dovuto a una legge di carattere religioso, ma rientra in un contesto più ampio.
Inoltre ogni volta che mangiamo qualcosa, prima di mangiare dobbiamo dire una benedizione relativa al tipo specifico di cibo che abbiamo davanti: in questo modo noi intendiamo affermare il principio che nulla di ciò che esiste nel mondo ci appartiene, anche se si tratta di cibo che noi abbiamo prodotto con il nostro lavoro. E’ questo il senso del verso: “La terra appartiene al Signore e tutto ciò che la riempie” (Salmo 24). La benedizione che diciamo ha una profonda influenza sul nostro pensiero: nel momento in cui prima di mangiare dobbiamo fare una benedizione, ci interroghiamo sul diritto di proprietà: nulla ci appartiene veramente e così diamo inizio al processo educativo dell’uomo, che con il suo comportamento tende soprattutto ad affermare che tutto gli appartiene. La recitazione della benedizione è “netilat reshut”, richiesta di permesso.
Il primo tempio è stato distrutto perché il popolo trascurò le mizvoth cosiddette religiose, il secondo tempio per le mizvot sociali. La salvezza può venire solo se applichiamo tutta la Torà e ne osserviamo tutti i precetti senza distinzione. Solo così potrà essere realizzato il principio: La Torà del Signore è integra e ristora la persona (Salmo 19, 8)
Scialom Bahbout
Shimshon Refael Hirsh (1808 – 1888)
Il principale sostenitore dell’ebraismo ortodosso in Germania contro la tendenza riformista, quando prese la decisione di eliminare alcune mizvot. Laureato all’Università di Bon, rabbino in varie comunità e infine a Francoforte sul Meno . Autore di un commento alla Torà e di un libro di commento su tutte le mizvot (Chorev) e delle lettere Iggherot zafon rivolte ai giovani. Fa un uso ampio delle teorie linguistiche e usa interpretazioni simboliche delle mizvoth.