Fatta la tara alla retorica vetero-femminista, la vera novità è che il nuovo presidente Ucei cambia finalmente registro lessicale. Entra la parola “famiglia”, assenti le parole “shoah” e “memoria” e soprattutto una seconda e felice citazione ebraica, quella di Ruth e Noemi, dopo le Massime dei Padri, ricordate subito dopo l’elezione. Vuoi vedere che i politici ebrei sanno anche dire qualcosa di “ebraico”? (Kolòt)
Paolo Conti
Noemi Di Segni, 47 anni, nata a Gerusalemme e romana d’adozione, è il nuovo presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane. Torna una donna alla guida dell’ebraismo italiano: «È il risultato di un lavoro di 4 anni realizzato da un gruppo di donne all’interno dell’Unione. Come succede per gli alberi, c’è voluto tempo per vedere i frutti».
Lei idealmente succede a Tullia Zevi, presidente dell’Unione dal 1983 al 1998.
«È un onore confrontarmi con la straordinaria eredità di Tullia Zevi che ha guidato l’Unione svolgendo un lavoro fondamentale in anni di sfide faticose. Necessariamente diverse da quelle di oggi che hanno come sfondo le nuove tecnologie e il loro uso, l’integrazione, il dramma del lavoro, l’identità europea in crisi».
Quale valore aggiunto può portare una donna in un incarico molto delicato come quello di rappresentare un ebraismo italiano compatto ma insieme diversissimo?
«C’è il valore particolare delle donne: il loro saper tutelare e salvaguardare il nucleo familiare. Io ho tre figli e so bene quanto sia essenziale. Nella mia famiglia però tutte le donne non solo hanno avuto rapporti familiari forti ma hanno sempre consolidato il loro percorso personale affrontando studi universitari e inserendosi nella vita pubblica e nelle istituzioni. In Israele, l’uguaglianza tra uomini e donne è un dato acquisito: l’importanza di quella parità apparteneva alla matrice sociale degli anni in cui nacque lo stato di Israele. Anche in Italia sono stati compiuti molti passi in avanti ma le sfide restano numerose. Una donna alla presidenza dell’Unione può trasferire il proprio momento familiare a una famiglia più allargata, quella dell’ebraismo italiano, trasmettendo con passione l’affetto per la comunità con spirito di servizio. Il mio non è un “lavoro”, ma un incarico gratuito in un ente che notoriamente non è lucrativo».
Anche la comunità ebraica romana, la più numerosa, è guidata da una donna, Ruth Dureghello. C’è dunque una nuova linea di tendenza nell’ebraismo italiano?
«L’impegno delle donne sta diventando un patrimonio dell’ebraismo italiano. Ruth è bravissima ed è bello pensare che Noemi e Ruth, nella Bibbia, siano unite da un fortissimo legame tra suocera e nuora. Ma voglio ricordare che non poche comunità, anche le più piccole tra le nostre 21, sono state o sono dirette da donne. Ed è doveroso sottolineare l’importanza che hanno le comunità più piccole, in cui è magari più difficile mantenere la peculiarità e l’identità per la mancanza di scuole. Sono comunità diverse tra loro, con tradizioni spesso differenti. Un valore che va tutelato e protetto».
Pensa che in Italia ci sia ancora un antisemitismo diffuso, che il livello sia preoccupante?
L’antisemitismo si evolve e cambia. Oggi nessuno teorizza l’eliminazione fisica come fece il nazismo. Ma ci sono forme subdole che resistono, lo sa chi vive sulla propria pelle quel non valorizzare, non riconoscere l’altro. Oggi il pericolo maggiore viene dai social media dove, come dimostrano i recenti episodi di terrorismo legati all’Isis, i giovani meno strutturati possono essere attirati dai catalizzatori d’odio che sfruttano debolezze e fragilità. Bisogna operare nelle scuole, sostenere i giovani, spiegare i pericoli del web e raccontare cosa sta accadendo nel mondo ma senza generare panico. L’ebraismo, per la sua capacità di affrontare il nodo della sicurezza fisica e psicologica, può dare un grande contributo».
Quanto hanno contato, nel rapporto tra ebrei e cattolici, le visite dei tre Pontefici in Sinagoga?
«Come ha sempre detto il mio predecessore Renzo Gattegna, che per me è una luce, un maestro e una grande persona, è diventato un rapporto tra chi vuole conoscersi tra diversi ma ha molti messaggi comuni da portare. Quelle visite sono state importantissime. Ci sono ancora questioni da affrontare ma guardo con fiducia a un percorso che sta proseguendo molto positivamente».