Giulio Tedeschi
I consiglieri alla cultura e manifestazioni della Comunità di Torino, Sarah Kaminski e Manfredo Montagnana hanno convocato una riunione organizzativa in vista della prossima Giornata Europea della Cultura Ebraica. La riunione si è svolta venerdì 27 giugno, alle 17.30. Credo si sia trattato di una prima volta in assoluto. Una attività comunitaria organizzata a due ore dall’inizio della tefillah di shabbath. Non è evidentemente nella sensibilità dei due suddetti consiglieri l’ipotesi che qualcuno, a due ore dall’arrivo di shabbath, abbia la testa occupata da altro. Altro alto, o magari anche altro basso: finire di cucinare oppure tornare a casa, doccia, vestiti puliti.
Ora naturalmente il mondo è pieno di Ebrei sul cui ritmo di vita lo shabbath non incide, e non ho difficoltà a spingermi fino a dire che questa varietà è forse una ricchezza. Ma dei consiglieri no. C’era una idea condivisa secondo cui il Consiglio garantiva che tutto si svolgeva secondo le regole, e soprattutto garantiva – questo premeva – che la continuità continuava. Poi, a casa propria, ognuno faceva quello che voleva. C’era una idea del governo come guida ed esempio, non solo come rappresentanza.
C’è invece in questa maggioranza oggi al governo della Comunità di Torino una insofferenza per i linguaggi e i codici non abbastanza contemporanei, o troppo specifici, fossero pure proprio loro gli oggetti della cultura. Nessuno ha il coraggio di dirsi “contro”. No, tutto è languido, e accettato, purché sia racconto, purché non sia vero, purché sia soft.
A casa propria magari ogni consigliere di sabato andava all’ipermercato, nessun problema, ma da consigliere – “garante della continuità ebraica”, come recita lo Statuto – non veniva in mente a nessuno di tenere una riunione a ridosso di shabbath. Tutto qui, ci si pensava, non veniva neppure in mente.
Invece nessuno ci ha pensato. Insomma: bisogna organizzare la giornata della cultura ebraica. E’ una attività complessa, difficile, c’è da pensare ai volontari, ai turni, ai conferenzieri, alla musica. Il tempo stringe. Cosa c’entra adesso lo shabbath con la cultura ebraica? Già, cosa c’entra? Ripeto la frase: cosa c’entra lo shabbath con la cultura ebraica?
Di questa attenzione e rispetto per tutto, purchè sia altro, si può discutere a lungo. Ma io qui sto solo scrivendo per chiedere aiuto. Non so bene a chi. Forse alla Consulta Rabbinica, forse al Presidente dell’Unione.
Aiuto! Sono abituato da tutta una vita a che osservare certe mizvoth mi crei qualche problema nella vita d’ogni giorno: mangiare alla mensa, uscire con gli amici, organizzare il lavoro. E’ un piccolo disagio che conosciamo tutti. Ma in Comunità non ero preparato, non mi era mai capitato. La Comunità organizza una attività che mi interesserebbe e io, a causa della mia osservanza, incontro qualche disagio nel parteciparvi, devo chiedere scusa, devo chiedere eccezioni, devo trovare una modalità. Beh, pare che a chi se ne è lamentato abbiano risposto che si poteva anche mandare qualche idea per e-mail: peggio il tacon del buso. Non c’è peggior sordo…
C’è stata, qualche giorno dopo, una importante serata in Comunità. La Comunità ha preso posizione contro il razzismo e la xenofobia. Contro il pregiudizio sempre più montante nei confronti dei “diversi”: Rom, Islamici, ecc. . Ora la xenofobia è il pensare che “gli altri” possono certo esistere e avere dei diritti, ma sono un po’ “strani”, diversamente da te che sei “normale”; ci vuole quindi un’eccezione, un discorso a parte.
C’è qualcosa che non torna. Chi alle 17.30 del venerdì sta pregustando il suo shabbath, sta entrando in una dimensione, sta incontrando certi valori, non è strano. E’ normale come te, Ebreo che alle 17.30 del venerdì stai preparando la lista della spesa da fare domani all’ipermercato. Non pensarci è mille volte meno grave che registrare le imponte digitali di una intera etnia. Ho scritto mille? Mi correggo: è un miliardo di volte meno grave. Ma la direzione è quella, l’idea è la stessa.