“Faranno dunque un’arca di legno d’acacia; la sua lunghezza sarà di due cubiti e mezzo, la sua larghezza di un cubito e mezzo, e la sua altezza di un cubito e mezzo. La rivestirai d’oro puro; la rivestirai così di dentro e di fuori; e le farai al di sopra una ghirlanda d’oro, che giri intorno. Fonderai per essa quattro anelli d’oro, che metterai ai suoi quattro piedi: due anelli da un lato e due anelli dall’altro lato. Farai anche delle stanghe di legno d’acacia, e le rivestirai d’oro. E farai passare le stanghe per gli anelli ai lati dell’arca, perché servano a portarla. Le stanghe rimarranno negli anelli dell’arca; non ne saranno tratte fuori. E metterai nell’arca la testimonianza che ti darò” (Esodo 25:10-16).
Il brano della Torah di questa settimana si occupa delle istruzioni date a Mosè sul Sinai, per la costruzione del Tabernacolo e dei suoi arredi, la dimora della Presenza Divina in terra. Senza dubbio, il più sacro di tutti gli arredi era l’Aron, l’arca della testimonianza, che doveva essere custodita nel “Santissimo”, la sezione più interna del Tabernacolo e, successivamente, anche del Santuario di Gerusalemme. L’arca doveva essere fatta di legno di acacia e placcata d’oro all’interno e all’esterno.
Nel Talmud (Yoma 72b), si evidenzia questa caratteristica e si spiega che è così che dovrebbe essere un ebreo, dal meno religioso al più studioso e osservante della Torà: come l’arca era dorata dentro e fuori, così un ebreo deve essere d’oro dentro e fuori.
Il Talmud, con questa similitudine, vuole sottolineare l’importanza dell’autenticità, della necessità di essere autenticamente ebrei.
Con l’arca della testimonianza, la Torah vuole porre l’accento su un principio ebraico fondamentale. Il nostro comportamento non si deve basare sulla preoccupazione di come appariamo esteriormente, non dobbiamo focalizzarci sulla nostra immagine superficiale, ma al modo in cui possiamo dimostrare chi siamo veramente.
Questo principio vale per tutti, anche per chi vive una vita basata sulla Torah, perché il fatto di essere osservanti e aderenti alla Torah, non deve fermarsi al rappresentare la nostra placcatura d’oro esteriore, solo per dare l’impressione di essere di valore.
Un ebreo, deve piuttosto rappresentare che è veramente “dorato” dentro, non solo fuori, che è reale, che è autentico.
Il un altro trattato (Pesachim 68b), il Talmud riporta l’insegnamento di Rav Yosef sul significato speciale della festa di Shavuot, quando celebriamo la nostra ricezione della Torah: “Se non fosse per questo giorno, ci sarebbero molti Yosef al mercato”. Con questo detto, Rav Yosef vuole dire che è stato l’evento del dono della Torah, che celebriamo a Shavuot, a renderlo unico e speciale. Poiché è stato in grado di afferrare e apprendere la Torah, è diventato distinto, diverso da tutti gli altri “Yosef”. Rashi commenta inoltre che Rav Yosef avrebbe detto “shelamadti Torah wenitromamti/perché ho imparato la Torah e sono stato elevato.
Rav Yosef non ha solo imparato Torah, è stato elevato dalla Torah che è penetrata nel suo essere. Lo ha reso “d’oro” dentro e fuori. Il nostro impegno per la Torah deve essere reale e genuino, qualcosa che fa parte di ciò che siamo veramente, qualcosa che ci eleva, che ci porta a un livello superiore di raffinatezza.
Se oggi invece ci guardiamo intorno, sembra che tutti siano impegnati nel dare spettacolo.
Sui social media, le persone mettono una sembianza di facciata; postano immagini della loro vita che, nella maggior parte dei casi, non è quella reale. Si vuole apparire in un certo modo, per proiettare una certa immagine di sé. Tutto questo perché siamo immersi in una società ossessionata dall’esteriorità. Le persone si concentrano oramai sull’apparire in un certo modo e non sull’essere quello che si dovrebbe davvero essere. Nella preoccupazione costante di trovare il modo in cui gli altri possono vederle brave persone, dimenticando poi di esserlo veramente.
Non è difficile essere “d’oro” all’esterno, seguire i movimenti, dire le cose giuste, guardare nel modo giusto e pubblicare immagini che ottengono “Mi piace” e complimenti. Il vero impegno è essere “d’oro” dentro.
Al centro del Santuario c’era l’Aron, l’arca della testimonianza, che conteneva il libro della Torah originale redatto da Mosè e che rappresentava ciò che è un ebreo della Torah. Un vero ebreo o ebrea, non solo appare “d’oro”, magari con il suo nome in bella evidenza su manifesti in cui si propone di parlare a nome di tutti. Un vero ebreo o ebrea, è come l’arca, d’oro dentro e fuori ma, soprattutto, se porta dentro di se la Torah, Shabbat Shalom e Chodesh Tov!