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Il libro di Ruth – Meghillàt Ruth

15,00

Il libro della Bibbia ebraica dedicato a una donna coraggiosa che entra a far parte del popolo ebraico e diventa l’antenata del Messia
2012 – Pagine 106

Informazioni aggiuntive

Autore

Scialom Bahbout

Copertina

Brossura morbida

Formato

170×240 mm

Testo

Testo ebraico e traduzione italiana a fronte

COD: 038 Categorie: , Product ID: 276

Descrizione

La Meghillàt Ruth è uno dei libri del Tanàkh – la Bibbia ebraica, che racconta la storia di una donna i cui valori rappresentano ancora oggi un modello di vita per ogni ebreo. È una moabita infatti che decide, in un difficile periodo di carestia, di avvicinarsi a pieno titolo al popolo ebraico, per osservarne i precetti e abbracciarne i principi etici. Attraverso le sue azioni esemplari, in questo libro vengono impartiti diversi insegnamenti che simboleggiano gli obiettivi e le basi dell’ebraismo. Fondamentale è il concetto di bene: fare del bene comporta certo un vantaggio per l’essere umano, in quanto ogni buona azione sarà sempre riconosciuta dal Signore. Ciò non può accadere, però, senza l’amore verso Dio e verso il prossimo. Due concetti, questi ultimi, che comprendono l’intero significato della religione. 

Per immergere il lettore in questa visione, questa edizione si impegna in una traduzione minuziosa e in un commento attento dei quattro capitoli che compongono la Meghillat Ruth, affinché si possa cogliere la morale etica insita nel testo, dove ciò che lo caratterizza è una particolare fusione tra un’apparente semplicità e la profondità del messaggio.

Introduzione

«Questa Meghillà perché è stata scritta?»

a) Il giusto premio per chi compie opere di bene

Tra i libri per i quali i Maestri si sono interrogati se fosse opportuna la loro inclusione nel canone biblico vi è anche il libro di Ruth. Nel suo commento al primo verso di Bereshìt, Rashì sente il bisogno di riportare quanto scritto nel Midràsh Tanchumà per giustificare l’inclusione nel Pentateuco del libro di Bereshìt e dei primi undici capitoli di Shemòt. Scrive Rashì: «La Torà non avrebbe dovuto avere inizio se non da “Questo mese è per voi”, che costituisce la prima mitzvà impartita al popolo d’Israèl, e qual è il motivo per cui inizia con Bereshìt?»

Tra i libri che i Maestri volevano escludere dal canone biblico vi erano ad esempio quello dello Shir Hashirìm e del Kohèlet (Avòt Derabbì Natàn 1, 4). I motivi addotti per l’esclusione di ciascuno di questi libri variano da caso a caso: Kohèlet contiene affermazioni contrastanti tra loro, oppure in apparente contrasto con la tradizione; Shir Hashirìm, se interpretato alla lettera, descrive a volte in una forma fin troppo cruda, l’amore tra un uomo e una donna. Naturalmente i Maestri hanno trovato poi motivi sufficienti per giustificare l’inclusione dei questi libri nel canone.

Anche per il libro di Ruth, i Maestri si sono chiesti «Questa Meghillà
perché è stata scritta?
» (Ruth Rabbà 2, 15), dando varie risposte che cercano di collegare la Meghillà con il mondo delle mitzvòt e dei valori della Torà. «Ha detto Rabbì Zerà: Questa Meghillà non contiene né norme sull’impurità e sulla purità, né norme su ciò che è proibito o permesso. Ma allora perché è stata scritta? Per insegnarti quanto è grande il premio per coloro che fanno opere di bene» (R.R. ibid.). L’importanza insita nell’atto di solidarietà, nelle opere di bene, è tale che merita di trovare posto nel canone. I Maestri affermano che: «La Torà inizia con opere di bene e finisce con opere di bene: i profeti affermano che il Signore “Desidera le opere di bene e non i sacrifici” (Hoshèa 6, 6); il re Davìd, discendente di Ruth, così scrive nei Tehillìm (101, 1): “Io canterò per celebrare la bontà e la giustizia”».

Diverse sono le manifestazioni di bontà di cui parla la Meghillà. Ruth e ’Orpà si comportano bene nei confronti dei mariti, sebbene siano già morti, e nei confronti di Na’omì (1, 8); Ruth si comporta bene nei confronti di Bò’az (3, 10); quest’ultimo le ricorda anche la sua buona azione di essersi associata al popolo d’Israèl (2, 11), e si comporta con Ruth con grande benevolenza quando le permette di raccogliere le spighe anche tra i covoni (2, 16-17); Na’omì riconosce il bene che ha fatto il Signore a lei e alla sua famiglia tramite Bò’az (2, 20); anche le donne di Bet Lèchem parlano della bontà del Signore che non ha fatto mancare un riscattatore per la sua famiglia (4, 14). Il livello massimo di bontà viene raggiunto dall’azione compiuta da Bò’az, quando decide di redimere il campo che apparteneva a Elimèlekh, compiendo un’opera che va al di là di quelle che sono le normali leggi di giustizia familiare e sociale previste dalla Torà, in quanto, in ordine di precedenza, non era il parente cui sarebbe spettato questo compito.

Si può avere l’impressione che venga qui compiuta la mitzvà del levirato, cosa che in realtà non ha alcuna base legale su cui appoggiarsi, sia perché Bò’az non è fratello del marito di Ruth, sia perché, comunque, Ruth non era ancora ebrea nel momento in cui il marito Machlòn muore e quindi sul piano legale doveva essere considerata ancora un’estranea.

b) Per far conoscere la discendenza del re Davìd

Accanto al primo motivo che è, senza dubbio, quello che ha contribuito maggiormente a spingere i Maestri a includere la Meghillà nel canone, ve ne sono altri. Uno dei più noti è quello per cui la Meghillà sarebbe stata scritta per trasmetterci la genealogia di Davìd. «Rabbì El’azàr Berabbì Yossè diceva: “Per farti conoscere la stirpe di Davìd che è di argento puro”». Secondo rav Shemuèl di Amsterdam (Binyàn Arièl, Tarnov 5665, p. 248) la Meghillà è stata scritta dal profeta Shemuèl per dimostrare che Davìd discendeva dalla moabita Ruth e che la cosa era stata approvata dal Dio stesso.

c) «Per questa donna giusta»

Nello Zòhar (Zòhar Chadàsh 468) questo motivo viene ritenuto insufficiente per spiegare l’inclusione di tutta la Meghillà nel canone. Infatti, la Meghillà avrebbe potuto avere inizio dal secondo capitolo, da quando cioè si inizia a parlare di Bò’az: 

«Rabbì Yossè ben Kismà chiedeva: “Se questa Meghillà sia stata scritta con il solo scopo di raccontarci quali sono gli ascendenti del re Davìd, perché c’era bisogno di tutto questo libro? Avrebbe potuto scrivere la genealogia da Bò’az, che sposa Ruth, e dire: “Questa è la genealogia di Pèretz” fino a “Yishài generò Davìd”. Ma tutto quanto viene scritto prima era necessario per farti conoscere questa donna giusta che si è convertita e si è venuta a riparare sotto le ali della Shekhinà, e per farti conoscere la sua umiltà, la sua modestia, la modestia che è in lei e la sua giustizia». (Zòhar Chadàsh 150). Secondo lo Zòhar, quindi, se la Meghillà prende il nome da Ruth, ciò non può essere privo di significato e quindi è per insegnarci qualcosa su questo personaggio che la Meghillà è stata scritta.

Indice

Introduzione: Rav Scialom Bahbout

Questa Meghillà perché è stata scritta? 8

Gli insegnamenti della Meghillà 11

La vendita e il riscatto 14

Perché si legge la Meghillà di Ruth a Shavu’òt 17

Spunti di approfondimento: Rav Nosson Scherman

1. Il periodo: una prospettiva morale 20

2. I peccati degli Antichi 23

3. La monarchia in Israèl 27

4. Le radici oscure della monarchia 34

Il testo

Capitolo 1 40

Capitolo 2 60

Capitolo 3 78

Capitolo 4 90