Descrizione
Libro di preghiere di rito ashkenazita in uso oggi a Trieste, con chiare indicazioni dei brani recitati dal solo chazàn (ufficiante) e quelli recitati invece insieme al pubblico, per una partecipazione consapevole alle funzioni.
Quest’edizione presenta la traduzione italiana completa a fianco del testo ebraico ed è rilegata con una speciale tela di tessuto plastificato e rinforzi che la rendono particolarmente resistente all’usura nel tempo. È l’edizione principale e la più completa dell’intera serie dedicata a questo rito.
Indice מפתחות
Shachrìt feriale שחרית לחול
Prime azioni del mattino 2 השכמת הבוקר
Berakhòt del mattino 10 ברכות הבוקר
Pesukè Dezimrà 26 פסוקי דזמרה
Shemà’ e relative benedizioni 44 קריאת שמע וברכותיה
Shemà’ 48 שמע
’Amidà 52 עמידה
Tachanùn 68 סדר תחנון
Lettura della Torà 86 סדר קריאת התורה
Ashrè – Uvà Letziòn 92 אשרי – ובא לציון
Minchà feriale 108 מנחה לחול
Tachanùn 126 סדר תחנון
’Arvìt feriale 134 ערבית לחול
Shemà’ 136 שמע
Conteggio dell’ ’òmer 156 סדר ספירת העמר
Lettura dello Shemà’ prima di dormire 164 קריאת שמע על המטה
Preparativi per shabbàt 170 הכנות לשבת
Kabbalàt shabbàt 172 קבלת שבת
’Arvìt del venerdì sera 182 ערבית לשבת
Formulario del venerdì sera 204 סדר ליל שבת
Kiddùsh del venerdì sera 208 קידוש ליל שבת
Canti dello shabbàt 210 זמירות לשבת
Shachrìt di shabbàt שחרית לשבת
Prime azioni del mattino 214 השכמת הבוקר
Berakhòt del mattino 222 ברכות הבוקר
Pesukè Dezimrà 238 פסוקי דזמרה
Nishmàt 264 נשמת
Shemà’ e relative benedizioni 270 קריאת שמע וברכותיה
Shemà’ 276 שמע
’Amidà 280 עמידה
Lettura della Torà di shabbàt 294 סדר קריאת התורה של שבת
Musàf di shabbàt 310 מוסף לשבת
Kiddùsh della mattina di shabbàt 330 קידוש לסעודת שחרית
Canti della mattina di shabbàt 332 זמירות ליום השבת
Minchà di shabbàt 336 מנחה לשבת
Pirkè Avòt 362 פרקי אבות
’Arvìt di Motzaè shabbàt 410 ערבית למוצאי שבת
Havdalà 438 סדר הבדלה
Novilunio 442 סדר קדוש לבנה
Hallèl 448 סדר הלל
Musàf di Rosh Chòdesh 458 מוסף לראש חדש
Musàf di Shabbàt Rosh Chòdesh 474 מוסף לשבת ראש חדש
Chanukkà 492 חנוכה
Purìm 510 פורים
Yom Ha’atzmaùt 520 סדר יום העצמאות
Matrimonio 530 סדר קידושין ונישואין
Circoncisione 534 סדר ברית מילה
Riscatto del primogenito 542 סדר פידיון הבן
Preghiera per il viaggio 544 תפילת הדרך
Berakhòt varie 546 ברכות שונות
Berakhòt di godimento 550 ברכות הנהנין
Berakhà Acharonà 552 סדר ברכה אחרונה
Berakhà dopo il pasto 556 ברכת המזון
Parashòt 566 פרשות
La traduzione
La traduzione che affianca il testo ebraico ha origine dall’edizione del 1856 del Machazòr di rav Shemuèl Davìd Luzzatto (Shadàl), uno dei più grandi maestri dell’ebraismo italiano dell’era moderna. È su questa prestigiosa versione che Costanza Coen ha iniziato nel 2000 a elaborare un testo che tenesse conto sia delle brillanti intuizioni dell’autore, profondo conoscitore della lingua ebraica, sia della necessità di arrivare oggi a un italiano comprensibile a tutti. Questo lavoro è stato successivamente esteso ed elaborato da altri collaboratori fino all’attuale versione, utilizzando anche testi di allievi del Luzzatto e di maestri a noi più vicini, come l’enciclopedica edizione di rav M.E. Artom z.l.
Dove possibile, la traduzione originale è stata resa più aderente al senso letterale del testo ebraico, uniformando la corrispondenza tra i frequenti sinonimi e la loro trasposizione in italiano.
È chiaro che così operando potremmo aver trasgredito a molti criteri storici e filologici, e agli esperti vanno da subito le nostre scuse. Tuttavia, il progetto dei siddurìm di Morashà, in tutte le loro edizioni, ha avuto soprattutto l’intento di offrire al pubblico italiano strumenti accessibili per poter adempiere a un precetto divino, quello della tefillà, con un’immediatezza che non ponesse ostacoli alla comprensione, perlomeno superficiale, dei brani recitati in ebraico.
La redazione
Prefazione
מִצְוַת עֲשֵׂה לְהִתְפַּלֵּל בְּכָל יוֹם שֶׁנֶּאֱמַר ״וַעֲבַדְתֶּם אֵת ה׳ אֱלֹהֵיכֶם״(שמות כ”ג, כ”ה). מִפִּי הַשְּׁמוּעָה לָמְדוּ שֶׁעֲבוֹדָה זוֹ הִיא תְּפִלָּה שֶׁנֶּאֱמַר ״וּלְעָבְדוֹ בְּכָל לְבַבְכֶם״ (דברים י”א, י”ג) אָמְרוּ חֲכָמִים אֵי זוֹ הִיא עֲבוֹדָה שֶׁבַּלֵּב זוֹ תְּפִלָּה…
… כָּךְ הוּא שֶׁיְּהֵא אָדָם מִתְחַנֵּן וּמִתְפַּלֵּל בְּכָל יוֹם וּמַגִּיד שִׁבְחוֹ שֶׁל הַקָּדוֹשׁ בָּרוּךְ הוּא וְאַחַר כָּךְ שׁוֹאֵל צְרָכָיו שֶׁהוּא צָרִיךְ לָהֶם בְּבַקָּשָׁה וּבִתְחִנָּה וְאַחַר כָּךְ נוֹתֵן שֶׁבַח וְהוֹדָיָה לַה׳ עַל הַטּוֹבָה שֶׁהִשְׁפִּיעַ לוֹ כָּל אֶחָד לְפִי כֹּחוֹ:
(רמב”ם,הלכות תפילה א)
È un comandamento positivo della Torà pregare ogni giorno, com’è scritto: (Shemòt 22, 25): «Servirete l’Eterno, il vostro Signore». La tradizione ci insegna che questo servizio è la preghiera, com’è scritto: (Devarìm 11, 13): «di servirlo con tutto il vostro cuore». I nostri Maestri hanno detto: qual è il servizio del cuore? È la preghiera…
… così accade che l’uomo implora e prega ogni giorno e dice la lode del Santo Benedetto, Egli sia, e dopo chiede le cose di cui ha bisogno con richieste e suppliche, dopo di che rende lode e ringrazia Dio per il bene ricevuto, secondo le proprie capacità.
(Rambàm, Hilkhòt Tefillà cap. I).
Durante tutto il periodo del I° Tempio, le preghiere rimasero orali e l’ufficiante le conosceva a memoria. Inoltre, non ne esisteva una formulazione rigidamente stabilita. Durante l’esilio babilonese, si persero molte tradizioni e soprattutto la lingua sacra. Fu ’Ezrà che, per la prima volta, organizzò la preghiera per il popolo d’Israel imponendo la lingua ebraica (leshòn hakòdesh) come obbligatoria per la tefillà, con il fine di mantenere l’unità del popolo. Per rafforzare ulteriormente la preghiera pubblica introdusse la lettura della Torà il lunedì, il giovedì e il sabato pomeriggio. Nel I° secolo e.v. Rabbàn Gamlièl scrisse lo Shemonè Esrè (18 benedizioni) e riuscì a imporlo al Sinedrio nonostante la sua opposizione a una tefillà dalla formulazione rigidamente stabilita. Lo Shemonè Esrè, insieme allo Shemà’, divenne il cuore della preghiera ebraica.
Col tempo furono inseriti nelle preghiere testi poetici – piyutìm, e gli ufficianti per recitare la preghiera pubblica iniziarono a utilizzare dei rotoli. Il pubblico ascoltava attentamente la preghiera recitata dallo shalìach tzibbbùr e rispondeva Amèn alle benedizioni, secondo quanto stabilito dalla Mishnà per adempiere all’obbligo di recitare.
Le vicissitudini storiche del popolo ebraico, i massacri e le espulsioni, unitamente alla nascita di numerose comunità ebraiche al di fuori di Israèl, portarono ad un ulteriore arricchimento della liturgia attraverso l’inserimento di nuovi piyutìm e nuove benedizioni. Intorno al II° secolo e.v. si giunse così alla nascita del siddùr. Tuttavia la codificazione del siddùr, con i testi che conosciamo ancora oggi, si ebbe nel periodo dei gheonìm (589 – 1040).
Il siddùr più antico pervenutoci è quello di rav Amràm Gaòn (Sura? – 875), rettore della yeshivà di Sura in Babilonia che lo allestì su richiesta degli ebrei spagnoli di Barcellona. Questo prezioso siddùr conteneva le preghiere per tutto l’anno e includeva anche alcune leggi che riguardavano la preghiera e le tradizioni. Fu copiato e utilizzato non solo dagli ebrei in Spagna, ma anche da quelli in Francia e Germania, diventando di fatto il modello del libro di preghiere per tutte le comunità ebraiche. Il “Siddùr di rav Amràm Gaòn” mantenne la forma manoscritta per circa dieci secoli. Rav Sa’adià Gaòn (882 – 942), che guidò la yeshivà di Sura dopo rav Amràm Gaòn, compilò un siddùr per gli ebrei dei paesi arabi con spiegazioni e istruzioni in lingua araba. Un altro siddùr antico che merita menzione è il Machazòr Vitry, composto da rabbì Simchà di Vitry, un discepolo del grande Rashì.
Esistono, quindi, diversi siddùrim, a seconda dei periodi storici in cui sono stati raccolti e dei diversi autori, ma anche a seconda del rito seguito dalla comunità in cui vengono utilizzati. I principali nusachìm – riti, o minhaghìm – usi, che si svilupparono nel tempo sono: il rito sefardita seguito dagli ebrei originari della penisola iberica espulsi nel 1492 dalla Spagna e nel 1497 dal Portogallo; il rito ashkenazita seguito dagli ebrei francesi nord orientali, da quelli tedeschi e da quelli dell’Europa Centro-Orientale (essenzialmente Polonia e Russia il cui rito si chiama nùsach Sfard); il rito italkì seguito dagli ebrei italiani; il rito Romaniota seguito dagli ebrei greci.
Indipendentemente dal nùsach – rito, il siddùr mantiene sostanzialmente la stessa struttura che segue l’ordine cronologico della giornata, dall’alba al tramonto. Il primo siddùr stampato in Italia fu il Minhàg Romi (rito italkì) nel 1486 a Soncino. Il primo siddùr di rito ashkenazita, nùsach Ashkenàz fu stampato a Praga nel 1513. il primo siddùr di rito sefardita, nùsach Sefaràd fu stampato a Venezia nel 1524.
La Comunità Ebraica di Trieste dalla sua nascita è una comunità di rito ashkenazita, tedesco-austriaco, quindi il siddùr segue il nùsach Ashkenàz. Tuttavia l’inserimento di una significativa comunità corfiota ha avuto effetti sul rito Ashkenàz locale e viceversa. Ad esempio la presenza della comunità greca, fortemente attaccata alla tefillà, ha fatto accogliere il piyùt “El Norà” alla fine dello Yom Kippùr come anche vari testi e salmi per Purìm.
Il presente siddùr, oltre ad essere manifestazione della vitalità della nostra Comunità, prosegue una lunga tradizione delle Comunità Ebraiche. Tuttavia si distingue dai precedenti siddurìm triestini per alcuni particolari.
Innanzitutto ha un nome: טוב להודות לה׳ – È bello lodare l’Eterno, (Teh. 112, 2) verso del “Mizmòr Shir Leyòm Hashabbàt” che si recita durante ’Arvit del venerdì sera.
Inoltre questa edizione mette a disposizione in modo molto accurato il nùsach che si era stabilito a Trieste. Infatti, oltre ad essere stati corretti i pochi errori del bellissimo siddùr curato da Guido Spiegel z.l., sono stati rivisti i brani che non corrispondevano all’effettiva recitazione della Comunità triestina. Inoltre la traduzione è stata rivista in modo da adeguare l’italiano a quello dei giorni nostri e, per quanto possibile, sono stati evitati i rimandi.
Ma ciò che caratterizza in particolare questo siddùr sono le motivazioni che hanno portato alla sua pubblicazione.
Orietta Fatucci e i suoi figli, Lorenzo e Gaia Stock, sono legati da un profondo affetto alla Comunità di Trieste. Questo legame è particolarmente forte in Orietta che ha radici familiari immerse nella vita comunitaria. La madre, Nives Castelbolognese z.l., è stata Segretaria della Comunità per circa due decenni; il suocero, Mario Stock z.l., nonno dei suoi figli, è stato un Presidente della Comunità emblematico per più di quattro decenni. Il loro impegno totale nei confronti della Comunità Ebraica di Trieste è stato esemplare.
Tuttavia questo siddùr non vuole essere soltanto un tributo al passato, bensì, soprattutto, un’opportunità per le nuove generazioni di costruire un legame profondo con la Comunità Ebraica di Trieste. Credo sia stato questo il vero motore dell’iniziativa per Orietta come anche per Lorenzo e Gaia. Infatti Orietta dedica questo siddùr ai suoi quattro nipoti: Leonardo, figlio di Lorenzo, Beniamino, Teo e Camillo, figli di Gaia.
Questa pubblicazione risponde al profondo desiderio che la nostra Comunità, attingendo alle millenarie radici della tradizione ebraica, possa continuare a prosperare nel tempo, rimanendo la casa amata da tutti i suoi membri.
Trieste, febbraio 2024 – tevèt 5784
Rav Eliahu Alexander Meloni
Rabbino Capo