Quando i fratelli di Yosef vennero in Egitto per la prima volta a comprare grano per via della carestia nella terra di Canaan (Bereshìt, 42:3), lasciarono a casa Binyamin perché il padre Ya’akov temeva che gli capitasse una disgrazia come era successo a Yosef (ibid., 4). Yosef e Binyamin erano i soli figli di Rachel, la moglie prediletta di Ya’akov. La morte prematura di Rachel durante il parto di Binyamin e la sparizione di Yosef erano già state delle terribili perdite per Ya’akov. Se qualcosa di male fosse successo anche Binyamin, per Ya’akov sarebbe stata una disgrazia inimmaginabile.
Gli altri figli di Ya’akov vennero tutti e dieci perché ognuno poteva acquistare il grano sufficiente alla sua famiglia e non di più. Inoltre le vendite all’esportazione erano sotto la supervisione diretta di Yosef (R. Eli’ezer Ashkenazi in Ma’asè Hashem).
Quando i fratelli di Yosef arrivarono in Egitto, entrarono nel paese per dieci porte differenti (Bereshìt Rabbà, 91). Pensavano che in questo modo avrebbero avuto una maggiore probabilità di trovare il fratello Yosef e di riscattarlo (Rashì). Tuttavia questa loro decisione diede la possibilità a Yosef di accusarli di essere delle spie. Yosef non appena riconobbe i fratelli, si ricordò dei sogni che aveva fatto vent’anni prima quando aveva sognato che si sarebbero prostrati davanti a lui (ibid., 42:9).
Ora Yosef aveva l’opportunità di verificare se i fratelli si erano pentiti di averlo venduto schiavo. Inventando l’accusa falsa che erano delle spie, prima di mandare via i fratelli per la loro strada di ritorno, disse loro che non sarebbero potuti tornare da lui per acquistare altro grano senza il fratello Binyamin (ibid., 42:20). Solo così avrebbero dimostrato di non essere delle spie. Questo perché una persona non affiliata alla famiglia non avrebbe mai accettato di mettersi in pericolo (Sforno). Fatto questo, Yosef mise in prigione il fratello Shim’on, colui che aveva proposto di gettarlo in un pozzo prima che i fratelli decidessero di venderlo come schiavo. Tornati a casa, i fratelli si accorsero che il denaro che avevano usato per pagare il grano era stato restituito nei rispettivi sacchi (ibid, 42:35).
Quando il grano che avevano importato la prima volta era quasi finito Yehudà garantì di persona al padre che avrebbe protetto Binyamin (ibid., 43: 8-9). Così i fratelli ripartirono con i loro asini e una doppia somma di denaro pensando che la prima volta, fosse stato restituito loro per errore.
Arrivati in città, il direttore della casa di Yosef li invitò ad entrare nel palazzo. I fratelli temettero che l’invito fosse una scusa per il fatto che non avevano pagato il grano acquistato durante il loro primo viaggio (ibid., 43:18). Dissero al direttore della casa che non avevano rubato nulla e avevano trovato il denaro nei rispettivi sacchi. Il direttore li tranquillizzò (ibid., 43: 21-23). Invitati a casa di Yosef per pranzare, tutto sembrava che andasse per il meglio. Yosef vide il fratello Binyamin e si commosse.
Avendo visto Binyamin, Yosef liberò Shim’on. Riempiti i sacchi di grano, i fratelli ripartirono per Chevron, convinti che non avrebbero avuto più guai. Yosef, aveva però bisogno di assicurarsi che i fratelli che lo avevano venduto, erano disposti a salvare Binyamin (Sforno). Così diede ordine al suo direttore di inserire nel sacco di Binyamin la sua coppa “magica” (ibid., 44:2). Yosef li fece inseguire accusandoli di aver rubato la sua coppa. La ricerca venne fatta in modo sistematico per non dare l’impressione che tutto era stato programmato: “Iniziò dal fratello grande e terminò con il fratello piccolo” (ibid., 44:12). La coppa fu trovata nel sacco di Binyamin. Da questa frase appare che la ricerca fu fatta aprendo i sacchi di tutti gli undici fratelli, da Reuven, il primogenito, a Binyamin, l’ultimogenito. Vi è un’opinione diversa in un midràsh, citato da r. Leib Diskin (Belarus, 1818-1898, Gerusalemme). In questo midràsh è raccontato che i soli sacchi nei quali fu condotta la ricerca furono quelli di Shim’on e di Binyamin. Infatti gli altri fratelli avevano dimostrato la loro onestà nel voler restituire il denaro trovato nei rispettivi sacchi. Ciò non era avvenuto con Shim’on che era restato in guardina in Egitto e con Binyamin che non aveva partecipato alla prima spedizione. Loro due erano quindi i soli che potevano essere sospettati del furto!