G. Troian
I) 14 luglio 1938
Quello che impropriamente e in maniera fuorviante è conosciuto come ‘Manifesto degli scienziati razzisti’ venne pubblicato senza firme sul “Giornale d’Italia” del 14 luglio 1938 col titolo ‘Il fascismo e i problemi della razza’, segnando in tal modo l’inizio ufficiale della politica antisemita del regime fascista. Il 1938 è dunque anche in Italia “l’anno cruciale e terribile per l’ebraismo europeo” (E. Mendelsohn). La comunità ebraica arrivò “disarmata” (come ha scritto Amos Luzzato), a questa svolta.
Se da più parti si è affermato che l’antisemitismo non fu affatto centrale nella dottrina fascista precedente, anche in virtù di una coesistenza pacifica della comunità ebraica con la restante popolazione e le dimensioni ridotte della popolazione ebraica stessa (nel 1938 erano 47.000, cioè poco meno dell’1,1 per mille dell’intera popolazione italiana) per cui “la frequenza dei matrimoni misti, le similarità culturali […] tra cattolici ed ebrei in Italia, e l’assenza di episodi di violenza popolare antisemita avevano consentito agli ebrei un’esistenza relativamente serena in Italia” (cfr. Ruth Ben-Ghiat, ‘La cultura fascista’, Il Mulino 2000, p. 236. Vedi anche Giorgio Candeloro, ‘Storia dell’Italia moderna. Il fascismo e le sue guerre’, Feltrinelli 1981, vol.IX, pp. 447-448), ciò non toglie che il pregiudizio antisemita rimase ben vivo durante il periodo fascista. L’ebraismo era posto infatti in posizione subalterna rispetto al cattolicesimo riconosciuto quale “religione dominante” e ciò “finiva per avallare la crescita del pregiudizio e dell’ostilità nei confronti degli ebrei, a partire dai primi episodi di violenza verificatisi a Tripoli (1923) e a Padova (1926)” (cfr. Riccardo Bonavita, Gianluca Gabrielli, Rossella Ropa, ‘Razzismo fascista’, in Id, ‘L’offesa della razza. Razzismo e antisemitismo dell’Italia fascista’, Patron 2005, p. 27). Inoltre un patrimonio razzista era presente anche nella cultura italiana già prima del 1938: tanto in ambito “scientifico” nell’antropologia, nella demografia, nell’eugenetica (o meglio, come si diceva allora, eugenica) e nella medicina (cfr. Roberto Maiocchi, ‘Scienza italiana e razzismo fascista’, La Nuova Italia 1999), quanto in ambito popolare nella narrativa di Cappuccio, Chelazzi, Vergano e molti altri (cfr. Riccardo Bonavita, ‘L’invenzione dell’odio. Metamorfosi dell’antisemitismo nella letteratura colta e di massa del periodo fascista’, in ‘La menzogna della razza’, Grafis 1994, pp. 41-52; sempre di R. Bonavita si veda il più recente ‘Grammatica e storia di un’alterità. Stereotipi antiebraici cristiani nella narrativa italiana 1827-1938’, in ‘Les racines chrètiennes de l’antisemitisme politique (fin XIX-XX siecle)’, Ecole française de Rome, 2003, pp. 89-119).
In seguito alla conquista dell’Etiopia (1936) la volontà di tutelare l’integrità della stirpe contro il meticciato (con l’adozione di una legislazione razzista) contribuì infine al rafforzamento di precise istanze razziste entro il cui ambito dunque le due linee, il razzismo coloniale e l’antisemitismo, si fusero.
II) La progressione
In gennaio la stampa scatenò una violenta campagna antisemita. In circa tre mesi tutti i giornali si allinearono (compresi i maggiori, tra i quali “Il resto del Carlino” e “La Stampa”), promuovendo “nefandezze da sciacalli” (Ernesta Bittanti-Battisti). In febbraio Mussolini convocò Guido Landra (“oscuro” assistente di Sergio Sergi presso la cattedra di antropologia all’università di Roma) affidandogli il compito di organizzatore della campagna razziale. In giugno Mussolini gli espose il proprio pensiero concernente le razze e gli impose di formare un Ufficio Studi sulla razza. Nello stesso mese fu proibito ai docenti universitari e ai ricercatori di origine ebraica di partecipare ai convegni internazionali: “Mussolini di suo pugno cancellò i nomi degli ebrei” (cfr. Renzo De Felice, ‘Storia degli ebrei sotto il fascismo’, Einaudi 1993, p. 268). Il mese seguente venne dunque pubblicato sulla stampa il testo ‘Il fascismo e i problemi della razza’.
Galeazzo Ciano riporta sul diario per la giornata del 14 luglio: “Il Duce mi annuncia la pubblicazione da parte del “Giornale d’Italia” di uno statement sulle questioni della razza. Figura scritto da un gruppo di studiosi, sotto l’egida della Cultura popolare. Mi dice che in realtà l’ha quasi completamente redatto lui” (cfr. Galeazzo Ciano, ‘Diario’ 1937-1943, Rizzoli 1998, p. 158).
Venne formato quindi un comitato di dieci studiosi che si resero disponibili a porre il proprio nome per dare veste ufficiale al documento: Lino Businco, Lidio Cipriani, Arturo Donaggio, Leone Franzì, Guido Landra, Nicola Pende, Marcello Ricci, Franco Savorgnan, Sabato Visco, Edoardo Zavattari (sedicenti esperti – per Enzo Collotti solo “pseudoscienziati” – nei campi della patologia, della neuropsichiatria, della fisiologia, della zoologia, della pediatria e naturalmente dell’antropologia. Alcuni di questi, dopo la guerra, verranno reintegrati nell’insegnamento: cfr. A. Luzzatto, ‘Autocoscienza e identità ebraica’, in Corrado Vivanti (a cura di), ‘Gli ebrei in Italia’, Einaudi 1997, p. 1840). Il 5 agosto 1938 ‘Il Manifesto della razza’ venne ripubblicato sulla neonata rivista quindicinale “Difesa della razza” con questi firmatari (tutti i redattori della rivista, Landra, Cipriani, Franzì, Ricci, Businico, sono presenti anche nella rosa degli “scienziati” indicata prima). La rivista era diretta da “Telesio Interlandi, già direttore del ‘Tevere’ e del ‘Quadrivio’, segnalatisi per antisemitismo e scarsità di cultura, assistito da Giorgio Almirante, con Guido Landra a fare da esperto scientifico” (cfr. Roberto Maiocchi, ‘Scienza e fascismo’, Carocci 2004, p. 195). Fu un fogliaccio, prosegue Maiocchi, nonché “strumento di una propaganda vile e vergognosa”.
Il 17 luglio venne quindi istituita la Direzione generale per la Demografia e la Razza (Demorazza), che cominciò a censire la popolazione ebraica in Italia.
III) Il contenuto
Il Manifesto è suddiviso in 10 punti contraddistinti dai seguenti titoli:
1. Le razze umane esistono
2. Esistono grandi razze e piccole razze
3. Il concetto di razza è concetto puramente biologico
4. La popolazione dell’Italia attuale è nella sua maggioranza ariana e la sua civiltà è ariana
5. E’ una leggenda l’apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici
6. Esiste ormai una pura “razza italiana”
7. E’ tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti
8. E’ necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d’Europa (occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall’altra
9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana
10.I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo.
Il paragrafo dedicato agli ebrei, “particolarmente superficiale e contraddittorio” (Candeloro) afferma: “Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra patria nulla in generale è rimasto. Anche l’occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all’infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia, perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli italiani”.
In un comunicato successivo del Pnf (Partito nazionale fascista) si avvertì che a questa formulazione dottrinaria (per Renzo De Felice “una delle cose più meschine e gravi del periodo fascista”) sarebbe seguita una precisa azione politica, aggiungendo – evidentemente come istigazione – che gli ebrei hanno sempre costituito in ogni nazione lo stato maggiore dell’antifascismo.
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APPENDICE
Il documento “Il Fascismo e i problemi della razza” è reperibile oggi in Michele Sarfatti, La Shoah in Italia. Le persecuzioni degli ebrei sotto il fascismo, Einaudi 2005, pp. 131-133; in Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Einaudi 1999, pp. 555-556.
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Ferrara – L’anniversario. 1938, anno cruciale e terribile per l’ebraismo europeo
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