La grave colpa del vitello d’oro suscita la reazione divina di punire il popolo con la sua completa distruzione.
Mosè, trovandosi sul Monte Sinai a ricevere le Tavole della Legge, non si rende conto di ciò che il popolo ha fatto e sentendo la minaccia da parte di D-o di voler distruggere il popolo, inizia una intensa tefillà che farà cambiare il verdetto divino di distruggere il popolo.
Durante le tefillot di Rosh ha shanà e Kippur, più volte rivolgendosi al Signore diciamo:
“Utshuvà utfillà uzdakà ma’avirin et ro’a ha ghezerà – il pentimento, la preghiera e le opere di bene, fanno passare la cattiva sentenza”
Sono tre azioni ben distinte che, se fatte con vera intenzione ed intensità riescono persino a far in modo che il Signore, tornando sui Suoi “passi” risparmi l’uomo e l’umanità dalla punizione.
Ci troviamo ad affrontare un periodo difficile e doloroso; le nostre sinagoghe sono state chiuse, come tutti i luoghi di preghiera di altre religioni, come forse, se non più di mezzo millennio fa, era avvenuto.
Noi ebrei sappiamo che non serve un luogo specifico per rivolgersi a D-o, ma possiamo farlo in ogni luogo.
Oltre alla preghiera – che deve essere aumentata in questi momenti, dobbiamo dare atto di fare qualcosa in più proprio come fece Moshè sul Monte Sinai, per ottenere il perdono divino.
Cerchiamo di vivere se non fisicamente, almeno con il pensiero legati ai nostri fratelli che sono fisicamente lontani e sentirci uniti con la forza di andare avanti.
Ritrovare – visto che in questo periodo abbiamo più tempo – l’entusiasmo di studiare la Torà e osservare le mizvot, dedicandoci alla zedakà.
Dato che la Torà e le mizvot simboleggiano la vita, dimostreremo così che abbiamo voglia di vivere e, soprattutto di preoccuparci della vita altrui.
Sono sicuro che facendo così, contribuiremo tutti ad allontanare la cattiva sentenza e ritrovare quella armonia necessaria per tornare a vivere una vita buona.
Shabbat Shalom