La storia di Giobbe è, nel pensiero talmudico, una grandiosa commedia. Le vicende di Giobbe che senza preavviso passa dal benessere alla disgrazia, seguono il canovaccio di una beffa. D-o si è giocato ai dadi l’esistenza umana di Giobbe. Il Satàn ha sedotto D-o sfidandolo nella Sua onnipotente sicurezza. “Se Giobbe Ti è perdutamente leale, usalo come una posta nel nostro gioco”. D-o ha accettato la scommessa e dopo qualche puntata ha perduto e Giobbe è rimasto a pagare il debito, con la sua sofferenza.
La farsa è comprensibile soltanto per chi conosce tutta la vicenda.
La scommessa tra D-o e il Satàn è ignota a Giobbe, visto che gli Angeli, unici testimoni, hanno mantenuto l’omertà. Gli argomenti che gli amici usano, per convincere Giobbe a pagare in silenzio, sono ignoti persino al Satàn.
Anche la trasformazione dello scenario è ridicola: a) quando Giobbe sta bene tutti pensano che la sua fortuna sia una ovvia conseguenza della sua bontà; l’unico che ne dubita è il Satàn; b) quando Giobbe sta malissimo tutti lo contestano: forse Giobbe era un po’ malvagio ed ha cancellato, persino davanti a se stesso, la propria malvagità; forse Giobbe era un vanesio, che si è specchiato compiaciuto nella sua bontà; forse Giobbe era un saccente che ha preteso di imporre a D-o il suo piccolo registro del dare e dell’avere.
Il processo di Giobbe ha due prospettive perverse: 1) gli stessi uomini che lo avevano considerato un monumento vivente di giustizia, cercano di convincerlo ad accettarsi come un sepolcro imbiancato; 2) D-o che aveva fatto della lealtà di Giobbe un proprio vanto personale, dopo averlo venduto al Sàtan, critica violentemente Giobbe perché vorrebbe misurare le infinite opere di D-o, con il metro delle sue infinitesimali disgrazie.
La lettura moralistica del libro di Giobbe, per salvare la faccia a D-o, ci presenta due soluzioni: 1) Giobbe sembrava una brava persona ma non era intimamente giusto come credeva di essere; il punto però è che la valutazione buonista di Giobbe è fatta da D-o; 2) D-o è molto impegnato nei suoi progetti galattici ed amministra la giustizia in termini universali e quindi non ha tempo di spiegare ai microbi umani la loro ottusa cecità.
Probabilmente alle frontiere dell’abisso, D-o sa giocare con i Suoi mostri (e gli ebrei sarebbero anche disponibili ad imparare). Tuttavia quando la farsa si confonde con le smorfie del grottesco, diventa necessario scavare nuove domande:
1) Perché D-o si vanta della giustizia di Giobbe? D-o si presenta come un allevatore di cavalli da corsa? Perché D-o rimane seduto sul Suo trono e manda gli Angeli a raccogliere notizie sulla tenuta delle sue creature? Perché D-o si mette a scommettere con il Satàn? Perché D-o scommette d’azzardo anche quando sa che perderà?
2) Cosa spinge il Satàn a smascherare il giudizio morale di D-o? Questo smascheramento è veramente un’accusa contro la persona di Giobbe? Il discorso tra D-o, gli Angeli e il Satàn avviene dopo che questi ultimi si sono stancati di girare per tutto l’universo; è possibile che il Satàn ponga soltanto una questione personale su Giobbe? Non è più ragionevole pensare che il Satàn metta in discussione la morale economica di D-o (tot premio per tot bontà e tot punizione per tot cattiveria)?
3) E gli ottimi amici di Giobbe cercano veramente di consolare Giobbe, indicandogli il bilancino di D-o? Oppure quando si sfrenano ad immaginare le ipotetiche colpe di Giobbe non stanno invece parlando del loro inferno personale? Quale senso ha, davanti a D-o che ascolta nascosto, questa giostra della delazione consolatrice? Gli amici di Giobbe capiscono che il problema di Giobbe è universale e che stanno giudicando se stessi? Gli amici di Giobbe pensano di essere giusti? Dov’è il loro contenzioso con D-o? Dov’è la loro identificazione con Giobbe?
La discussione che i maestri del Talmud sviluppano sul processo di Giobbe assume alcune ipotesi molto provocatorie:
1. il Satàn ha delle ragioni moralissime per sfidare D-o; il Satàn non vuole che D-o si presenti soltanto come creatore di tutto l’universo ed arbitro di tutta l’umanità; il Satàn vuole che D-o colleghi meglio il Suo rapporto con tutta l’umanità ed il Suo rapporto con ogni singolo uomo. Il Satàn non accusa l’universo privato di Giobbe; il Satàn difende l’universo collettivo di Abramo;
2. D-o è sedotto dal Satàn; D-o sente che il Satàn è, allo stesso tempo, il suo Angelo della Morte e l’Istinto del Male, insito nell’uomo; questa seduzione è talmente terribile che D-o deve accettare la sfida; Giobbe dovrà combattere con l’Angelo della Morte e D-o dovrà comprendere che l’Istinto del Male è anche un Suo problema; la sfida con il Satàn è una scommessa sulla corresponsabilità tra D-o e l’uomo; quando Giobbe griderà contro D-o e quando D-o griderà contro il dolore dell’uomo, il Satàn non esisterà più; il Satàn è l’incontro malvagio delle due solitudini di D-o e dell’uomo;
3. Le colpe di Giobbe avvengono dopo la scommessa immorale tra D-o ed il Satàn. Non è chiaro se queste colpe sono tali in assoluto o soltanto perché Giobbe non conosce, oppure perché non riesce ad ipotizzare o comprendere questa scommessa.
Secondo il midràsh, Giobbe avrebbe commesso tre colpe: a) avrebbe rovesciato la tazza , avrebbe cioè perso la fiducia che D-o è il contenitore del mondo e, rovesciando la tazza, avrebbe pensato che D-o sa soltanto allagare l’universo; b) avrebbe sostenuto che D-o ha già deciso tutto , dalle unghie degli animali alle azioni degli uomini; se le colpe e le disgrazie degli uomini sono già predeterminate, allora tutto il mondo è assolto da qualunque giudizio; c) avrebbe accusato D-o di confondere Giobbe stesso (‘Iov) con il Satàn (Oiev) . Il gioco di parole è pertinente: Giobbe, il protetto di D-o, diventa quasi un Nemico, dopo la scommessa di D-o con il Satàn. Ma il Satàn è un nemico soltanto per chi non lo considera un messaggero di D-o ( e quindi molto buono).
In sintesi Giobbe non avrebbe tanto urlato per il suo dolore personale , ma avrebbe contestato D-o per l’inutilità del dolore universale; oppure , Giobbe avrebbe intuito e frainteso, la scommessa fra D-o ed il Satàn; Giobbe avrebbe accusato D-o di aver consegnato l’universo nelle mani del Satàn. Se D-o si confonde tra l’uomo (Giobbe) ed il Satàn (il Nemico), perché Giobbe non dovrebbe identificarsi con il Satàn (il male, il dolore, la predestinazione, la disperazione, l’odio, la separazione totale da D-o)? E se Giobbe capisce che il Satàn è anche il suo Angelo della Morte?
La risposta che il Talmud attribuisce a D-o coglie, senza riserve, la domanda di Giobbe.
a) La sopravvivenza dell’umanità si fonda sul fatto che D-o considera tutto l’universo, nel suo insieme ed ogni singolo oggetto particolare, nel suo specifico.
b) La sopravvivenza della relazione tra uomo e D-o si fonda sul fatto che D-o non confonde Giobbe con il suo Nemico (nella mente di D-o, nel Satàn coincidono l’Angelo della Morte e l’Istinto del Male; nel progetto storico di D-o il Satàn è un Angelo e non un avversario a Lui equivalente).
c) D-o distingue un capello da un altro capello (con un gioco di parole: esattamente come distingue una tempesta galattica da un’altra tempesta galattica).
d) D-o distingue la matrice e la destinazione di una goccia di acqua, dalla matrice e dalla destinazione di un’altra goccia di acqua ( altrimenti diluvio e deserto sarebbero la stessa cosa).
e) D-o fa in modo che persino una cerbiatta dall’utero stretto possa partorire; al momento esatto D-o manda un serpente (sic) che mordendo la cerbiatta, la fa partorire con il suo veleno.
f) D-o impedisce che una cerbiatta, partorendo sull’orlo di un burrone, faccia precipitare il suo cucciolo, perché manda, con l’esattezza di una frazione temporale, un’aquila che prenda sulle sue ali il cerbiatto neonato.
La risposta di D-o a Giobbe, che la Toràh Orale ci ha conservato, ci insegna molte cose che il testo scritto ci ha nascosto:
1. la chiave morale di tutto il libro di Giobbe è nel ruolo del Satàn; il Satàn ha il ruolo di esplicitare il doloroso e combattuto punto di incontro tra D-o e l’uomo;
2. nel momento in cui D-o e Giobbe si assumono la responsabilità del male (l’Angelo della Morte e l’Istinto del Male) l’uomo può capire che D-o ha un rapporto universale (chesèd) ed un rapporto individuale (din) con ogni oggetto del creato.
Finchè il Satàn è presente, queste due dimensioni antitetiche non sono pensabili come identiche. Il Satàn scompare, confuso, quando queste due dimensioni si incontrano e si uniscono.
Gennaio 1999 – Shalom