IRAN: La minoranza che non ti aspetti
Esclusa Israele, naturalmente, quella iraniana rappresenta oggi la comunità ebraica più numerosa dell’intero Medio Oriente. Essa ha origini antichissime, risalenti alla prima diaspora ebraica, nell’VIII secolo a.C., quando il re assiro Sargon II, in seguito alla conquista del Regno di Israele, deportò parte delle tribù israelitiche in terra d’Iran. Nei suoi 2.700 anni di storia, la comunità ebraica iraniana ha conosciuto periodi di grande splendore, come durante l’epoca sasanide, l’ultima prima dell’avvento dell’islam, quando essa rappresentava numericamente la prima comunità ebraica al mondo, sopravanzando persino la Palestina. A quell’epoca, si attesta la presenza in Iran di città a maggioranza ebraica.
Dopo la conquista islamica, gli ebrei continuarono per molti secoli ad essere una comunità numericamente importante in Iran. In questo periodo, e fino ancora al XIX secolo, si segnala inoltre lo sviluppo di una letteratura giudaico-persiana, scritta in caratteri ebraici e modellata, nelle forme, sui classici della poesia persiana medievale. Da un punto di vista politico, non mancarono figure capaci di distinguersi ai massimi livelli di potere, come Saad al Dawla, gran vizir fra il 1289 e il 1291, all’epoca del sovrano ilkhanide Arghun.
Gli storici concordano nell’identificare nell’epoca safavide (1501-1722) l’inizio della decadenza della comunità ebraica in Iran. Le difficoltà aumentarono ulteriormente fra XVIII e XIX secolo, quando si registrarono diversi episodi di violenza nei confronti degli ebrei. Un’ultima età dell’oro per la comunità fu invece il regno di Mohammad Reza Pahlavi (1941-1979), quando gli ebrei videro, da molti punti vista, migliorato il loro status. Per la prima volta, circa la metà dei membri delle nuove generazioni poterono studiare in scuole di comunità in cui era previsto l’insegnamento dell’ebraico. Da un punto di vista socio-economico, diversi membri della comunità ebraica conobbero una rapida ascesa in campo imprenditoriale, accademico e medico, professione quest’ultima dove gli ebrei storicamente si erano sempre distinti. Si stima che, fra gli anni ’60 e ’70, la comunità ebraica iraniana fosse la più facoltosa dell’intero continente asiatico, al di fuori dello stato di Israele.
Più complessa la valutazione dell’epoca tuttora in corso, sorta in seguito alla rivoluzione islamica del 1979. Sebbene la nuova Costituzione della Repubblica islamica, approvata quello stesso anno, riconosca che l’ebraismo, insieme a cristianesimo e zoroastrismo, “sono le uniche minoranze che, nei limiti stabiliti dalla legge, sono libere di svolgere i propri riti e di regolamentare lo stato civile e l’istruzione religiosa secondo la loro religione” (art. 13), non sono purtroppo mancati, soprattutto nei primi anni, esecuzioni ed episodi di violenza nei confronti di diversi membri della comunità. Così, spetta a un ebreo, l’imprenditore multimilionario Habib Elqanian, il triste primato di primo uomo d’affari vittima del nuovo regime, nel maggio 1979. Seguirono, nel dicembre 1980, altre sette esecuzioni di ebrei iraniani, e altre due nel 1982. Su di essi, gravavano accuse che andavano dallo spionaggio a favore di Israele e degli Usa, fino alla corruzione e all’alto tradimento. Un ulteriore duro colpo per la comunità si ebbe nell’agosto 1980, con la fuga del Rabbino capo Yedidia Shofet dal paese, e con l’invito da lui rivolto ai suoi correligionari a fare altrettanto.
Eppure, anche in questa prima fase durissima, e a dispetto degli eventi traumatici di cui sopra, non è semplice parlare di un piano persecutorio preciso, né tantomeno di una volontà, da parte del nuovo regime, di estirpare la comunità ebraica locale. Del novembre 1979, ad esempio, è la seguente affermazione dell’Ayatollah Khomeini: “Gli ebrei sono differenti dai sionisti; se i musulmani vinceranno i sionisti, lasceranno in pace gli ebrei. Essi sono una nazione come le altre.” È importante notare come tale netta distinzione fra ebraismo e sionismo sarà alla base, negli ultimi anni, di molte dichiarazioni da parte dei rappresentanti della comunità ebraica iraniana.
Perché, come detto, nonostante una grave flessione demografica fra la fine degli anni settanta e gli anni ottanta, in Iran vivono ancora oggi diverse migliaia di ebrei, e sono tuttora in funzione sinagoghe e scuole per i membri di questa comunità millenaria. Le stime più ottimistiche parlano di 30.000 ebrei ancora presenti nel paese, mentre il censimento ufficiale del 2011 parla di 8.756 persone. Questi vivono soprattutto nella capitale, Teheran, e in grandi città come Isfahan e Shiraz, ma anche in alcune più piccole come Hamedan, Yazd e Sanandaj, dove sono presenti sinagoghe per le comunità locali. Sempre a Hamedan si trova la tomba dei biblici Ester e Mordecai, il luogo di pellegrinaggio più importante per gli ebrei iraniani, aperto anche ai turisti.
Chiudiamo questa breve panoramica sugli ebrei iraniani con due note positive, nella speranza che si rivelino di buon auspicio per il futuro di questa comunità. Hanno fatto notizia, nel 2013, gli auguri di buon Rosh Hashanah (il capodanno ebraico) inviati agli ebrei iraniani via Twitter dal Presidente Hassan Rowhani e dal Ministro degli esteri Mohammad Javad Zarif. Una boccata d’ossigeno, dopo la presidenza Ahmadinejad, celebre per le sue tesi negazioniste. Infine, è giusto ricordare i risultati della ricerca sull’antisemitismo Global 100, condotta fra il 2013 e il 2014 dall’Anti-Defamation League. I dati dimostrano come in Iran il pregiudizio contro gli ebrei sia meno diffuso che in qualsiasi altro paese del Medio Oriente o dell’Africa settentrionale.
Una sorpresa per molti, forse, ma non per chi conosce bene l’Iran, e l’ospitalità e la tolleranza della sua gente.
http://www.eastjournal.net/iran-la-minoranza-che-non-ti-aspetti-gli-ebrei-in-iran-e-la-loro-storia-millenaria/50794
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