Lettera di intenti del Gruppo Martin Buber – Ebrei per la pace
Cari amici,
vi alleghiamo una nostra proposta per un evento da tenersi in Israele in appoggio alle intese di pace di Ginevra. Vi chiediamo di aderire all’iniziativa, di diffonderla nei modi opportuni e al contempo di darci i vostri suggerimenti, anche sul piano organizzativo e dei contatti con gruppi ebraici in altri paesi, per aumentarne l’efficacia.
1. Siamo un gruppo di ebrei italiani, impegnati nella difesa del diritto del popolo e dello Stato di Israele di vivere in pace e sicurezza nella regione. Riconosciamo la centralità di Israele come punto di riferimento per l’ebraismo nel mondo, luogo di rifugio delle persecuzioni e di esistenza nazionale indipendente di un popolo a cui questo diritto è stato per lungo tempo negato.
2. Siamo angosciati della condizione di insicurezza fisica e psicologica vissuta dal popolo di Israele sotto l’azione di un terrorismo criminale e preoccupati del crescente isolamento internazionale dello Stato. Vogliamo esprimere al popolo di Israele il sentimento della nostra solidarietà e la rassicurazione del nostro appoggio. Sosteniamo i tanti movimenti e individui che in Israele lottano per il dialogo e una soluzione negoziata di pace.
3. Ci appare purtroppo evidente che la politica seguita negli ultimi anni dal governo di Israele non è in grado di assicurare al paese una condizione di sicurezza e di pacifica convivenza con il popolo palestinese e i suoi vicini arabi. Il governo del Primo ministro Sharon è incapace, infatti, di affiancare all’azione militare contro il terrorismo una iniziativa politica di pace, nell’illusione che i palestinesi sconfitti finiranno per accettare uno stato permanente di soggezione a Israele. In queste condizioni è destinato a continuare il cerchio infernale di violenza che contrappone tragicamente i due popoli.
4. La continuazione dell’occupazione, l’espansione delle colonie israeliane nei territori, la confisca delle terre che ne consegue rischiano di rendere impossibile la creazione di uno stato palestinese degno di questo nome e pregiudicano il futuro di Israele come stato ebraico e democratico. La costruzione del muro non lungo la Linea Verde, ma all’interno di territori palestinesi aggrava ulteriormente questo pericolo.
5. Invitiamo gli ebrei della Diaspora che si riconoscono in queste posizioni a unirsi a noi e a dichiarare il loro sostegno alle intese di Ginevra attraverso i mezzi di informazione nazionali e internazionali. Proponiamo di realizzare un incontro fra ebrei della Diaspora e israeliani, con la massima partecipazione possibile, da tenersi a Gerusalemme nel febbraio-marzo 2004, allo scopo di esprimere il sostegno al movimento per la pace sia in Israele che in Palestina e il dissenso dalle politiche dell’attuale governo. Nel corso di questa iniziativa si svolgeranno incontri con gruppi israeliani e palestinesi; l’evento potrebbe culminare con una manifestazione pubblica nelle strade di Gerusalemme.
6. Abbiamo chiesto ai gruppi e alle associazioni impegnate in Israele nella ricerca della pace un sostegno alla nostra iniziativa e i suggerimenti necessari perché questo viaggio diventi un momento efficace di incontro con l’opinione pubblica del paese e di appoggio alla lotta per la pace.
Comitato Italiano di Appoggio
all’Accordo di Ginevra
Con la prima adesione di:
ANCI, CGIL, CISL, UIL, ACLI, ARCI, Arab Roma, Gruppo Martin Buber – Ebrei per la pace, Italia – Palestina, Sinistra per Israele, CESVI, CISS, IPSIA, MOVIMONDO, Terres des Hommes Italia.
Ginevra non è un accordo di pace ma una dichiarazione di resa
Il patto è il frutto di forze politiche sconfitte alle elezioni Rischia di ottenere l’opposto della calma Arafat potrebbe usarlo per poi ritornare a chiedere di più (con la violenza) Israele cederebbe su tutto o quasi, i palestinesi no Sarebbe un premio indiretto al terrorismo
Pochi giorni fa, circa due milioni di famiglie israeliane hanno ricevuto per posta le 47 pagine del testo dell’accordo di Ginevra, che si presenta come una soluzione comprensiva del conflitto israelo-palestinese. L’accordo, frutto di uno sforzo patrocinato dall’Europa e segretamente negoziato da funzionari palestinesi e personaggi pubblici israeliani nel corso degli ultimi due anni, stabilisce il ritiro di Israele entro i confini del 1967 e la nascita di uno Stato palestinese con capitale Gerusalemme, richiede l’accettazione reciproca del diritto all’esistenza da parte dei due popoli e delinea una soluzione per la questione dei profughi. Malgrado i suoi autori dichiarino che l’accordo rappresenta semplicemente una proposta avanzata da privati cittadini, il testo è presentato come un “accordo definitivo” tra Israele e Olp […]. Nell’introduzione alla versione ebraica, il famoso scrittore David Grossman promette ai cittadini israeliani, “i quali hanno subito innumerevoli guerre e orribili attentati terroristici”, che l’accordo farà nascere un Israele “prospero e ugualitario”, libero “dalla paura della guerra e dell’annientamento”. Per gli israeliani, sfiniti da tre anni di terrorismo, le parole di Grossman sono molto seducenti. In effetti, l’accordo di Ginevra coincide con una storica trasformazione nell’opinione pubblica del paese. La maggior parte degli israeliani sono ora pronti a rinunciare ai risultati della guerra del ’67 (controllo della Cisgiordania, di Gaza e Gerusalemme Est) in cambio dell’accettazione palestinese di quelli della guerra del 1948. La maggior parte degli israeliani considera la creazione di uno Stato palestinese non più come una mortale minaccia bensì come il solo modo per conservare l’identità ebraica e democratica di Israele. Nel 1992, un anno prima dell’inizio del processo di pace di Oslo, il laburista Yitzhak Rabin fu eletto primo ministro sulla base di una piattaforma politica che negava ai palestinesi il diritto a uno Stato; oggi, il leader del Likud Ariel Sharon esprime regolarmente la sua accettazione di una Palestina indipendente. Per Israele, quindi, la questione non è più se concedere la creazione di uno Stato palestinese, ma in che modo farlo. La maggioranza di centro appoggia la nascita di uno Stato palestinese, ma solo dopo che i palestinesi abbiano posto fine al terrorismo, riformato il loro governo e rinunciato al diritto al ritorno dei profughi. L’accordo di Ginevra, tuttavia, ignora anche queste minime aspettative. Al contrario, offre ai palestinesi uno Stato lasciandoli continuare a combattere una guerra terroristica, legittima e addirittura rafforza il dominio di Yasser Arafat e costringe Israele ad accettare il principio del rimpatrio dei profughi. Inoltre, mina alle fondamenta le possibilità di successo della guerra al terrorismo terrorismo e ostacola qualsiasi futura soluzione per la regione mediorientale. La ragione del fondamentale divario tra le aspettative della maggioranza israeliana e le fantasie di Ginevra sta nel fatto che gli architetti dell’accordo non fanno parte di questa maggioranza. […] Ciò determina una netta asimmetria tra i negoziatori israeliani e le loro controparti palestinesi, la maggior parte dei quali sono funzionari di Fatah e del Tanzim, che agiscono con la benedizione di Arafat. Quasi tutti gli israeliani hanno ormai da molto tempo perso ogni fiducia nella volontà del regime di Arafat di rispettare qualsiasi accordo con Israele. A Oslo, l’Autorità palestinese si era impegnata a combattere attivamente il terrorismo, a limitare il proprio arsenale di armi e a risolvere pacificamente il conflitto con Israele. Invece, ha incitato un’intera generazione di giovani palestinesi a glorificare gli attentatori suicidi, ha concretamente sostenuto il terrorismo, ha acquistato clandestinamente grandi quantità di armi, e ha risposto alle offerte di pace israeliane con una guerra che ha ucciso migliaia di persone su entrambi i fronti.
I due scenari possibili
L’accordo di Ginevra, tuttavia, fa finta di ignorare gli eventi degli ultimi tre anni. […] Non ignora semplicemente il crollo della credibilità palestinese; nega tout court a Israele i mezzi per difendersi. Mentre persino il processo di Oslo concedeva alle forze israeliane il diritto di combattere attivamente i terroristi, l’accordo porrebbe la sicurezza di Israele nelle mani di una forza multinazionale composta da contingenti forniti “dagli Usa, dalla Federazione russa, dall’Ue e dall’Onu”. Questa forza multinazionale sarebbe incaricata di controllare i confini, impedire attentati terroristici e fermare il contrabbando di armi. […] Considerando la storia dei palestinesi e le precedenti esperienze con osservatori multinazionali, si possono immaginare due probabili scenari. Il primo è che i terroristi operino dietro le spalle della forza internazionale, provocando la risposta di Israele e uno scontro tra questi e la forza internazionale. Il secondo è che la stessa forza internazionale cerchi di eliminare il terrorismo e diventi obiettivo di attentati, che porterebbero alla sua evacuazione. Ci sono molti precedenti per entrambi gli scenari (dagli scontri tra Israele e le forze delle Nazioni Unite in Libano fino alla recente fuga del personale Onu da Baghdad). E’ proprio prevedendo questi scenari che Arafat ha fatto dell’internazionalizzazione del conflitto il suo obiettivo dichiarato. […] La principale minaccia per la sicurezza di Israele è rappresentata dallo status di Gerusalemme. A Oslo, la soluzione di questa questa spinosa questione era stata rimandata fino alla fine del processo di pace, quando si sarebbe ormai presumibilmente instaurata quella reciproca fiducia tra le due parti necessaria per governare congiuntamente la città. L’accordo di Ginevra, al contrario, salta a piè pari la fase di costruzione della fiducia e intende consegnare ai palestinesi, nel giro di soli trenta giorni, la sovranità su quasi tutta la Città vecchia, compresa la “spianata del Tempio/al-Haram al- Sharif”. […] Per quanto gravi, i pericoli che insidiano la sicurezza di Israele sono superati dalla minaccia posta all’esistenza di Israele come Stato ebraico. Gli autori dell’accordo hanno garantito all’opinione pubblica israeliana che i firmatari palestinesi hanno rinunciato alla richiesta del diritto al ritorno dei profughi. Ma anche una rapida lettura del testo smentisce questa affermazione. Non c’è nessuna esplicita rinuncia. Perciò, mentre Israele deve abbandonare sue aspirazioni al “Grande Israele”, i palestinesi non sono obbligati a rinunciare nemmeno a parole alla loro pretesa per una “Grande Palestina”. […] L’accordo Ginevra offre così uno strumento per mettere in pericolo l’integrità demografica Israele. […] In principio, Israele manterrebbe il diritto a controllare il numero palestinesi intenzionati a rimpatriare. Di fatto, però, avendo dato una legittimazione morale al diritto al ritorno, Israele si troverebbe esposto alle pressioni internazionali che lo obbligherebbero ad accettare un numero enorme di profughi. […] Non sorprende quindi che lettori attenti del testo, come Gilead Sher, già autorevole negoziatore con i palestinesi, abbiano concluso che l’accordo sarebbe una completa sconfitta per Israele. […] Se verrà messo in atto, l’accordo di Ginevra non sara soltanto disastroso per Israele ma anche fatale per la politica mediorientale dell’America. Gli Stati Uniti si sono fatti campioni di una politica a due dimensio- ni: combattere il terrorismo e promuovere la democrazia. Appoggiando la road map, l’Amministrazione Bush ha fatto dell’eliminazione del terrorismo un presupposto per la nascita di uno Stato palestinese. E’ stata una rivoluzione nella strategia americana. Se, in passato, gli israeliani, in cambio della pace, dovevano prima ritirarsi da certi territori, ora sono i palestinesi che, per ottenerli, devono prima dimostrare concretamente la loro volontà di pace.
Non c’è ragione di arrendersi
L’accordo mette in forse tutti questi obiettivi premiando il terrorismo, compromettendo le norme democratiche e rafforzando il dominio dittatoriale. […] E manda all’aria gli sforzi compiuti dall’America per dimostrare che il terrorismo non serve per democratizzare la regione. Con questo accordo, i palestinesi otterrebbero enormi ricompense per la loro campagna terroristica. Cosa ancora peggiore, verrebbero minate alle fondamenta le norme democratiche nel solo paese che le rispetta in tutto Medio Oriente. Il governo Sharon è stato eletto con una strepitosa vittoria affinché seguisse una politica che appare del tutto incompatibile con i presupposti dell’accordo. Ora, coloro che in quelle elezioni hanno perso cercano di capovolgerne il risultato e, insieme all’Autorità palestinese, di imporre la propria volontà invocando un appoggio internazionale all’accordo al fine di delegittimare il governo Sharon. […] Noi crediamo che l’accordo di Ginevra avrebbe come risultato l’opposto della pace e renderebbe ancora più difficile ogni futuro compromesso. Tenendo conto delle esperienze precedenti, ci si può aspettare che Arafat si intaschi le concessioni ottenute con l’accordo e dia avvio a una nuova serie di richieste a suon di attentati terroristici. Questo accordo è il prodotto di israeliani che hanno dimenticato come si devono difendere i più essenziali interessi della nazione. […] Cosa ancora peggiore, gli israeliani di Ginevra sembrano avere perso fiducia nel futuro del proprio paese ed essersi convinti, come ha scritto Avraham Burg nel suo recente articolo “A Failed Israel Society”, che il paese “stia per crollare come un fatiscente edificio di Gerusalemme”. Ma noi vediamo una società israeliana che ha eroicamente resistito contro quel terrorismo che vuole demoralizzarci e costringerci a sacrificare i nostri più vitali interessi nazionali. Ed è proprio questo che hanno fatto i negoziatori di Ginevra: firmare un documento di resa. Dopo avere dato al mondo un esempio di forza di fronte al terrorismo, non c’è nessun motivo perché ora Israele si debba arrendere.
Yossy Klein Halevi e Michael B. Oren
Copyright The New Republic – Il Foglio – Traduzione di Aldo Piccato
Ginevra: aborto dell’Intifada
FPLP-STATO DI PALESTINA, 6.12.2003.
A proposito della grandemente propagandata iniziativa o documento o accordo di Ginevra, il Dr. George Habash, fondatore del Movimento dei Nazionalisti Arabi (MNA) e del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), ha fatto le seguenti dichiarazioni:
Il documento di Ginevra e i più recenti incontri palestino-israeliani, sono degni di condanna e ripudio e costituiscono un grave esempio di rinuncia ai diritti nazionali palestinesi, con in testa il diritto al ritorno la cui eliminazione viene a essere una priorità della politica statunitense-sionista, gia preparata con la Road Map. Questa visione, rappresentata dall’associazione USA-Israele, lancia piani e iniziative con il fine di liquidare la causa palestinese la cui essenza e il diritto al ritorno e la sovranità sulla propria patria attraverso il sabotaggio dell’Intifada e della Resistenza.
La Direzione dell’Autorità Palestinese continua con decisione a perseguire il suo cammino fino alla firma di transazioni sospette e a basso prezzo che, senza soddisfare minimamente le aspirazioni del popolo palestinese, riguardo la liberta, l’indipendenza e il ritorno, ne minimamente la piattaforma del consenso nazionale, rinunciano agli obiettivi e ai principi assiomatici nazionali, per i quali il nostro popolo palestinese e la nostra Nazione Araba stanno offrendo colossali sacrifici lungo la loro traiettoria di lotta ed eroismo.
Queste manovre sospette conducono unicamente all’aborto dell’Intifada e alla liquidazione della Resistenza.
La direzione dell’OLP deve trarre delle lezioni e delle conclusioni dalle sue esperienze anteriori , cosi come dalle tragedie derivate da queste politiche a svantaggio del nostro popolo, a iniziare dagli accordi di Oslo, passando per tutte le contrattazioni che sono state effettuate mentre si sommetteva il nostro popolo ai più abominevoli e continui massacri e crimini.
Mentre tutto il mondo sta condannando il muro razzista, e invece di intensificare la lotta e rafforzare la lotta mondiale per il popolo palestinese, con gli argomenti ed elementi per il suo sviluppo e la sua continuità nasce il documento di Ginevra firmato ufficialmente da alcune influenti parti palestinesi, concedendo uno “attestato di assoluzione” ai sionisti per tutti i massacri da loro commessi, con l’accettazione esplicita del “carattere giudeo dello stato”; e con il principio della permanenza degli insediamenti sionisti sulle terre palestinesi occupate dal 1967, come se tutto ciò fosse poco; la rinuncia al sacro, legale e possibile diritto al ritorno, di quattro milioni di rifugiati; oltre ad abbandonare il nostro popolo palestinese delle zone occupate nel 1948.
Esortiamo al rifiuto di questi incontri e iniziative, tramite l≠ intensificazione del ripudio popolare palestinese dell’accordo di Ginevra e di tutti gli accordi e iniziative similari.
Esortiamo il popolo palestinese rappresentato dalle sue forze vive, le istituzioni della società civile e i comitati di difesa del diritto al ritorno, a proseguire la lotta in tutte le sue forme, e a tener testa a tutti i fautori del percorso concessionista e alla trappola delle manovre sioniste-statunitensi.
Parteggiamo per lavorare con serietà e incessantemente per la celebrazione della “conferenza per il ritorno palestinese” che deve avere, fra le sue fila, rappresentanti di tutti i gruppi del nostro popolo in patria e nella diaspora, per arrivare a risoluzioni pratiche, che promuovano e sviluppino la mobilitazione popolare attuale in difesa del diritto al ritorno.
Esortiamo la Nazione Araba, le sue forze popolari e i comitati della solidarietà internazionale, ad appoggiare il popolo palestinese nella sua lotta, nella sua Resistenza e Intifada, soprattutto nel suo diritto legittimo, sacro e legale al ritorno ai suoi focolari, alle sue terre, case e città da dove fu espulso nel 1948.
È necessario e indispensabile che aderiamo all’opzione dell’Intifada e della Resistenza, che è limpida e fattibile, per il recupero dei diritti inalienabili del popolo palestinese.