XIV. Il fascismo – La Legge Falco sulle Comunità Israelitiche Italiane – La campagna antisemita
Il fascismo, fino dal suo avvento, trova molti ebrei all’opposizione: professori universitari rifiutano fedeltà al Regime (11), il presidente della Corte Suprema Ludovico Mortara si dimette; il senatore Vittorio Polacco pronuncia un coraggioso discorso, che ha una vasta risonanza nel paese; fra i più fieri oppositori si pongono !decisamente i socialisti Treves e Modigliani; e quanto verrà in seguito rimproverato agli ebrei, durante la campagna razziale, di essere antifascisti, corrisponde a verità. Ma anche fra i Sansepolcristi e fra i sovvenzionatori del movimento si annoverano degli ebrei: qualcuno fa parte di quel gruppo di industriali lombardi che per paura del comunismo sostennero Mussolini, dimentico che una minoranza – come il nucleo ebraico italiano e può vivere in un paese finché vige la legalità, e diventa invece il comodo capro espiatorio quando la legalità è calpestata.
(11) Soltanto 12 professori universitari non vollero giurare fedeltà al regime fascista; e di questi 3 erano ebrei (Giorgio Errera, Giorgio Levi della Vida e Vito Volterra).
Dopo il Concordato col Vaticano del 1929, l’anno seguente Mussolini fa elaborare la Legge Falco sulle Comunità israelitiche italiane. In seguito a questa legge le piccole Comunità vengono assorbite dalle grandi, che hanno il compito di custodire il patrimonio storico e artistico di quelle. In tal modo diverse Comunità :dei piccoli centri, ormai molto assottigliate in -seguito al costante esodo degli ebrei verso le grandi città, nel 1930 hanno cessato di vivere di vita autonoma (Pesaro, Senigallia, Urbino, Cento, Lugo, che ha avuto una plurisecolare storia gloriosa, varie Comunità del Piemonte). La Legge Falco è indubbiamente utile per due ragioni:
1) siccome l’iscrizione alle Comunità è obbligatoria, condizionata alla residenza, non alla città di origine, gli ebrei non possono più uscire dalla Comunità e poi rientrare, secondo gli interessi del momento, com’era possibile finché vigeva la Legge Rattazzi, che concedeva piena autonomia alle Comunità, e ammetteva libertà d’iscrizione (Urbano Rattazzi fu Ministro degli Interni del Regno Sardo nel 1857, e la sua legge sulle Comunità israelitiche rimase in vigore in molte parti d’Italia fino al 1930);
2) il patrimonio artistico delle piccole Comunità è preservato dalle spogliazioni, purtroppo frequenti negli ultimi anni, quando preziosi documenti e oggetti storici erano venduti all’estero, arricchendo in tal modo collezioni e biblioteche straniere.
Ma con questa legge il fascismo, col suo governo accentratore, ha voluto soltanto assicurarsi un controllo: Mussolini, che dichiara apertamente allo scrittore Emil Ludwig che in Italia un problema ebraico non esiste, che rassicura al riguardo il rabbino di Roma Sacerdoti, vuol servirsi degli ebrei per la sua politica. Il rabbino di Alessandria d’Egitto è un italiano; in tal modo si pensa che l’influenza italiana nel Levante si affermi; viene aperto un Collegio rabbinico a Rodi, che ospita una schiera molto esigua di studenti, tale da non giustificare la fondazione di un nuovo Collegio; i consoli italiani fanno opera di persuasione perché gli ebrei italiani all’estero non rinuncino alla cittadinanza; si facilita l’iscrizione alle Università italiane di quegli studenti stranieri che provengono da paesi dove vige il “numerus clausus”. Il Collegio rabbinico da Firenze viene nuovamente trasferito a Roma. Dopo l’avvento di Hitler al potere, i profughi dalla Germania vengono accolti e il loro insediamento non è ostacolato dalle Autorità.
La guerra d’Etiopia (1935-36) mette il Governo italiano in contatto coi 30 mila Falascia che vivono in Abissinia. Di questo nucleo di negri professante la religione ebraica, ma vissuto per secoli in assoluto isolamento, si era occupata fin dal 1908 l’Alliance Israelite Universelle, che aveva inviato in Abissinia una spedizione, che si era servita soprattutto della documentazione fornita (1904-05) dal prof. Faitlovich. Il Governo italiano, ritenendo opportuno favorire questo gruppo, dopo che i capi Falascia hanno prestato il giuramento di fedeltà, lo mette in relazione con gli Ebrei d’Italia.
Ma molti ebrei non si lasciano convincere dalla Politica illusoria del Governo fascista, e rimangono nemici dichiarati del Regime: nel 1934 a Torino un gruppo di giovani ebrei sono arrestati perché sorpresi a introdurre clandestinamente dall’estero materiale propagandistico antifascista. Questo fatto dà occasione a molti giornali di sfogare il loro livore antisemita; e mentre alcuni ebrei corrono ai ripari, e nella stessa Torino viene fondato il giornale “La nostra bandiera”, esponente dei buoni “cittadini italiani di religione israelitica” , devoti al Regime, molti ebrei continuano a tenere un contegno degno delle più nobili tradizioni risorgimentali; ricorderemo fra questi i due fratelli Nello e Carlo Rosselli – discendenti da Pellegrino Rosselli e Jeannette Nathan Rosselli, che ospitarono Mazzini – uccisi in Francia da sicari fascisti nel 1937. Carlo Rosselli, il più giovane e il più battagliero dei due, aveva combattuto nella guerra civile in Spagna e fondato il periodico antifascista “Giustizia e libertà”.
Anche i rabbini italiani mantengono un contegno dignitoso di fronte alle sempre più insistenti pressioni delle Autorità: il rabbino Castelbolognesi viene espulso da Tripoli perché, operando secondo la legge e le tradizioni ebraiche, ha disubbidito al vicerè Balbo; tutti i membri dell’Unione delle Comunità 1 si dimettono (1936); all’inizio della campagna razziale (non ancora ufficiale), dopo che una delegazione italiana ha partecipato al Congresso antisemita di Erfurt nel 1937, viene pubblicato un coraggioso “Manifesto dei rabbini d’Italia ai loro fratelli”, aperta rampogna agli ebrei italiani che seguendo altre ideologie si ritengono avulsi dal loro ceppo di origine.
Mussolini, autonominatosi “protettore dell’Islam”, appoggia gli Arabi di Palestina, inviando loro armi; si parla di minaccia ai luoghi santi da parte del Sionismo, sostenuto dalla Gran Bretagna.
La situazione va peggiorando sempre più col graduale avvicinamento del Governo fascista a quello hitleriano; ma malgrado episodi di violenza che hanno profondamente scosso l’opinione pubblica (nel 1936 a Tripoli i capi della Comunità ebraica vengono fustigati nella pubblica piazza, per un ordine, degno delle più barbare tradizioni medioevali, impartito da Graziani perché gli Ebrei di Tripoli si rifiutano di tenere i negozi aperti di sabato), Mussolini smentisce ufficialmente le voci, sempre più insistenti, provenienti dall’estero, di misure antisemite che il governo italiano andrebbe elaborando. Intanto Paolo Orario, rettore dell’Università di Perugia, pubblica turpi libelli antisemiti; ed il falso documento, plagiato da una satira contro Napoleone III scritta nel 1865 da un avvocato francese: “I Protocolli dei Savi Anziani di Sion” , per opera del suo divulgatore in Italia, lo spretato Giovanni Preziosi, ha varie ristampe, anche dopo la condanna per falso del libello, emanata dal Tribunale di Berna nel 1935 e 1937. Il giornale “Regime Fascista” pubblica regolarmente articoli antisemiti firmati: Farinacci (correva la voce che egli, notoriamente ignorante, firmasse articoli scritti da un altro), in cui si scagliano contro gli ebrei le solite volgarissime calunnie e si addossa agli ebrei la responsabilità di tutte le sciagure che hanno colpito l’umanità* nel corso dei secoli, e si chiedono provvedimenti per mettere al bando della società questi elementi pericolosi. Altri giornali antisemiti: “Il Tevere” , “Giornalissimo” ,,” Quadrivio” vomitano insulti e ignobili calunnie contro gli ebrei; il pi, zelante divulgatore di odio razziale Telesio Interlandi, autore del libello “Contra Judaeos”. Ed altri libelli del genere sono stampati e diffusi in questo triste periodo.
Nel maggio del 1938 Hitler viene a Roma per ricambiare la visita di Mussolini, e dà a quest’ultimo le più ampie assicurazioni che il confine del Brennero sarà rispettato. Ben presto si saprà in cambio di che cosa: una delegazione di esperti di razzismo viene in Italia per istruire funzionari italiani su questa pseudo-scienza; ed il 14 luglio 1938 viene pubblicato il “Manifesto della razza” , firmato da un gruppo di professori, di cui il più autorevole è Nicola Pende, in cui si sostiene l’assurda teoria della purità della razza italiana, prettamente ariana: quindi, gli ebrei sarebbero estranei e pericolosi al popolo italiano. In realtà, pochi popoli sono razzialmente così misti come il popolo italiano: l’Italia è stata soggetta, nel corso della sua storia, a continue invasioni, da nord e da sud. E ancora nel febbraio dello stesso anno Mussolini aveva pubblicamente smentito che il suo Governo volesse adottare misure antisemite!
Contemporaneamente al “Manifesto della razza” viene lanciata (in data: 15 luglio 1938) un’edizione speciale dei “Protocolli”; e per sostenere e diffondere l’assurda teoria razziale, nuova per gli italiani, inizia le sue pubblicazioni una rivista: “La difesa della razza” , diretta da Telesio Interlandi. Durante tutta l’estate del ‘38 tutta la stampa italiana (non esiste stampa libera in Italia in questo periodo, e molti giornalisti gareggiano in servilismo verso il Regime) pubblica articoli diffamatori contro gli ebrei per preparare l’opinione pubblica a una legge draconiana che sta per uscire: il I’ settembre 1938 esce la legge persecutoria antiebraica, di puro stampo nazista: tutti gli ebrei italiani sono messi al bando della vita pubblica; perfino le scuole sono precluse ai bambini ebrei. Dopo un secolo di vita comune, senza alcuna distinzione fra Ebrei e Italiani, durante il quale tanti eletti ingegni di stirpe ebraica avevano dato il loro contributo alla cultura nazionale, avevano fatto onore all’Italia tenendone alto il prestigio fra gli studiosi stranieri; e tutti gli ebrei avevano dato costanti, indubbie prove di attaccamento alla terra natale, e tanti ebrei avevano combattuto per l’Italia, versando il loro sangue sui campi di battaglia, ora si ritornava alle interdizioni di prima della emancipazione, tanto più obbrobriose per l’Italia, in quanto imposte dall’alleato di Mussolini e disapprovate dalla stragrande maggioranza dei popolo italiano. Viene istituito un Ufficio demografico e di protezione della razza.
Il periodo 1938-1945 è tragico per gli ebrei italiani; quelli che hanno la possibilità, emigrano: i più verso le Americhe, molti in Palestina; si registrano molte abiure ed anche qualche “arianizzazione”, ottenuta col presentare documenti falsi e forti somme di denaro. Invero sono ben pochi quelli che fanno valere una legge, emanata ad hoc, secondo la quale era da considerarsi “ariano” l’ebreo che dimostrava di essere figlio di un adulterio. Gli altri si adattano a vivere come possono, si organizzano in seno alle stesse Comunità e continuano, malgrado le loro peggiorate condizioni, ad aiutare i fratelli d’oltralpe che dall’avvento di Hitler al potere sono affluiti numerosi in Italia, privi di mezzi e bisognosi di cure. La Delasem (Delegazione Assistenza Emigranti), una Società creata a questo scopo, provvede i profughi del necessario.