Capitolo 2 – Gli Ebrei nell’impero ottomano fino alla metà del secolo XVII
Le fonti
Generalità
Gli ebrei in Turchia durante il periodo dell’apogeo della potenza turca: a) Prima metà del secolo XVI; b) Yosèf Hanasì; c) Shelomò Ashkenazi
Rinascita in Èretz Israèl: a) Gerusalemme e Tzefàt; b) Tentativo di ricostituzione del Sinedrio
Africa settentrionale
Gli Ebrei nel periodo di decadenza dell’impero ottomano
Le fonti
Molte notizie si rilevano dalle opere di Yosèf Hakohèn, Eliàhu Capsali, Yosèf ibn Verga per gli avvenimenti a loro contemporanei e dalle fonti e dai documenti di storia generale del periodo. Per Èretz Israèl sono importanti le relazioni di viaggiatori diversi e documenti vari. Informazioni, specialmente per la vita delle Comunità, si ricavano da raccolte di responsi rabbinici. Per il tentativo di ricostituzione del Sinedrio servono di fonte specialmente documenti scritti di Yosèf Karo e Levì ben Chavìv e di altri rabbini del tempo.
Generalità
Il maggior numero degli esuli dalla penisola iberica trovò rifugio nei territori dell’impero ottomano che, dopo la caduta di Costantinopoli in mano dei Turchi (1453), comprendeva i territori della penisola balcanica (Grecia, Turchia europea, Albania), dell’Asia minore, del medio oriente, dell’Africa settentrionale, con capitale Costantinopoli.
I sovrani turchi, musulmani di religione, videro negli Ebrei un elemento che permetteva loro di gareggiare vittoriosamente con le potenze cristiane d’Europa, e di fatto gli Ebrei ebbero parte notevolissima nel commercio e nell’industria dell’impero ottomano e contribuirono in gran parte alla sua prosperità. Non occorre dire che presso di loro furono anche coltivate le scienze, specialmente la medicina e la letteratura ebraica. Sotto il governo turco, anche Èretz Israèl attraversò un periodo di rifioritura. Le buone disposizioni dei Turchi verso gli Ebrei fecero sì che affluissero in Turchia, oltre a gran parte degli esuli dalla penisola iberica, che vi pervennero direttamente, anche molti di essi che avevano trovato rifugio provvisorio in altri paesi ed anche provenienti da altre regioni d’Europa. Le Comunità più importanti e numerose si formarono a Costantinopoli e a Salonicco; ma numerosissime altre ne esistettero. Come in tutti i paesi, anche in Turchia gli Ebrei furono sottoposti a gravi tasse.
In genere gli Ebrei provenienti dai vari paesi costituirono altrettanti gruppi separati e conservarono la lingua e le consuetudini dei luoghi da cui provenivano. Così avvenne che, mentre le lingue dominanti fra gli Ebrei furono quelle della penisola iberica, anche altre, come il greco, l’italiano e i suoi dialetti, la parlata ebraico-tedesca (Yiddish) vi ebbero diffusione e così vi vennero instaurati i vari usi liturgici. Non di rado vi furono dei contrasti, anche forti, tra gli appartenenti a gruppi diversi, ma per alcuni argomenti di importanza generale tutti procedevano d’accordo, ed erano soggetti ad un capo riconosciuto anche dal governo. Specialmente notevole, negli inizi del periodo di cui ci occupiamo, fu Eliàhu Mizrachì (1495-1525 circa) capo spirituale e politico di tutto l’Ebraismo dell’impero.
Gli Ebrei in Turchia durante il periodo dell’apogeo della potenza turca
a) Prima metà del secolo XVI
Sotto i sultani Bayazid II (1489-1512) e Salim I (1512-1520) ebbe origine l’importanza dell’elemento ebraico in Turchia, di cui sopra abbiamo parlato. L’età di Solimano il Magnifico (1520-1566) segna l’apogeo della potenza turca e della importanza e prosperità degli Ebrei. Non mancarono però atti ostili verso di questi e nel 1545 furono sottoposti a supplizio e poi messi a morte alcuni Ebrei in seguito ad accusa di omicidio rituale. Riconosciutosi in seguito che si trattava di calunnia, il medico ebreo Moses Hamon, assai influente nella corte, ottenne che fossero prese disposizioni atte a far sì che simili casi non si ripetessero, e di fatto accuse di omicidi rituali non vennero più avanzate.
b) Yosèf Hanasì
Un certo Yosèf, detto poi Nasì, imparentato con una famiglia Mendes, già proprietaria di un banco a Lisbona con filiale nelle Fiandre e che dopo molte peripezie e peregrinazioni nelle Fiandre e a Venezia si era definitivamente trasferita a Costantinopoli, acquistò grandissima importanza politica in Turchia e si rese benemerito presso i suoi fratelli ebrei. Capo di una grande casa commerciale e finanziaria con relazioni internazionali vastissime e uomo di grande cultura, acquistò influenza notevole alla corte di Solimano, diventato poi sultano, e insieme con la suocera Grazia Mendes fu attivissimo nelle opere di aiuto degli Ebrei e specialmente dei Marrani di vari paesi. A lui si dovette principalmente se il governo turco obbligò il papa Paolo IV a liberare dei Marrani sudditi turchi residenti in Italia.
Ottenuto un territorio nelle vicinanze di Tiberiade, Yosèf pensò di fondarvi degli stabilimenti agricoli, specialmente con piantagioni di gelsi per i bachi da seta, nei quali avrebbero trovato lavoro Ebrei provenienti da vari paesi, che di fatto si prepararono ad accorrervi (1564). Il progetto però, in seguito all’opposizione degli Arabi e per altre cause, non venne realizzato.
Succeduto a Solimano il figlio di lui Salim II (1566-1574), si accrebbe ancora l’influenza esercitata da Yosèf, che ebbe in dono l’isola di Nasso e altre isole del mare Egeo col titolo di duca di Nasso. Egli non risiedette quasi mai nell’isola, ma ne affidò l’amministrazione a suoi incaricati e ne trasse grandi vantaggi. Non poche questioni politiche e diplomatiche internazionali furono risolte da Yosèf o in base a suoi consigli. Avendo indotto il sultano a muover guerra alla repubblica di Venezia per toglierle il possesso di Cipro, la repubblica veneziana decretò gravi sanzioni contro gli Ebrei fino a deciderne l’espulsione, ma dopo la vittoria turca e la perdita di Cipro, dovette recedere dalle sue decisioni per evitare che Yosèf mettesse ostacoli alla conclusione di un trattato di pace fra Venezia e la Turchia. Parecchi sovrani che furono in rapporti con la Turchia tributarono onori e doni a Yosèf.
Il duca di Nasso si trovò in grave pericolo quando, dopo essere riuscito ad ottenere dal governo turco disposizioni che ostacolavano il commercio con la Francia perché il governo di questa si rifiutava di pagare i suoi debiti verso la banca di Yosèf, questi venne accusato dai suoi nemici, anche Ebrei, di inganni e tradimenti, ma alla fine le trame dei suoi avversari vennero sventate (1571).
Morto Salim (1574), il suo successore Murad II allontanò Yosèf dalla vita politica ed egli passò gli ultimi anni nel suo palazzo sulle rive del Bosforo, dedito a opere di assistenza e beneficenza e a studi. Morì nel 1579.
c) Shelomò Ashkenazì
Contemporaneo di Yosèf Hanasì e anch’egli attivo come uomo politico e dotto, per quanto assai meno importante, fu Shelomò Ashkenazì: nato a Udine, cittadino di Venezia e vissuto in vari paesi, dove esercitò la medicina, finì per trasferirsi anch’egli in Turchia dove fu assai apprezzato per la sua abilità politica e per la sua conoscenza di molte lingue. Avversario politico di Yosèf perché, a differenza di questo, tendeva a favorire la repubblica di Venezia fu, dopo la guerra, ambasciatore a Venezia nel 1574. Anch’egli si valse della sua influenza a favore degli Ebrei e agì per impedire l’espulsione di questi dalla repubblica veneta nel 1573.
Rinascita in Èretz Israèl
a) Gerusalemme e Tzefàt
Anche Èretz Israèl e particolarmente Gerusalemme accolsero un certo numero di profughi dalla penisola iberica. Gerusalemme cominciò a rifiorire fin dai tempi di ’Ovadià di Bertinoro (vedi vol. II, pag. XXX), ma il fanatismo cristiano e musulmano non permisero alla Comunità di svilupparsi molto. L’afflusso di provenienti da vari paesi si fece più intenso dopo che il paese venne conquistato dai Turchi (1517) e assunse particolare importanza la Comunità di Tzefàt (Safed) diventò centro dei kabbalisti (vedi vol. II, pag. XXX).
La popolazione ebraica viveva di commercio, specialmente con la Siria, e di artigianato, e non occorre dire che fiorivano gli studi ebraici.
b) Tentativo di ricostituzione del Sinedrio
È poi da segnalarsi un ardito tentativo di tornare a fare di Èretz Israèl il centro spirituale dell’Ebraismo mondiale. L’iniziatore del movimento fu Ya’akòv Berav (1474-1541) a Tzefàt che, d’accordo con alcuni altri rabbini, decise la ricostituzione del Sinedrio e nominò alcuni dotti a membri di esso (1538). Il tentativo incontrò grave opposizione da parte dei rabbini di Gerusalemme, a capo dei quali era Levì ben Chavìv. Tra i due dotti e i loro seguaci ci furono gravi lotte, alle quali si volle qualche volta perfino interessare il governo, e la cosa non ebbe seguito.
Africa settentrionale
Dopo che anche l’Egitto venne conquistato dai Turchi (1517), si fecero più vivi i rapporti fra gli Ebrei d’Egitto e quelli di Èretz Israèl, e anche l’Egitto accolse numerosi profughi: ad Alessandria e al Cairo si aggiunsero alle antiche Comunità quelle fondate dai Sefaradìm. Gli Ebrei di Alessandria ebbero parte attivissima nel commercio, specialmente per le comunicazioni che attraverso quel porto avevano luogo con le repubbliche marittime italiane di Genova e Venezia e con le Indie. Per quanto il governo turco avesse abolito ufficialmente la carica di Naghìd (vedi vol. II, p. XXX) di fatto gli Ebrei d’Egitto ne attribuirono le funzioni ai rabbini del Cairo che esercitavano la loro autorità su tutto l’Egitto.
Particolarmente degno di nota è David ben Zimrà, nativo della Spagna, passato poi in Africa e a Tzefàt, e nominato quindi rabbino del Cairo. Notevole è la sua attività tendente a sanare i contrasti tra i membri della Comunità antica e i nuovi immigrati.
La fedeltà che gli Ebrei d’Egitto mostrarono al governo turco in occasione di un tentativo di rivolta li mise in grave pericolo quando i rivoltosi ebbero il sopravvento, ma poi l’arresto e l’esecuzione capitale del capo dei rivoltosi (1524) li salvarono ed essi stabilirono una festa in commemorazione dell’avvenimento (28 adàr).
Anche in altre regioni dell’Africa settentrionale, Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, trovarono per qualche tempo rifugio esuli dalla penisola iberica, ma poi, quando negli inizi del secolo XVI la Spagna conquistò alcune città dell’Africa, le Comunità ebraiche vennero annientate e i loro membri trovarono per lo più anch’essi rifugio in Turchia.
Gli Ebrei nel periodo di decadenza dell’impero ottomano
Il periodo di decadenza e di dissoluzione dell’impero ottomano, dalla seconda metà del secolo XVI alla metà del XVII, non produsse cambiamenti notevoli nelle condizioni degli Ebrei, ma venne a mancare l’influenza esercitata da uomini come Yosèf Hanasì e Shelomò Ashkenazì, e nella Turchia asiatica gli Ebrei furono spesso soggetti all’umore e ai capricci dei capi locali.
Si notò pure una tendenza all’emigrazione dalla Turchia europea alla Turchia asiatica e acquistò notevole importanza la Comunità di Smirne.
Anche in Èretz Israèl continuarono a fiorire specialmente le Comunità di Gerusalemme e di Tzefàt che attiravano di continuo nuovi elementi da vari paesi e cedevano accrescere la loro popolazione, nella quale avevano grande prevalenza i Sefarditi. Tzefàt ebbe poi grandissima importanza per la diffusione e lo sviluppo degli studi kabbalistici.