Capitolo 19 – La vita spirituale degli Ebrei nel secolo XIX fino alle origini del Sionismo
Generalità
Germania: a) L’assimilazione; b) La riforma e i suoi avversari; c) La scienza del Giudaismo
Italia: a) Generalità; b) Echi della riforma; c) La scienza dell’Ebraismo, gli studi profani e la cultura; d) Le Comunità e le scuole
Francia
Belgio e Olanda
Inghilterra
Austria e Boemia: a) Generalità; b) La riforma; c) La scienza dell’Ebraismo
Galizia
Russia e Polonia soggetta alla Russia: a) Chassidìm, Mitnagghedìm, Maskilìm; b) La scienza del Giudaismo e la rinascita letteraria.
Ungheria
Turchia e paesi soggetti
America del Nord
Generalità
La vita spirituale degli Ebrei d’Europa nel secolo XIX fino alle origini del Sionismo è determinata soprattutto dal contrasto fra la tendenza conservatrice e la tendenza assimilatrice, e dai tentativi per conciliare le due tendenze.
In tutti i paesi una parte della popolazione voleva uscire dall’isolamento in cui l’Ebraismo si era trovato, dato che non erano più così vive come nel passato o erano cessate del tutto o quasi l’opposizione da parte non ebraica a fare partecipare gli Ebrei alla vita spirituale e culturale del resto della popolazione.
Il movimento di assimilazione mirava a eliminare del tutto o a ridurre al minimo la cultura specificamente ebraica e quindi a dare alle nuove generazioni buona conoscenza della lingua, della letteratura della storia della popolazione predominante, escludendo del tutto o quasi lo studio della lingua ebraica e dei documenti dello spirito ebraico, quali la Bibbia, il Talmud, le opere di argomento rituale.
All’opposto non mancavano coloro che vedevano in ogni assorbimento di cultura estranea all’Ebraismo un allontanamento dal pensiero ebraico e dalla pratica della vita ebraica, col pericolo che le nuove generazioni perdessero ogni attaccamento all’Ebraismo e si avviassero all’abiura. Fra le due tendenze estreme si notava quella di coloro che ritenevano necessaria la cultura generale e che pensavano che essa dovesse e potesse fondersi armonicamente con quella ebraica, e che quindi si dovesse dare ai giovani una educazione ed una istruzione che li rendessero dal punto di vista culturale non inferiori ai non Ebrei e allo stesso tempo forniti di cultura ebraica.
Così avvenne che continuarono a esistere scuole di tutti i gradi che funzionavano coi vecchi sistemi con esclusione di tutto quello che non era esclusivamente ebraico, accanto ad altre, avversate dai conservatori, in cui cultura generale e cultura ebraica erano entrambe coltivate, con molte gradazioni secondo la prevalenza che si dava all’una o all’altra, con l’adozione di sistemi moderni anche per l’insegnamento ebraico; mentre gli assimilatori più spinti facevano senz’altro frequentare ai loro figli le scuole pubbliche, se, come ormai avveniva quasi dappertutto, vi erano ammessi gli Ebrei, e non davano loro nessuna cultura ebraica e provvedevano a che essi acquistassero, per mezzo di istruttori privati, o di istituti delle Comunità, quelle nozioni di “religione” o di lingua ebraica che essi ritenevano indispensabili per conservare in loro un minimo di Ebraismo.
Le stesse tendenze si manifestavano nella vita e nell’esercizio delle attività quotidiane. Alcuni mantenevano, a costo di qualunque sacrificio, nella sua integrità la vita ebraica, altri ritenevano che ormai questa dovesse essere del tutto abbandonata o che le sue manifestazioni dovessero limitarsi all’interno delle pareti domestiche e delle sinagoghe, altri giudicavano che si dovessero seguire quelle norme di vita ebraica che non fossero in contrasto con la piena partecipazione alla vita civile e politica, ma che, in caso di contrasto, quelle dovessero e potessero essere trascurate. Non occorre dire che gli assimilatori più spinti giunsero spesso al matrimonio misto, all’abiura e alla cancellazione di ogni traccia di Ebraismo nelle generazioni future.
In genere poi l’Ebraismo era considerato, sia da Ebrei che da non Ebrei, come religione e, salvo che nei paesi dove gli Ebrei erano molto numerosi e non considerati cittadini pari agli altri, si andava spegnendo, o si era spento, il concetto della nazionalità ebraica.
Germania
a) L’assimilazione
La tendenza assimilatrice si manifestò particolarmente viva in Germania. Gli Ebrei delle classi più ricche e socialmente più elevate si interessarono alla letteratura e alla filosofia tedesca, e, prima ancora di essere emancipati dal punto di vista civile e politico, assorbirono completamente la cultura tedesca ritenendo anche, come sostenevano spesso i governi, che questo assorbimento fosse condizione necessaria per l’emancipazione. Le case di alcuni di essi divennero centro di riunioni di letterati tedeschi. Particolarmente famoso in questo senso fu a Berlino il salotto di Henriette Herz (1764-1847) figlia di un medico di origine sefardita e moglie del filosofo ebreo Markus Herz.
Uno dei più gravi sintomi dell’assimilazione è il grande numero di casi di conversione al Cristianesimo, mossi non tanto da convinzione della verità delle dottrine di questo ma dal fatto che, affievolitosi e quasi cessato ogni attaccamento all’Ebraismo, non si vedeva ragione di non entrare a far parte delle Comunità religiose della maggioranza, per essere più facilmente accolti senza restrizioni nella società di questa: fra l’altro la stessa Henriette Herz e quasi tutti i discendenti di Mendelssohn si battezzarono e divennero protestanti o cattolici. Le cose giunsero a tal punto che il governo stesso, nel 1870, vietò agli ecclesiastici cristiani di battezzare Ebrei che non dimostrassero la serietà delle loro intenzioni.
L’assimilazione si manifestò anche in forme meno gravi, ma pure tali da aprire la strada all’allontanamento dall’Ebraismo. Ricorderemo, fra l’altro, la tendenza a distinguere, nella vita ebraica tradizionale, norme considerate essenziali, da conservarsi, e altre, credute secondarie, da abbandonarsi, o quella di non considerare obbligatorie le norme talmudiche e a dare importanza solo a quelle credute bibliche. In base a questi principi si formò, a Berlino, una Comunità con un programma di profonde riforme che si staccò da quella ufficiale: praticamente però non fece quasi altro che abbandonare l’uso di seppellire i cadaveri nel giorno stesso del decesso.
Negli assimilatori trovarono naturalmente piena adesione le decisioni del Sinedrio napoleonico e, di conseguenza, le scuole ebraiche mirarono non a formare degli Ebrei, ma dei Tedeschi di religione ebraica, religione poi che si limitava all’affermazione di vaghe formule e si manifestava solo colla presenza rare volte nelle sinagoghe durante l’anno e che non esercitava nessuna influenza nella vita. Negli ambienti assimilati andò poi rilassandosi, come era spesso avvenuto negli ambienti socialmente elevati della popolazione non ebraica, la rigidità dei costumi morali, e andò accentuandosi la tendenza a considerare come scopo principale della vita il soddisfacimento dei piaceri materiali.
Anche la lingua che prima abitualmente parlavano gli Ebrei dei paesi tedeschi, lo yiddish, andò di mano in mano cedendo il posto al tedesco e non pochi scrittori ebrei in lingua tedesca sono da notarsi. Fu anche fatto qualche tentativo di fare rivivere la lingua ebraica biblica, ma senza successi notevoli. Non occorre dire poi che, anche in alcuni elementi più fedeli all’Ebraismo, continuò a fiorire e progredì il movimento della Haskalà, tendente a diffondere tra gli Ebrei la cultura generale senza rinunciare a quella ebraica.
b) La riforma e i suoi avversari
Tra le manifestazioni dell’assimilazione occupa un posto speciale quella che si usa designare col nome di riforma, nata e sviluppatasi in Germania. In contrasto col movimento che tendeva a togliere tutto quello che distingueva gli Ebrei dai Cristiani e che quindi portava necessariamente al battesimo, si proponeva di mantenere in vita l’Ebraismo come religione spogliandolo di molte delle sue caratteristiche e introducendo nel culto forme proprie di quello di altre religioni, e credeva di potere con questo impedire che specialmente i giovani abbandonassero del tutto l’Ebraismo. Il movimento di riforma ebbe origine da una doppia serie di fattori, interni ed esterni. Da una parte, gli Ebrei che avevano assorbito gran parte della cultura non ebraica non trovavano più soddisfacimento spirituale nell’attenersi a modi di vita peculiari dell’Ebraismo, e d’altra parte ritenevano che, essendosi ottenuta l’emancipazione, o aspirandosi ad ottenerla, l’Ebraismo dovesse rinunciare del tutto al suo carattere di nazione e diventare soltanto una religione: questo punto di vista che, come già sappiamo, era stato in origine quello sostenuto da Napoleone, aveva finito per avere dei seguaci e dei sostenitori convinti anche fra gli Ebrei. Una delle prime manifestazioni pratiche della tendenza alla riforma si ebbe nel 1815 quando Israel Jacobson, proveniente dalla Westfalia e che era stato presidente del concistoro di Kassel, apri nella propria casa un bet hakkenèset nel quale il culto ebraico doveva avvicinarsi a quello delle chiese protestanti: parte delle tefillòt venivano recitate in tedesco e con accompagnamento di coro; in essa il padrone di casa stesso teneva discorsi in tedesco: fu introdotto il costume luterano della “confermazione” dei ragazzi e delle ragazze: quella dei primi in sostituzione della cerimonia ebraica del bar mitzvà. Il figlio di Jacobson celebrò in questa nuova forma la sua “confermazione” e in seguito si battezzò, e finì per diventare sacerdote cattolico. Nella stessa Berlino si aprì poi un altro bet hakkenèset privato dallo stesso tipo nel quale fu introdotto anche il suono dell’organo. Venne aperto poi un vero e proprio bet hakkenèset del nuovo tipo nel quale si radunavano i seguaci della riforma, mentre i conservatori continuavano a frequentare quello antico; ma la cosa ebbe breve durata perché nel 1823 il governo prussiano vietò agli Ebrei di pregare pubblicamente in forma diversa da quella tradizionale antica e anche i discorsi in lingua tedesca vennero proibiti.
La riforma era intanto passata anche in altre città e ad Amburgo fu, nel 1818, solennemente inaugurato un bet hakkenèset riformato che venne chiamato “Tempio” e fu compilato uno speciale siddùr nel quale, alle tefillòt in ebraico, dalle quali venne tolto tutto quello che esprimeva concetti di nazionalità ebraica e messianici, furono aggiunte tefillòt in tedesco; anche in esso furono introdotti il suono dell’organo e la predicazione in tedesco. Naturalmente i conservatori si opposero a queste novità e i rabbini di Amburgo e di altre Comunità dichiararono proibito frequentarli e recitare le tefillòt nelle formule da esso adottate.
Le controversie fra riformatori e conservatori uscirono poi anche dal campo del culto in senso stretto e si estesero a quello che riguarda i fondamenti dell’Ebraismo e l’esercizio delle mitzvòt in genere. I riformatori pensavano che, fermi restando quelli che secondo loro erano i principi fondamentali dell’Ebraismo, essi dovessero essere adattati alle concezioni filosofiche e alle idee correnti del tempo e che non si dovesse mantenere l’esercizio delle mitzvòt nelle forme in cui si erano cristallizzate dopo un lungo sviluppo, ma che dovessero adattarsi ai gusti e alle pretese necessità dei tempi, mentre i conservatori ritenevano che si dovessero modificare gli Ebrei per rendere loro accette le mitzvòt nelle forme tradizionali e non modificare queste per renderle accette a quelli.
Tra rappresentanti della prima tendenza è da ricordare principalmente Abram Geiger (1810-1874), fra quelli della seconda Samson Refael Hirsch (1808-1888). I seguaci di entrambe le tendenze concordavano nel ritenere che ora l’Ebraismo fosse esclusivamente una religione senza alcun carattere nazionale, con la sola differenza che i riformatori pensavano che la nazionalità ebraica dovesse considerarsi definitivamente scomparsa, mentre i conservatori aspiravano alla sua ricostruzione nell’età messianica.
Tra i conservatori poi si notavano due correnti: quella a cui apparteneva S.R. Hirsch, secondo il quale si poteva e si doveva acquistare cultura moderna e profana, senza per nulla rinunziare a quella ebraica, mentre altri pensavano che ogni cultura diversa da quella tradizionale ebraica portasse necessariamente all’allontanamento dall’Ebraismo.
La divisione fra conservatori e riformatori ebbe sanzione ufficiale a Breslavia; essendo riusciti i riformatori, dopo vari contrasti, a ottenere che fossero affidate funzioni rabbiniche a Geiger e non avendo aderito i rabbini conservatori a collaborare con lui, furono nominati due rabbini; uno, Geiger, per i riformatori e uno per i conservatori (1843).
I riformatori, che non erano d’accordo intorno ai limiti entro i quali la riforma dovesse essere applicata, tennero varie riunioni e fondarono varie associazioni per dare unità al movimento, ma invano. La tendenza comune a tutti, a cancellare dall’Ebraismo ogni carattere nazionale, giunse in alcuni fino al punto di negare la credenza nel messia o a intenderla come vaga aspirazione a pace universale, escludendo quella alla riunione dei dispersi d’Israele e alla ricostituzione di uno stato ebraico indipendente. Alcuni si fecero propugnatori dell’idea secondo cui l’esilio e la dispersione sono le condizioni necessarie e provvidenziali perché gli Ebrei, confusi coi vari popoli, esercitino la funzione a cui sono chiamati di diffondere nel mondo il principio della unità di Dio. Tutti i riformatori stabilirono che parte almeno delle tefillòt venissero recitate in tedesco, e alcuni giunsero al punto di escludere del tutto l’ebraico, in quanto l’uso di questa lingua presuppone un carattere nazionale dell’Ebraismo. Nelle deliberazioni di alcune riunioni si comprese l’annullamento dell’autorità del Talmud e l’obbligatorietà di attenersi alle decisioni del Sinedrio napoleonico, l’istituzione di servizi rituali festivi in giorno di domenica, l’abolizione del secondo giorno delle feste solenni; confermatasi la distinzione nell’Ebraismo fra leggi “religiose” e leggi “nazionali”, in vigore le prime, abrogate le seconde, si limitò l’autorità dei rabbini alle leggi “religiose”, stabilendo che la determinazione della categoria a cui assegnare le varie leggi fosse di competenza esclusiva dei governi dei singoli stati; si decise che il matrimonio misto fosse lecito se il governo non vietava che i figli fossero considerati Ebrei; si manifestò una corrente che tendeva a considerare non obbligatoria la milà, che di fatto alcuni riformatori non fecero eseguire sui loro figli. Discussioni sulla riforma delle norme sul riposo sabbatico non giunsero a conclusione.
In varie città della Germania vennero fondate Comunità e aperte sinagoghe nelle quali si adottarono in tutto o in parte le riforme di cui sopra. S’intende che queste furono invece del tutto condannate dai conservatori, e si hanno molti documenti della polemica fra le due correnti.
Dopo che la direzione di parecchie Comunità fu in mano dei riformatori che introdussero nella vita ufficiale della Comunità norme ed usi a cui i conservatori non potevano aderire, questi costituirono delle Comunità separate che furono dette “ortodosse”. Particolarmente vivi furono i contrasto a Francoforte, che divenne il centro della “ortodossia” sotto la guida di S.R. Hirsch, autore di una quantità di scritti nei quali sostiene le sue idee e di commenti a libri biblici e alle tefillòt.
I riformati fecero per qualche tempo capo al Geiger fino a che, nel 1869, questi si trasferì a Berlino come predicatore dei riformati: anche a Berlino, e poi in altri luoghi, si costituirono delle Comunità “ortodosse”.
In Germania si ebbero tre istituti, con tre tendenze diverse, destinati alla preparazione dei rabbini: fin dal 1854 fu fondato a Breslavia un collegio rabbinico di tendenza conservatrice moderata sotto la direzione di Z. Frankel, nel 1872 fu fondata dal Geiger a Berlino una scuola superiore per la scienza dell’ebraismo, con tendenza spiccatamente riformatrice, e in seguito Azriel Hildesheimer fondò nella stessa città un seminario rabbinico “ortodosso”.
I riformati cercarono, ma con poco successo, di dare unità al loro movimento e di stabilire quali mitzvòt dovessero essere conservate e in che forma essere osservate: notevole un “Sinedrio” radunatosi ad Amburgo nel 1871, nel quale furono decise facilitazioni per quello che riguarda norme matrimoniali, l’osservanza dello shabbàt e delle feste, e altre.
Nel complesso si può dire che i risultati della riforma, nel senso sopra indicato, furono del tutto negativi, in quanto essa distrusse molto di quello che aveva mantenuto in vita l’Ebraismo, senza portare nessun elemento costruttivo, avviò molti ad abbandonare l’Ebraismo, senza riuscire a renderlo accetto, come alcuni riformatori si proponevano, ai giovani e alle persone colte, né a sostituire qualche cosa di vitale a certe manifestazioni tradizionali che erano in decadenza e che sembravano avviate a cessare del tutto.
Indipendentemente dai contrasti di tendenza fu fondata, nel 1869, una lega delle Comunità israelitiche di Germania per provvedere ad esigenze di interesse generale: di essa fecero parte numerose Comunità sia conservatrici che riformate.
c) La Scienza del Giudaismo
Collegato in certo modo col movimento di riforma, ma con scopi e risultati del tutto diversi, è quello che condusse in Germania alla scienza del Giudaismo. I riformatori e i conservatori, specialmente i primi, per sostenere le loro idee, sentirono il bisogno di studiare scientificamente i principi e la storia dell’Ebraismo sulle loro fonti primitive e di indagare su queste. Essi si proponevano anche degli scopi pratici: mostrare agli Ebrei le glorie del loro passato e la loro nobiltà e far vedere ai non Ebrei che non era giusto considerarli come esseri inferiori: così essi agirono anche in favore dell’emancipazione. Oltre a ciò essi vollero applicare allo studio dell’Ebraismo i metodi critici che al loro tempo cominciarono ad essere applicati in Germania alle varie scienze storiche e filosofiche. Si formarono delle società per la scienza e la storia dell’Ebraismo, si fondarono riviste e si pubblicarono volumi.
Tra i primi rappresentanti di questa corrente noteremo il già ricordato Abramo Geiger, il seguace moderato della riforma Zacharias Frankel, Leopold Zunz, anch’egli riformatore moderato. In genere i seguaci della “Scienza dell’Ebraismo” si mantennero fedeli a questo, e lottarono contro l’assimilazione e l’apostasia.
Specialmente coltivati furono gli studi storici, e in questo campo va segnalata in modo particolare la grande opera di Heinrich Graetz in tedesco Storia degli Ebrei dalle origini ai suoi tempi. Oltre al suo grande valore scientifico in quanto essa cita, critica e talvolta riporta le fonti, l’opera del Graetz è da segnalarsi in quanto rappresenta la reazione contro la concezione prevalente in Germania ai suoi tempi, che negava all’Ebraismo il suo carattere nazionale. Nell’opera del Graetz è presupposto e messo in rilievo questo carattere, in conseguenza del quale Israele non è concepito come setta religiosa ma come popolo che ha la sua religione. L’opera del Graetz fu poi tradotta quasi integralmente e con aggiunte in ebraico e ne furono pubblicati riassunti in varie lingue. Esso servì in seguito di base a tutte le opere di storia ebraica che furono scritte fino ai giorni nostri.
Italia
a) Generalità
In Italia, la conseguita parità di diritti ebbe per conseguenza nuovi progressi dell’assimilazione, per cui gli Ebrei finirono per considerarsi essi stessi del tutto estranei all’Ebraismo come nazione: essi continuarono a sentirsi di religione israelitica e non fu in genere grande il numero delle apostasie; ma presso i più andò riducendosi al minimo, fino a scomparire quasi del tutto, l’osservanza delle norme della vita ebraica, e andarono di mano in mano rendendosi più numerosi i casi di matrimoni misti, in conseguenza dei quali solo una parte dei discendenti da Ebrei furono e si considerarono appartenenti all’Ebraismo.
b) Echi della riforma
Echi della tendenza alla riforma si sentirono anche in Italia, ma essa quasi non ebbe conseguenze pratiche. Nel culto pubblico furono soltanto introdotte in alcune Comunità modifiche quasi insignificanti e soltanto alcuni decenni più tardi. Tra queste sono da ricordarsi: l’omissione di parti della tefillà non obbligatorie secondo il rito, la diffusione dell’uso, del resto già praticato anche prima, di discorsi rabbinici in lingua italiana, la celebrazione della maggiorità religiosa delle ragazze, l’introduzione del suono dell’organo che in Italia fu ammesso, o almeno tollerato, anche da rabbini più rigidamente conservatori. Tentativi di riforme più radicali non riuscirono.
c) La Scienza dell’ebraismo, gli studi profani e la cultura
Alla Scienza dell’Ebraismo e alla rinascita della letteratura ebraica parteciparono alcuni dotti ebrei che collaborarono anche alle pubblicazioni dell’Europa orientale e centrale: in questo campo sono specialmente da ricordare Isacco Samuel Reggio (1784-1855) e soprattutto Samuel David Luzzatto (1800-1865), autore di una grande quantità di libri e articoli nel campo dell’esegesi, della filosofia, della storia ebraica e scopritore ed editore di testi ebraici.
In Italia, dove da molti secoli gli Ebrei si erano avvicinati alla cultura generale, non si ebbero quelle vive opposizioni agli studi profani che si notarono in altri paesi e quelli furono in genere coltivati, insieme a quelli ebraici, anche dai più fedeli alle tradizioni ebraiche e alle norme di vita ebraica.
Questa fu anche la tendenza del Collegio Rabbinico che venne fondato a Padova per gli Ebrei alle province soggette all’Austria, nel quale insegnarono S.D. Luzzatto e Lelio Della Torre. Lo stesso Collegio, diventato Collegio Rabbinico Italiano, fu poi trasferito a Roma e successivamente a Firenze sotto la direzione di Samuel Hirsch Margulies e poi di nuovo a Roma.
Un’altra scuola superiore rabbinica esisteva a Livorno, e vi insegnò Elia Benamozegh (1822-1900), acuto e profondo filosofo, autore di pregevoli scritti di filosofia religiosa e di un commento alla Torà.
Tra i due maestri, che furono i più insigni rappresentanti della cultura ebraica nel loro tempo, ebbero luogo gravi polemiche perché Benamozegh fu un sostenitore delle dottrine mistiche e kabbalistiche, alle quali si opponeva vivamente il Luzzato. Entrambi furono fieri oppositori delle tendenze assimilatrici e riformatrici.
In Italia si pubblicarono dei periodici ebraici, tra cui sono specialmente da ricordare l’Educatore Israelita di Vercelli continuato dal Vessillo Israelitico a Casale Monferrato e poi a Torino e il Corriere Israelitico a Trieste. In essi si pubblicavano notizie sulla vita delle Comunità e articoli su argomenti di cultura e di attualità.
d) Le Comunità e le scuole
Le varie Comunità, naturalmente, in seguito all’emancipazione divennero istituzioni puramente religiose. Esse erano regolate ciascuna dalle proprie norme, approvate dai governi. Nel 1857 il funzionamento delle Comunità del Piemonte venne regolato da una legge di stato: essa fu poi estesa ad alcune delle Comunità che vennero di mano in mano a fare parte del regno d’Italia, ma essa non fu applicata a tutte, ed alcune delle più importanti, come Roma, Firenze, Venezia continuarono a costituire delle società libere.
Nelle Comunità si cercò in vario modo di provvedere all’istruzione ebraica che di solito non andò oltre quella elementare. Le antiche yeshivòt andarono decadendo e finirono per cessare del tutto: in alcune Comunità si fondarono delle scuole per Ebrei nelle quali si seguivano i programmi di quelle generali con l’aggiunta di qualche nozione di lingua ebraica, di storia ebraica e di riti ebraici.
Francia
La vita spirituale in Francia era diretta dal Concistoro centrale di Parigi, i capi del quale, neppure esclusi molti rabbini, manifestarono tendenze spiccatamente assimilatrici. Sintomatico è il fatto che Adolfo Crémieux fece battezzare i propri figli.
Tra i pensatori e gli scrittori Ebrei, tra cui è specialmente da ricordare Giuseppe Salvador, figlio di un discendente di Marrani e di una cattolica, nacque e prevalse l’idea a cui abbiamo sopra accennato che l’esilio, anziché una punizione, è un beneficio per gli Ebrei che vedono così facilitato il loro compito di diffondere fra le genti gli ideali dei profeti.
Nonostante i progressi dell’assimilazione rimase vivo in Francia il senso della solidarietà ebraica. A questo si deve la fondazione della Alliance Israélite Universelle (1860). Il suo programma comprendeva: appoggiare in tutti i paesi i movimenti per l’emancipazione degli Ebrei e il loro progresso spirituale, aiutare tutti gli Ebrei oppressi. Di fatto, essa si proponeva di diffondere la cultura francese presso gli Ebrei dell’oriente. Questo suo atteggiamento ebbe per conseguenza che, dopo che per un certo tempo l’Alliance ebbe aderenti e soci di vari paesi, molti, specialmente in Germania e in Inghilterra, ne uscirono e fondarono associazioni separate.
L’attività della Alliance fu specialmente notevole fra il 1863 e il 1880, sotto la presidenza quasi continua del Crémieux: si occupò del caso Mortara, indusse il governo francese ad agire in favore degli Ebrei della Svizzera, combatté per i diritti degli Ebrei in Romania, influì sul congresso di Berlino (1878) affinché questo obbligasse gli stati balcanici a riconoscere agli Ebrei diritti uguali a quelli degli altri cittadini, tentò invano di agire in favore degli Ebrei di Russia. In seguito agì prevalentemente per la diffusione della cultura europea, e specialmente francese, in Oriente, dove fondò numerose scuole nelle quali il francese era la lingua d’insegnamento.
Anche la Francia ebbe numerosi periodici ebraici in lingua francese ed anche un periodico dedicato alla scienza dell’ebraismo (Revue des étude Juives) a cui collaborarono dotti Ebrei della Francia e dell’estero.
Belgio e Olanda
In Belgio e in Olanda non ebbe diffusione la riforma, e solo piccole innovazioni furono introdotte in alcune sinagoghe, come la predicazione rispettivamente in francese e in olandese. Gli Ebrei si accostarono alla cultura generale, e le scuole moderne, nelle quali non era trascurata la cultura generale, andarono di mano in mano prevalendo in gran parte su quelle di tipo antico.
Inghilterra
Le lotte fra conservatori e riformatori furono per qualche tempo vivissime, e si giunse fino al punto che la Comunità di Londra si rifiutò di riconoscere i matrimoni avvenuti fra conservatori e riformatori. In seguito la riforma andò decadendo e, come altrove, prevalse il mantenimento del culto nelle forme tradizionali, con la sola introduzione, in alcune sinagoghe, come in altri luoghi, del suono dell’organo, della predicazione in inglese e della celebrazione della maggiorità delle ragazze di 12 anni.
Anche in Inghilterra si pubblicarono dei giornali ebraici in lingua inglese. La partecipazione alla scienza del giudaismo da principio fu scarsissima, e si fece notevole solo verso la fine del secolo. Nel campo non ebraico è da segnalarsi l’atteggiamento di simpatia verso gli Ebrei mostrato dalla scrittrice conosciuta col nome di George Eliot: in modo particolare suscitò la sua ammirazione il sentimento nazionale degli Ebrei che aveva impedito la loro assimilazione.
Austria e Boemia
a) Generalità
Nell’Austria propriamente detta e in Boemia e particolarmente a Vienna le condizioni furono analoghe a quelle della Germania, ma la tendenza all’abiura ebbe proporzioni minori, per quanto nel 1810 fosse stata assicurata parità di diritti agli Ebrei che passassero al Cristianesimo.
b) La riforma
Anche il movimento di riforma penetratovi dalla Germania ebbe in Austria proporzioni assai minori. A Vienna, dove non esisteva una Comunità vera e propria ufficialmente riconosciuta, ma dove gli Ebrei autorizzati ad abitarvi o stanziatisi abusivamente costituivano di fatto una Comunità con le sue istituzioni, in un primo tempo non fu introdotta alcuna modificazione nel culto dell’unico bet hakkenèset autorizzato, né ammessa, come avrebbero voluto i seguaci della riforma, la costruzione di un bet hakkenèset moderno; ma poi, in seguito anche al fatto che crollò il soffitto dell’antico luogo di preghiere, fu concessa la costruzione del nuovo, nel quale furono introdotte alcune riforme analoghe a quelle praticate in Italia.
Questa moderazione, che ebbe per conseguenza l’assenza di forti opposizioni, è dovuta specialmente all’opera di I.N. Mannheimer, nativo di Copenhaghen, che divenne il capo del gruppo ebraico di Vienna. Qualche cosa di simile che a Vienna ebbe luogo anche a Praga, sotto l’influenza dei dotti Zacharia Frankel, nativo appunto di Praga e poi ritornatovi, e Shelomò Yehudà Rappoport, profondi conoscitori della letteratura ebraica tradizionale e allo stesso tempo dotati di vasta cultura moderna.
c) La scienza del Giudaismo
La scienza del Giudaismo ebbe suoi cultori anche in Austria. Tra questi sono specialmente da ricordare Adolf Jellinek (1821-1893) predicatore a Vienna, che pubblicò una quantità di testi ebraici specialmente midrashici, a cui prepose delle introduzioni in tedesco; Isaac Hirsch Weiss insegnante nel collegio rabbinico di Vienna, autore di una ampia e pregevole storia della Torà shebealpè (orale), legge tradizionale, dai tempi di Ezrà fino al medioevo, in lingua ebraica; Moshè Güdemann (1835-1918) insegnante anch’egli nel collegio rabbinico di Vienna: le sue opere principali, in tedesco e poi parzialmente tradotte in ebraico, riguardano la storia della cultura ebraica nel medioevo. Anche in Austria si pubblicarono periodici scientifici e popolari di argomento ebraico.
Galizia
In Galizia, soggetta all’Austria, continuarono lotte violente fra i Chassidìm e i loro avversari. I riformatori non ebbero per lungo tempo grande seguito e i loro tentativi di organizzarsi non riuscirono. Ma dopo il conseguimento dell’emancipazione (1848) fondarono delle associazioni che ebbero notevole numero di aderenti: essi però erano divisi fra seguaci del nazionalismo polacco e di quello tedesco.
Gli studi tradizionali sulle yeshivòt continuarono con grande fervore e la Galizia ha parte grandissima nella fioritura degli studi talmudici caratteristica della Polonia.
Polonia e Russia
a) Chassidìm, Mitnagghedìm, Maskilìm
Nelle regioni che avevano costituito la Polonia, e specialmente in quelle che erano state assegnate alla Russia, si andarono acuendo le lotte fra Chassidìm e Mitnagghedìm che non solo turbarono la vita delle Comunità, divise nei due campi, ma uscirono anche fuori dei loro confini, in quanto i Mitnagghedìm prima, e poi anche i Chassidìm denunziarono ai governi e alle autorità non ebraiche i loro avversari come nemici del governo e come sostenitori e diffonditori di principi religiosi aventi carattere di eresia. Ebbero luogo inchieste seguite da arresti, specialmente di Chassidìm. Il governo non prese però alcun provvedimento, e finì per riconoscere anche le organizzazioni dei Chassidìm. Conseguenze di queste lotte fu che quando, specialmente ai tempi di Alessandro I, si discuteva sulle condizioni degli Ebrei, questi non agirono come rappresentanti di un fronte unico, e quindi la loro efficacia fu assai scarsa.
La Haskalà e la assimilazione, avversate sia dai Chassidìm che dai Mitnagghedìm, si manifestarono in Russia assai meno attivamente e diffusamente che in Germania e i pochi seguaci della Haskalà miravano bensì a diffondere la cultura generale fra gli Ebrei, ma in genere non agirono per allontanarli dalla osservanza delle mitzvòt e dalla tradizione. A Pietroburgo si ebbero però, come a Berlino, ma in misura senza confronto minore, casi di conversione al Cristianesimo. In Polonia non penetrò quasi affatto la riforma; anche dotti ebrei seguaci della Haskalà, versatissimi nelle discipline talmudiche e rigorosamente attaccati alla vita ebraica, che non si opponevano alla cultura moderna, vennero osteggiati.
In seguito alla tendenza del governo russo ad assimilare gli Ebrei, questi furono ammessi e quasi obbligati a frequentare le scuole russe; i giovani ebrei assorbirono le idee dei numerosi scrittori russi di tendenze liberali e gran parte di essi si allontanarono dagli studi tradizionali ebraici e dalle concezioni ebraiche sia dal punto di vista religioso che da quello nazionale. Anche in Russia, come altrove, si notò la tendenza a ridurre al minimo la religione e a negare l’esistenza di una nazionalità ebraica, e con questo, del tutto conforme alle direttive del governo, si riteneva di giovare agli Ebrei, che avrebbero acquistato il diritto all’emancipazione.
Nel campo opposto continuarono a militare i nemici di ogni infiltrazione straniera, e fra le due correnti estreme stavano i seguaci del movimento della Haskalà che agirono specialmente come rinnovatori della lingua e della cultura ebraica.
Numerosi periodici delle varie tendenze si pubblicarono in ebraico, in yiddish e in russo.
b) La Scienza del Giudaismo e la rinascita letteraria
Vivissima fu invece in Polonia l’influenza della Germania per quello che riguarda la Scienza del Giudaismo ed è di grande importanza il fatto che, a differenza dei dotti di Germania che scrissero quasi interamente in tedesco, quelli della Polonia scrissero in lingua ebraica, e così iniziarono un movimento di rinascita letteraria ebraica riprendendo il movimento che, sorto in Germania, non aveva però avuto successo.
Gran parte degli scritti dei dotti della Polonia, a cui si unirono poi dotti di altri paesi, vennero pubblicati in due periodici, Bikkurè Ha’ittìm (Primizie dei tempi) di cui uscirono 12 volumi tra il 1820 e il 1831, e Kèrem Chèmed (Vigna preziosa, designazione di Israele) fra il 1833 e il 1843, che contenevano studi sulla storia e la letteratura ebraica, per lo più in ebraico e talvolta in tedesco, scritto in caratteri ebraici, composizioni letterarie originali e traduzioni da opere letterarie moderne straniere.
Tra i più insigni cultori di scienza ebraica in Polonia vanno ricordati il Rappoport per la storia e la letteratura e Nachman Krochmal (1785-1840) per la filosofia; nel suo libro Morè Nevuchè Hazemàn (Guida per gli smarriti del tempo presente) espose un sistema proprio di filosofia della storia ebraica: per timore di opposizione da parte dei conservatori non pubblicò il libro, che uscì dopo la morte dell’autore nel 1851 a cura di Leopold Zunz che vi aggiunse una prefazione.
Tra gli altri scrittori in lingua ebraica, in parte traduttori e in parte autori di opere originali, ricorderemo il poeta Michà Yosèf Lebensohn, figlio dello scrittore Abram Dov, fautore dell’armonia tra “scienza” e “fede”, Avraham Mapu (1808-1867) che in romanzi storici cercò di far rivivere l’ambiente dell’antico Israele, e in altri rappresentò la vita dei suoi tempi e degli ambienti in cui visse, mettendo in rilievo con tendenza critica l’azione dei conservatori estremisti, nemici della cultura, da lui dipinti anche come ipocriti; Yehudà L. Gordon (1830- 1892) autore di poemi epici di argomento biblico e di poesie a celebrazione della Haskalà e in opposizione sia agli oscurantisti che agli assimilatori; Shalom Ya’akòv Abramovitz noto collo pseudonimo di Mèndele Mochèr Sefarìm, autore di racconti nei quali sono tratteggiati con umorismo e con tendenza satirica, alcuni aspetti della vita degli Ebrei del suo tempo; Peretz Smolenskin (1842-1885) nemico degli eccessi della riforma e sostenitore di orgoglioso nazionalismo ebraico che non rifugga dall’imitare quello che di buono che si trova tra i non Ebrei, ma oppositore alla tendenza a imitarli in tutto; Moshè Lev Liliemblum (1843-1910) nemico della completa rigidità della Halakhà e persuaso della necessità della evoluzione di questa.
La Scienza del Giudaismo è rappresentata specialmente da Simchà Pinsker (1801-1864), che si interessò alla storia dei Karaiti e Abram Eliahu Harkawi, autore specialmente di studi importanti sull’età dei gheonìm e di aggiunte alle storie del Graetz.
Gli studi talmudici di tutti i gradi furono coltivati specialmente in Polonia, e questo paese divenne il centro principale degli studi talmudici e halakhici. Numerosissime furono le yeshivòt, che non mancavano in nessun centro ebraico. Esse erano dirette da profondi talmudisti, molti dei quali autori di innumerevoli opere consistenti soprattutto in sottili commenti al Talmud, complementi alle opere ritualistiche classiche, e responsi rituali sui più svariati argomenti. Rabbini provenienti dalla Polonia esercitarono il loro ufficio in molte Comunità di Europa e di America.
Ungheria
In Ungheria le lotte fra riformatori e conservatori furono vivissime e i due campi rimasero del tutto separati: fra i conservatori è da ricordare specialmente il dottissimo rabbino Moshè Sofer (1762-1839), autore di una copiosissima raccolta di responsi rituali, detta Chatàm Sofèr; tra i riformatori più spinti fu specialmente attivo Leopold Low (1811-1875). Sia gli uni che gli altri mostrarono tendenze estremiste: una tendenza intermedia analoga a quella dell’”ortodossia” di S.R. Hirsch non si manifestò in Ungheria. In una sinagoga riformata furono trasportate alla domenica le funzioni del sabato, e i partecipanti stavano a capo scoperto. La Comunità riformata a cui essi appartenevano abolì i divieti relativi ai cibi e l’obbligo della milà. La sinagoga fu poi chiusa per ordine del governo (1852) perché alcuni dei suoi componenti erano giudicati rivoluzionari.
Le lotte ebbero anche dei riflessi politici in quanto i riformatori assecondavano il desiderio del governo che metteva il “miglioramento” degli Ebrei, cioè la perdita di molte loro caratteristiche, come condizione per l’emancipazione. A questo scopo il governo convocò nel 1868 un congresso di rabbini e notabili ebrei che dovevano fissare i principi su cui fondare la vita degli Ebrei e l’organizzazione delle Comunità. Vi parteciparono rappresentanti di entrambe le tendenze; costituendo i riformatori la maggioranza, fu deciso di presentare al governo delle proposte corrispondenti alle loro idee. Il governo le accettò e le impose alle Comunità (1869). L’energica azione dei conservatori obbligò poi il governo ad abrogare queste disposizioni e a riconoscere l’esistenza di due specie diverse di Comunità ebraiche, quelle dei conservatori e quella dei riformatori detti neologhi. Questi fondarono un collegio rabbinico, avversato dai conservatori.
Turchia e paesi soggetti
In tutti i paesi soggetti alla Turchia e specialmente in Èretz Israèl furono vivissime le lotte contro i tentativi di introdurre fra gli Ebrei cultura di tipo europeo, con la fondazione di scuole di tipo moderno, avversata aspramente dalla maggioranza dei capi della popolazione locale, specialmente di quella di origine ashkenazita. Ciononostante qualche istituto moderno di istruzione poté essere fondato, specialmente per opera della Alliance Israélite Universelle: tra questi ricorderemo specialmente la scuola agricola Mikvè Israel fondata nei pressi di Yafo nel 1870.
America del Nord
I numerosi Ebrei immigrati dalla Germania determinarono in America grandi progressi della tendenza riformatrice, che fu ancora più spinta che in Germania. Uno dei rabbini riformati giunse al punto di sopprimere le elegie del giorno del 9 di av, affermando che la distruzione del Tempio e la dispersione di Israele dovevano suscitare sentimenti di gioia, non di lutto, in quanto essi davano modo agli Ebrei di diffondere i principi dell’Ebraismo. L’assimilazione fece in America progressi ancora maggiori che nell’Europa occidentale. Un collegio rabbinico riformato venne fondato a Cincinnati.
I riformati erano di vari gradi e anche fra i più spinti e i più moderati ebbero luogo continue controversie. Ogni Comunità o sinagoga era regolata da norme proprie, e non esisteva alcuna organizzazione ebraica centrale. L’elemento conservatore fu rappresentato specialmente da una parte degli immigrati dalla Polonia.
Verso la fine del secolo dotti Ebrei di America cominciarono a partecipare attivamente al progresso della scienza dell’Ebraismo, coltivata specialmente nel Dropsie College.