Capitolo 13 – Caratteristiche generali della storia ebraica dalla fine del secolo XVIII alla prima guerra mondiale
Condizioni politiche generali degli Ebrei all’inizio della rivoluzione francese
L’emancipazione
L’assimilazione
L’ebraismo integrale e il sionismo
L’antisemitismo
Condizioni politiche generali degli Ebrei all’inizio della rivoluzione francese
Quali fossero le condizioni generali degli Ebrei nella seconda metà del secolo XVIII risulta abbastanza chiaro da quanto esposto nei capitoli precedenti: è però utile, prima di narrare gli avvenimenti che produssero gravi cambiamenti nella situazione degli Ebrei, riassumere brevemente in quali condizioni essi si trovassero.
Per quanto queste non fossero uguali in tutti i paesi e in tutti gli stati, vi è molto di comune, e su questo è necessario che fermiamo la nostra attenzione.
Gli Ebrei erano fuori delle leggi che riguardavano il resto della popolazione e soggetti a norme speciali che consistevano per lo più in restrizioni che ne limitavano la libertà personale e le possibilità di esercitare le loro attività. In genere essi erano stranieri tollerati, che non godevano della protezione di nessuno stato. Potevano risiedere solo in determinate città e villaggi e per lo più erano loro assegnati per abitare quartieri speciali dai quali essi potevano uscire solo in ore determinate e per ragioni speciali. Il permesso di residenza era considerato come un favore che doveva essere pagato con varie tasse speciali che non incombevano sul resto della popolazione. I governi e le autorità locali poi erano soliti, quando sembrava loro opportuno, espellere gli Ebrei da certi luoghi di loro residenza o dall’intero territorio dello stato, confiscando quasi tutti i loro averi e costringendoli quindi a cercare nuove sedi nelle quali non avevano mai la sicurezza di potere rimanere. Solo certe professioni era loro concesso di esercitare, e per lo più le meno dignitose e quelle che per la loro natura suscitavano spesso l’odio e il disprezzo delle popolazioni, come il prestito ad interesse, la vendita di bevande alcoliche, il commercio in abiti usati, il piccolo artigianato.
Il diritto di prestare a interesse veniva di regola concesso per un determinato periodo di tempo, trascorso il quale veniva spesso rinnovato. Anche tale diritto veniva in genere pagato con denaro. Spesso gli Ebrei erano esclusi dal diritto di possedere beni stabili e dall’occuparsi di agricoltura; non occorre dire che non erano ammessi a cariche pubbliche. Fra le professioni liberali, soltanto la medicina era loro permessa, e anche questa con limitazioni. Concorrenza commerciale e differenza di religione inducevano spesso la popolazione non ebraica a mostrare la sua ostilità agli Ebrei e a commettere atti di violenza contro di loro: talvolta i governi cercarono di difendere gli Ebrei, ma non sempre vi riuscirono.
Accuse di omicidio rituale e di atti di disprezzo verso la religione dominante ebbero spesso per conseguenza che si intentassero dei processi, che terminavano per lo più con la condanna di Ebrei, anche se essi erano innocenti, come avveniva sempre nel caso di accuse di omicidio rituale e spesso negli altri casi.
In alcuni paesi non di rado gli Ebrei o i loro rappresentanti erano obbligati ad atti umilianti di omaggio alle autorità civili ed ecclesiastiche, e vigevano leggi che allo scopo di limitare l’aumento naturale della popolazione stabilivano che il diritto di contrarre matrimonio fosse concesso soltanto a determinate persone. Il fanatismo religioso si manifestò spesso coll’imporre il battesimo a Ebrei, specialmente a bambini che venivano sottratti ai loro genitori, battezzati contro la volontà di questi ed educati alla religione cattolica. Verso coloro che, cedendo alla violenza avevano abiurato, ma che cercavano segretamente di praticare l’Ebraismo (Marrani), venivano minacciate e applicate pene severissime e persino il rogo. Frequentemente venivano, per ordine delle autorità, confiscati e distrutti libri ebraici, e su questi era esercitata severa censura per eliminarne tutto quello che era, per lo più a torto, ritenuto come offensivo per la religione cristiana o tale da impedire la conversione degli Ebrei al Cristianesimo.
Non mancavano casi di Ebrei che, per essere riusciti a raggiungere grande ricchezza col commercio, o perché dotati di qualità eccezionali, venivano accolti nell’alta società o ammessi a cariche importanti, ma per lo più questo suscitava sentimenti di invidia e non di rado quegli Ebrei d’eccezione finivano malamente.
L’esercizio della religione ebraica nelle case private e nelle sinagoghe non era in genere impedito o disturbato, ma spesso vigevano restrizioni riguardo all’istituzione o costruzione di nuove sinagoghe, e sulla loro ubicazione. Così pure, sempre con restrizioni, veniva concesso agli Ebrei di provvedere alla macellazione degli animali secondo il rito, e di seppellire i loro morti in cimiteri speciali.
Le Comunità ebraiche, con le loro istituzioni di culto, di istruzione, di assistenza, mantenute dai membri delle Comunità, godevano in genere di larghe autonomie, sotto la guida dei rabbini e dei maggiorenti, erano regolate da loro statuti e talvolta venivano a costituire in un certo senso quasi dei comuni entro il comune, ma erano sempre sottoposte all’ingerenza e all’arbitrio delle autorità che ne concedevano, limitavano o sopprimevano i diritti, e in certi casi persino si intromettevano nella nomina dei rabbini. Esse erano in genere ritenute responsabili del pagamento delle tasse dovute dai loro membri ai governi od ai comuni.
Le questioni civili fra Ebrei venivano di solito sottoposte alle autorità ebraiche locali, ed erano di esclusiva competenza di queste gli argomenti di diritto matrimoniale, familiare e di successione ereditaria.
L’emancipazione
Questo stato di cose che per lunghi secoli parve del tutto naturale sia agli occhi degli Ebrei che dei non Ebrei cominciò, a partire dalla metà circa del secolo XVIII, come già sappiamo, a sembrare ingiusto ad alcuni pensatori sia ebrei che non ebrei, che non vedevano ragione per cui gli appartenenti a un gruppo di persone che appariva diverso dalla maggioranza solo per le sue idee religiose e le pratiche che ne derivano, non dovessero, in tutto il resto, essere considerati cittadini come gli altri, con parità di diritti e di doveri. Così nacque l’idea di quella che si usa chiamare l’emancipazione degli Ebrei. Dopo vari contrasti, questa idea finì gradatamente per prevalere in tutti gli stati d’Europa e a concretarsi nelle loro leggi.
L’assimilazione
Parallelamente all’emancipazione, che riguarda i rapporti civili e politici fra Ebrei e non Ebrei, va notata, come tendenza interna nell’Ebraismo, quella detta dell’assimilazione. Tra gli Ebrei che sostennero la necessità dell’emancipazione, non mancarono quelli che intendevano questa come annullamento di tutto quello che distingueva gli Ebrei degli altri, salvo che per quello che riguarda la religione, da sentirsi nell’interno dell’animo, e da praticarsi entro le pareti domestiche; non si doveva più parlare, come di cose reali nel presente, né di nazionalità ebraica né di civiltà e cultura ebraica: ottenuta l’emancipazione, queste idee si rafforzarono e i seguaci dell’assimilazione pensarono che, pur mantenendo le loro credenze e osservando i loro riti, dovevano essere italiani in Italia, Francesi in Francia ecc. perché, divenuti uguali agli altri, avevano la loro patria nei paesi di cui erano cittadini; nazionalità ebraica e cultura ebraica, che presuppongono differenze di carattere non religioso, dovevano considerarsi appartenenti al passato; l’aspirazione alla ricostituzione di una unità politica in terra di Israele non aveva più ragione di essere se non per quegli Ebrei che non avevano ottenuto l’emancipazione. Solo per questi ultimi si poteva dire, fino a che non avessero ottenuta l’emancipazione, che essi erano di nazionalità ebraica, in quanto nessuno stato li considerava come cittadini; ma per i paesi dove l’emancipazione era stata ottenuta, la nazionalità andava identificata con la cittadinanza, e gli Ebrei, cittadini dei singoli paesi, dovevano essere italiani, francesi ecc. di religione ebraica, o israelitica. I seguaci di queste idee solevano designarsi come Israeliti, anziché come Ebrei. Nei paesi dove non si era ottenuta emancipazione, si doveva, da parte degli Ebrei, cercare di ottenerla rinunziando spontaneamente alla nazionalità ebraica e a quello che distingueva gli Ebrei dagli altri, all’infuori della religione.
L’Ebraismo integrale e il Sionismo
In contrasto con la tendenza dell’assimilazione, va notata la tendenza che si può designare come quella dell’Ebraismo integrale. Per i seguaci di questa, non è possibile distinguere nell’Ebraismo nazionalità da religione. L’emancipazione aveva dato, o poteva dare agli Ebrei, parità di diritti e di doveri a quelli dei non Ebrei: gli Ebrei dovevano eseguire esattamente e lealmente tutti i loro doveri di cittadini, ma andava distinta cittadinanza da nazionalità: cittadini dei vari paesi gli Ebrei erano sempre di nazionalità ebraica; per questo non ci doveva essere differenza fra quelli che avevano ottenuto l’emancipazione e quelli che non l’avevano conseguita, e tutti dovevano anelare alla ricostituzione politica di Israele; solo che, mentre per coloro che erano perseguitati o esclusi del tutto o in parte dalla vita civile, si trattava, oltre che di una aspirazione ideale, anche di una necessità pratica per avere un luogo dove vivere come liberi cittadini, quelli che già vivevano come tali in altro paese, non vedevano la necessità o l’opportunità di abbandonarlo, anche quando fosse esistito un territorio o uno stato ebraico.
Con lo scopo di assicurare agli Ebrei un territorio nel quale potessero vivere liberamente, e nel quale si potesse ricostituire uno stato ebraico, nacquero vari movimenti, il più importante dei quali è quello detto Sionismo.
L’antisemitismo
Anche nel campo non ebraico si hanno due tendenze opposte per quello che riguarda l’emancipazione. Mentre alcuni pensavano che questa andasse mantenuta, applicata rigorosamente e senza eccezione nei paesi dove era stata ottenuta, e che si dovesse cercare di estenderla a tutti gli stati, altri pensavano che gli Ebrei, o perché non avevano accettato la religione che essi credevano vera, o perché appartenenti a una razza inferiore, o perché andavano considerati come stranieri, o perché avevano dei difetti a loro connaturati, dovevano essere soggetti a delle restrizioni: essi sono designati col nome di antisemiti; secondo loro, l’uguaglianza stabilita con l’emancipazione non doveva, di fatto, essere completamente applicata, o doveva essere addirittura negata, ed alcuni giunsero in seguito fino al punto di sostenere la necessità di distruggere gli Ebrei.