Capitolo 10 – Gli Ebrei dell’Europa centrale dalla metà del secolo XVII alla rivoluzione francese
Austria e paesi vicini: a) Condizioni degli Ebrei prima del regno di Maria Teresa; b) Il regno di Maria Teresa; c) Giuseppe II e le sue riforme
Prussia: a) Gli Ebrei sotto Federico Guglielmo, b) I successori di Federico Guglielmo
La Comunità di Amburgo
La Comunità di Francoforte
Condizioni degli Ebrei nei vari stati
Intromissione dei governi nella vita interna delle Comunità
Letteratura antiebraica in Germania
La vita spirituale in Germania: a) Generalità; b) Moshè Mendelssohn; c) Inizio del movimento per l’emancipazione degli Ebrei; d) La Haskalà
Olanda: a) Condizioni civili ed economiche; b) La vita spirituale; c) Barùkh Spinoza; d) Letteratura
Centri minori
Austria e paesi vicini
a) Condizioni degli Ebrei prima del regno di Maria Teresa
La popolazione ebraica dell’Austria e specialmente di Vienna andò crescendo di numero e di prosperità dopo la metà del secolo XVII. Per quanto il paese, nel quale regnava una famiglia assai ligia al Cattolicesimo e strettamente legata a quella che regnava in Spagna, costituisse il principale baluardo cattolico contro il Protestantesimo e le eresie, per qualche tempo gli Ebrei non ebbero a soffrire, e la popolazione ebraica si accrebbe anche per l’afflusso di profughi in conseguenza delle persecuzioni nell’Europa orientale. Ma le cose non durarono così a lungo: i Protestanti, che erano assai perseguitati, si unirono agli altri nemici degli Ebrei, lagnandosi di essere trattati peggio dei “nemici di Gesù”. Di quando in quando si diffusero voci che reclamavano l’espulsione degli Ebrei: la ragione principale per cui esse non furono ascoltate è il fatto che il loro allontanamento non solo avrebbe danneggiato il commercio del paese, ma avrebbe privato l’erario delle forti somme che essi pagavano in cambio della protezione che veniva loro accordata.
I commercianti cristiani, desiderosi di liberarsi dalla concorrenza degli Ebrei, reclamarono l’espulsione di questi impegnandosi a versare al governo somme corrispondenti a quelle che pagavano gli Ebrei, se questi venissero espulsi. Alla fine, nel 1669, l’imperatore Leopoldo I ordinò l’espulsione degli Ebrei, prima soltanto dei poveri che non fornivano denaro al governo, e poi di tutti. Ma ben presto i commercianti cristiani stessi si accorsero del grave danno che avevano recato a loro stessi, sia perché il commercio cominciò a languire e sia perché non trovarono più chi prestasse loro le somme occorrenti. Il governo allora, senza revocare le disposizioni precedenti, ammise determinati Ebrei con i loro dipendenti e le loro famiglie e così si ebbe di nuovo popolazione ebraica. Questa però non ebbe riconoscimento ufficiale, non furono concesse aperture di sinagoghe e la tefillà pubblica si svolgeva di nascosto in case private. Alle antiche restrizioni vennero aggiunte delle nuove, tra cui specialmente grave e barbara quella che concedeva soltanto al primogenito di ogni famiglia il diritto di contrarre matrimonio. Di maggiori diritti godevano soltanto gli Ebrei residenti in Austria che erano cittadini della Turchia perché così fu stabilito nel trattato di pace stipulato nel 1718 fra l’Austria e la Turchia.
Condizioni analoghe si ebbero nei paesi confinanti con l’Austria e in parte dipendenti da essa, come Boemia, Moravia, Slesia, Ungheria. L’afflusso in questi paesi di profughi provenienti dalla Polonia indusse i governi e le amministrazioni locali a imporre agli Ebrei gravi restrizioni riguardanti l’attività di lavoro, i luoghi di residenza e la formazione di nuove famiglie. Non occorre poi dire che gli Ebrei erano oppressi da gravi tasse ed erano continuamente sotto la minaccia di espulsione, oltre che soggetti a pressioni di ogni genere tendenti ad indurli all’apostasia. Nonostante tutto questo, la popolazione ebraica crebbe specialmente in Ungheria, dove non furono prese disposizioni relative alla limitazione dei matrimoni, e dove quindi affluirono numerosi giovani provenienti dai paesi vicini dove non era loro concesso di formarsi una famiglia. Tra le numerose Comunità continuò ad avere particolare importanza quella di Presburgo.
b) Il regno di Maria Teresa
Più gravi si fecero le condizioni degli Ebrei soggetti all’Austria durante il regno di Maria Teresa (1740-1780). Le sconfitte subite nella guerra con la Prussia dettero occasione per accusare gli Ebrei, specialmente quelli di Boemia, di accordi col nemico e di tradimento verso l’Austria. Nel 1744 fu emesso decreto di espulsione dalla Boemia da eseguirsi entro pochi mesi, i primi del 1745, nonostante l’opposizione delle autorità locali e i tentativi di stati esteri di far revocare il decreto. Da Praga uscirono effettivamente tutti o quasi gli Ebrei, molti dei quali rimasero però nei dintorni. Le pressioni dei commercianti danneggiati dall’espulsione degli Ebrei e l’attività diplomatica di stati esteri indussero nel 1748 Maria Teresa a tollerare la presenza degli Ebrei che non erano usciti dal paese e anche il ritorno di alcuni a Praga.
A Vienna gli Ebrei continuarono a essere tollerati e sottoposti a tasse e altre restrizioni che andavano facendosi di volta in volta sempre più gravi. Negli ultimi anni del regno di Maria Teresa la popolazione ebraica soggetta all’Austria venne ad accrescersi di molto, perché in seguito alla prima spartizione della Polonia (1772) la provincia polacca della Galizia, con fortissima popolazione ebraica, entrò a far parte dell’impero austriaco.
c) Giuseppe II e le sue riforme
Il successore di Maria Teresa, Giuseppe II (1780-1790), influenzato dalle nuove idee che si facevano sentire in Germania, segna l’inizio di un nuovo atteggiamento e di una nuova politica verso gli Ebrei. Suo scopo, apertamente dichiarato, era quello di rendere gli Ebrei utili allo stato più di quanto erano stati fino ad allora. Nel suo “Editto di tolleranza” (gennaio 1782) manteneva sì molte delle restrizioni vigenti per impedire l’aumento della popolazione ebraica nei territori posti sotto il suo dominio, confermava il divieto del culto pubblico nelle sinagoghe, ma abrogava l’obbligo fatto agli Ebrei di mostrare con segni esteriori la loro appartenenza all’Ebraismo, e l’imposizione di alcune (non tutte) tasse speciali; li autorizzava a esercitare ogni specie di professione, li ammetteva a frequentare le scuole pubbliche o scuole speciali per loro aventi programmi analoghi. Agli Ebrei veniva fatto obbligo di servirsi della lingua tedesca per tutti i loro libri e documenti commerciali, e venivano stabiliti controlli all’attività rabbinica per quello che riguardava i matrimoni e i divorzi. Gli Ebrei potevano avere in affitto terreni non coltivati a condizione che li coltivassero direttamente essi stessi, e, se si fossero convertiti al Cristianesimo, ne sarebbero divenuti proprietari. Nulla era innovato per quello che riguardava l’esclusione degli Ebrei dai diritti civili e politici. Si trattava di un primo passo per attenuare le differenze fra Ebrei e non Ebrei e per avvicinare gli uni agli altri.
Per disposizione di Giuseppe II gli Ebrei furono per la prima volta soggetti a servizio militare, cosa che incontrò l’opposizione sia dei Cristiani, che male sopportarono che la professione delle armi, considerata attività nobile, fosse esercitata anche dai disprezzati Ebrei, e sia da questi ultimi, che vi videro un nuovo segno di soggezione e che si trovarono costretti ad un sistema di vita del tutto contrario alle loro abitudini e tale da rendere loro difficile l’osservanza delle mitzvòt.
Prussia
a) Gli Ebrei sotto Federico Guglielmo
Dopo che gli Ebrei erano stati espulsi da vari territori della Prussia, Federico Guglielmo I (1640-1688) favorì, per ragioni di interesse commerciale, il loro ingresso nel suo dominio, nonostante l’opposizione di commercianti locali. Dopo l’espulsione degli Ebrei da Vienna (1670) autorizzò a stanziarsi in Prussia un certo numero di famiglie di ricchi.
Tra le restrizioni che vennero loro imposte è da ricordare il divieto di radunarsi in sinagoghe, mentre fu concessa agli Ebrei la tefillà pubblica in case private. S’intende, poi, che come sempre, le concessioni di residenza e la protezione venivano pagate con tasse gravosissime, e le Comunità erano ritenute responsabili per l’adempimento degli obblighi imposti ai singoli loro membri. L’esazione delle tasse dovute dagli Ebrei fu poi affidata a uno speciale funzionario ebreo di fiducia del governo. Oltre alle famiglie ufficialmente autorizzate a stanziarsi in Prussia, anche altre riuscirono a stabilirvisi e la popolazione ebraica, specialmente a Berlino, divenne assai numerosa. Parecchi Ebrei ricchi riuscirono anche a esercitare influenza notevole sul governo.
b) I successori di Federico Guglielmo
Morto Federico Guglielmo e succedutogli Federico I, commercianti e teologi cercarono di far revocare le concessioni agli Ebrei, ma invano.
La popolazione ebraica di Berlino fu agitata da contrasti fra coloro che provenivano da Vienna e il resto della Comunità; nel 1712 fu consentito ai due gruppi di aver un bet hakkenèset, e così venne revocato il divieto precedente di radunarsi in sinagoghe. Poco dopo i due gruppi vennero a un accordo e costituirono una sola Comunità che eleggeva i suoi capi (1714).
Le restrizioni a cui erano soggetti gli Ebrei in Prussia, ai quali in seguito ad avvenimenti politici vennero ad aggiungersi poi quelli della Slesia, e di una parte della Polonia, andarono facendosi sempre più gravi sotto il regno di Federico Guglielmo II (1714-1740) e Federico il Grande (1740-1786). Esse riguardavano, come di consueto, il commercio, l’industria, la formazione di nuove famiglie, l’immigrazione. Fu continuata la politica per cui solo ai ricchi si dava permesso di residenza, che essi pagavano a caro prezzo, sia con tasse dirette sia con l’obbligo a loro imposto di acquistare certe merci esclusivamente dall’amministrazione governativa, a prezzi molto più alti di quelli del mercato libero. Buon numero di grandi commercianti ebrei acquistarono notevoli ricchezze, e il governo non si opponeva a questo perché gran parte dei loro guadagni finiva nelle casse dello stato, ma ciò suscitava la gelosia dei commercianti cristiani che reclamavano, spesso con successo, nuove restrizioni all’attività degli Ebrei.
La Comunità di Amburgo
In condizioni particolari si trovò la Comunità di Amburgo, città che formava uno stato libero a sé. Ai Marrani (Sefaradìm) che per primi vi si insediarono si aggiunsero poi elementi provenienti dai paesi tedeschi vicini (Ashkenazìm). Per quanto soggetti a restrizioni, gli Ebrei vissero tranquilli e agiati in Amburgo, protetti dal Senato della città che aveva interessi al prosperare del commercio in essa.
I membri della Comunità sefardita si dedicavano per lo più al grande commercio di importazione e esportazione, raggiunsero notevole grado di ricchezza e alcuni di essi conducevano vita quasi principesca. Gli Ashkenaziti si dedicavano ad attività commerciali più modeste e alla piccola industria, ma anche fra di essi, specialmente fra i commercianti di metalli preziosi, non mancavano gli agiati e i ricchi. Alla Comunità ashkenazita di Amburgo si aggregarono poi alcune Comunità che esistevano nelle sue vicinanze.
La Comunità di Francoforte sul Meno
Peggiori che ad Amburgo furono le condizioni degli Ebrei in un’altra città libera, ma pure sotto l’influenza dell’Austria e della Prussia: Francoforte sul Meno. In questa città rimasero in vigore le restrizioni stabilite nel 1616 all’osservanza rigorosa delle quali vegliavano in modo speciale le associazioni commerciali e artigiane.
Il quartiere ebraico, che consisteva in una sola via, era soggetto a tutte le restrizioni dei ghetti e vi risiedeva stipata una numerosa popolazione in condizioni disastrose di igiene e di pulizia. Solo dopo che un grave incendio ne distrusse una gran parte (1711), si cominciò a ricostruirlo con criteri migliori; ma la costruzione richiese parecchi anni durante i quali gli Ebrei dovettero sistemarsi, in condizioni ancor peggiori che nel loro quartiere, in case di Cristiani, e poi il nuovo quartiere ebraico, ultimato solo nel 1719, era anch’esso del tutto inadeguato alle più impellenti necessità della popolazione ebraica.
Condizioni degli Ebrei nei vari stati della Germania
Le sorti degli Ebrei in Prussia e nelle città libere di Amburgo e Francoforte servono a darci un’idea di quelle che erano le loro condizioni nei vari stati della Germania: in ciascuno di essi gli Ebrei ebbero la loro storia particolare, ma, in linea generale, gli stessi avvenimenti e le stesse condizioni si ripeterono. Concessioni particolari ad Ebrei ricchi di stanziarsi in determinate città o di risiedervi provvisoriamente per ragioni commerciali determinarono la formazione di molte Comunità dove fiorirono anche gli studi e vennero istituite numerose tipografie ebraiche. Oltre alle restrizioni e alle vessazioni economiche pesarono spesso sugli Ebrei anche disposizioni che limitavano la possibilità di vivere interamente la vita ebraica. Raramente fu concessa l’apertura di vere e proprie sinagoghe, e il culto pubblico nelle case private doveva esercitarsi a voce bassa e quasi di nascosto. Talvolta fu anche vietato agli Ebrei di costruire le capanne nella festa di Sukkòt. Non di rado le varie tendenze dei governanti e delle associazioni commerciali si trovarono in contrasto per le concessioni da farsi o le restrizioni da imporsi agli Ebrei e diedero luogo a conflitti.
Gli Ebrei ricchi — i poveri, come sappiamo non erano ammessi se non nella qualità di impiegati o servitori dei privilegiati o di addetti a servizi rituali — miravano spesso a far vita lussuosa e ad imitare il modo di vivere dei signori cristiani: questi non di rado li incoraggiavano perché a loro utili quando avevano bisogno di denaro, e non pochi Ebrei, oltre ad avere incarichi pecuniari ed anche diplomatici di grande importanza, erano bene accolti nei palazzi dei sovrani e dei principi. Non di rado questo suscitava l’irritazione della popolazione che non vedeva di buon occhio l’ascesa economica e sociale degli Ebrei.
Esempio tipico è quello di Joseph Suss Oppenheimer, che dopo di essere salito ai più alti gradi della scala economica e sociale e dopo di avere esercitato influenza grandissima come banchiere, coniatore di monete, amministratore dell’erario pubblico nel Wurtemberg, dove godette i favori del principe Carlo Alessandro, poco dopo la morte di questo, accusato dai suoi nemici di avere favorito i propri interessi e quelli dei suoi amici più che quelli dello stato, finì sul patibolo (1738). Invitato all’ultimo momento a salvarsi mediante l’abiura, rifiutò sdegnosamente ed esalò l’ultimo respiro pronunciando le parole dello Shemà’.
Intromissione dei governi nella vita interna delle Comunità
Dato che la ragione essenziale per cui, nei vari stati della Germania, erano ammessi Ebrei era quella di favorire gli interessi economici di quelli, è naturale che le Comunità venissero poste sotto continua sorveglianza del governo, allo scopo di assicurare l’esazione delle tasse imposte e di evitare l’ingresso in esse di elementi non autorizzati. Così le Comunità della Germania vennero a perdere gran parte della loro autonomia. E, una volta che i governi cominciarono a esercitare la loro sorveglianza, questa andò man mano diventando ingerenza negli affari interni e nella vita della Comunità. Non solo le nomine degli amministratori, ma anche quelle dei rabbini vennero sottoposte al controllo dei governi; i rabbini videro da questi limitata la loro autorità e le loro funzioni, che talvolta vennero ridotte a quello che riguarda il culto nel senso stretto della parola; persino il funzionamento delle scuole ebraiche venne talvolta sottoposto a norme dettate dai governi. Va poi notato che questa progressiva ingerenza nella vita ebraica fu poi anche favorita da contrasti interni di tendenze e partiti nelle Comunità, contrasti che indussero talvolta i governi ad intervenire o di propria iniziativa o perché indotti da una delle parti contendenti.
Letteratura antiebraica in Germania
L’odio delle popolazioni contro gli Ebrei era alimentato in Germania anche dalla pubblicazione di libri scritti da professori che, dotati di conoscenze superficialissime sull’Ebraismo e la sua letteratura, andarono raccogliendo e divulgando dal Talmud e da altri scritti ebraici passi, interpretati spesso in modo arbitrario, atti a fare apparire le dottrine ebraiche e la vita ebraica sotto una luce odiosa alla popolazione non ebraica.
La vita spirituale in Germania
a) Generalità
La vita spirituale nei paesi tedeschi a partire dalla seconda metà del secolo XVII fu fortemente influenzata dagli Ebrei provenienti dalla Polonia che vi trovarono rifugio dalle persecuzioni che infierivano in quel paese. Molti rabbini provenienti dalla Polonia furono a capo di Comunità e di yeshivòt nei paesi germanici. A imitazione di quello che avveniva in Polonia, l’istruzione e l’educazione ebraica vennero fondate prevalentemente e quasi esclusivamente sul Talmud, studiato secondo il metodo delle yeshivòt di quel paese. Anche la vita interna delle Comunità assunse spesso caratteristiche analoghe a quelle della Polonia.
Grande influenza esercitarono anche le tendenze mistiche e messianiche, rappresentate specialmente dai seguaci di Shabbetài Tzevì che ne continuarono gli insegnamenti e alcuni dei quali annunziavano il suo ritorno come messia. Fra i seguaci di questo movimento ebbe speciale importanza Nechemyà Ghajun che visitò molti paesi e fra questi anche quelli della Germania.
Non mancarono anche fra le autorità rabbiniche gli oppositori a questi movimenti, e non di rado i contrasti tra le due tendenze diedero luogo a lotte vivaci e violente: specialmente da ricordare quelle fra Jonathan Eibeschutz fautore delle dottrine mistiche e kabbalistiche e accusato di essere seguace di Shabbetài Tzevì e persino di tendenze cristianeggianti, e Ya’akòv Emdin. A queste lotte furono talvolta chiamati a prendere parte anche i governi.
b) Moshè Mendelssohn
A queste tendenze contrastanti venne poi, nella seconda metà del secolo XVIII, ad aggiungersene una nuova, che mirava a fare uscire l’Ebraismo dal suo isolamento e a farlo entrare nelle correnti del pensiero e della vita dei popoli europei. Questa nuova corrente è conseguenza di quei movimenti di pensiero che, sorti in Francia dove sboccarono nella rivoluzione francese, si diffuse presto anche in Germania. Si tratta del movimento che, per quel che riguarda gli Ebrei, portò alla partecipazione di questi alla cultura europea, all’emancipazione e alla assimilazione.
Principale esponente di questo movimento in seno all’Ebraismo è Moshè Mendelsshon (1729-1786). Nato a Dessau, dove ebbe educazione e istruzione ebraica tradizionale e si formò le basi di una vasta cultura generale, specialmente filosofica, fondata sulle opere dei principali scrittori tedeschi del tempo, si trasferì poi a Berlino, dove venne a contatto coi principali filosofi e scrittori tedeschi del tempo, specialmente con Efraim Lessing. Nella prima fase della sua attività questa non ebbe rapporti diretti con l’Ebraismo, e le prime opere del Mendelssohn sono di argomento filosofico generale. Tra essi primeggia il Fedone nel quale l’autore vuole dimostrare con argomenti razionali l’immortalità dell’anima umana.
Per quel che riguarda l’attività del Mendelssohn nel campo ebraico, egli mirò a diffondere la lingua e la cultura tedesca fra gli Ebrei, a dare a questi conoscenza razionale della dottrina ebraica, della vita ebraica e della lingua ebraica, e a diffondere fra i non Ebrei la conoscenza dell’Ebraismo quale esso è veramente, togliendo di mezzo i pregiudizi correnti. Per raggiungere questi scopi, il Mendelssohn tradusse in puro tedesco, scritto in caratteri ebraici, il Pentateuco, accompagnando la traduzione da un commento in ebraico classico. Egli mira a fare comprendere il testo nel suo senso letterale e grammaticale, non tenendo conto delle interpretazioni midrashiche tradizionali. Per questo l’opera incontrò gravi opposizioni da parte di non poche autorità rabbiniche. Il Mendelssohn stesso e un gruppo di suoi seguaci completarono poi l’opera con la traduzione e il commento di tutti i libri biblici.
Le idee del Mendelssohn intorno all’essenza e alle caratteristiche dell’Ebraismo sono espresse specialmente nell’opera scritta in tedesco intitolata Jerusalem (Gerusalemme). Secondo l’autore, le dottrine che l’Ebraismo vuole installare sono sostanzialmente quelle della cosiddetta “religione naturale” quelle cioè a cui l’uomo arriva colla propria intuizione e col proprio ragionamento, e queste costituiscono l’aspetto universale dell’Ebraismo che secondo il Mendelssohn non è una religione rivelata, ma una legislazione rivelata, diretta al solo popolo d’Israele, per quanto fondata su principi morali universali.
In molti altri opuscoli e in lettere, che costituiscono in parte risposte a pressioni che vennero esercitate su di lui perché accettasse il Cristianesimo, l’autore sostiene che non è compito dei governi l’entrare in questioni religiose e tanto meno il cercare di imporre ai cittadini certe determinate credenze religiose e che la differenza di religione non deve determinare differenze di diritti per i professanti l’una o l’altra fede.
c) Inizio del movimento per l’emancipazione degli Ebrei
Idee ispirate e sentimenti di tolleranza religiosa e tendenti a togliere di mezzo le restrizioni che erano imposte agli Ebrei furono sostenute anche da parecchi autori cristiani. Oltre al già ricordato Lessing che espresse i suoi pensieri su questo campo specialmente nell’opera Nathan il Saggio, è degno di speciale menzione Cristiano Guglielmo Dohm, consigliere di stato in Prussia, che sostenne poco prima della pubblicazione dell’Editto di tolleranza di Giuseppe II l’idea della emancipazione degli Ebrei, affermando che i difetti di questi erano conseguenza dell’oppressione cristiana, e che quindi era interesse degli stati di farne cittadini utili cessando l’oppressione. Com’è naturale, queste suscitarono vive opposizioni da parte di altri scrittori.
d) La Haskalà
Il movimento del quale fu propugnatore il Mendelssohn suole designarsi col nome di Haskalà (cultura generale). Questo movimento si proponeva di diffondere fra gli Ebrei la cultura generale e la conoscenza della lingua del paese, di riformare l’insegnamento specificatamente ebraico per renderlo più adatto a quelle che si ritenevano le necessità del tempo, a fare rinascere e rifiorire la letteratura ebraica suoi propugnatori appartenevano in genere al gruppo dei seguaci di Mendelssohn fra i quali è specialmente da ricordare Naftalì Herz Wessely (1725-1805). Venne promossa la fondazione di scuole in cui venissero impartite, in lingua tedesca, nozioni fondamentali sulle varie scienze e sui vari rami di cultura; si cercò di abituare gli Ebrei ad abbandonare lo yiddish e ad adottare la lingua tedesca, gli insegnamenti ebraici vennero fondati sullo studio dei testi biblici, della grammatica ebraica, dei fondamenti della dottrina ebraica, con esclusione degli studi talmudici, che si pensò dovessero essere riservati agli adulti e particolarmente a coloro che si preparavano ad esercitare il rabbinato; si pubblicarono scritti di argomento vario in ebraico letterario: specialmente notevoli in questo campo è il periodico Hameassèf che uscì fra il 1784 e il 1811, che conteneva scritti letterari in prosa e poesia, articoli vari, traduzioni ebraiche di scritti delle varie letterature. La Haskalà mirava a un contemperamento fra la cultura tradizionale ebraica e la cultura moderna, e per questo fu aspramente combattuta da elementi che ritenevano pericolosa per la conservazione dell’Ebraismo ogni infiltrazione di cultura straniera e ogni modifica della vita e dell’insegnamento tradizionale. Lo stesso contrasto si ebbe per quel che riguarda l’atteggiamento di fronte ai movimenti che miravano ad attenuare l’isolamento degli Ebrei e a ottenere l’uguaglianza civile di questi agli altri cittadini: essi erano visti di buon occhio e favoriti dai seguaci della Haskalà (maskilìm), considerati pericolosi dagli avversari di questi, che vennero designati come ortodossi (in ebraico charedìm, o adukìm). Il contrasto fu vivissimo; gli ortodossi considerarono i maskilìm come eretici e vietarono la lettura dei loro libri; i maskilìm considerarono gli ortodossi come oscurantisti e nemici di ogni progresso.
Olanda
a) Condizioni civili ed economiche
Come già sappiamo, l’Olanda fu uno dei paesi in cui trovarono rifugio i Marrani e poi anche Ebrei provenienti dalla Polonia e dalla Germania, e così si formarono importanti Comunità, dapprima sefardite e poi anche ashkenazite. Specialmente notevole fu la Comunità di Amsterdam.
Gli Ebrei godettero di ampia libertà e di larghe autonomie, vigevano sì delle restrizioni per l’esercizio di professioni, ma esse colpivano quasi esclusivamente il ceto medio, mentre coloro che erano forniti di mezzi accrebbero notevolmente le loro ricchezze. I Sefarditi specialmente raggiunsero alto livello economico e sociale con l’esercizio del commercio internazionale e della banca, e spesso ebbero cariche importanti e si resero utili allo stato come fornitori di denaro.
Nella seconda metà del secolo si nota una decadenza nelle Comunità sefardite, mentre acquistano maggiore importanza quelle ashkenazite nelle quali pure non mancavano i ricchi, specialmente fra quelli che si occupavano della lavorazione del diamante e delle pietre preziose.
Le due Comunità erano del tutto separate per gli usi e la lingua; in genere non si contraevano neppure matrimoni fra i membri dell’una e quelli dell’altra, e non mancarono anche in Olanda i contrasti, dato che i Sefarditi si consideravano al di sopra degli Ashkenaziti.
b) La vita spirituale
Anche la vita spirituale fiorì in Olanda fra i Sefaradìm fino alla metà del secolo XVIII. In essa si segnalarono molti dotti e rabbini, e acquistarono grande importanza le tipografie ebraiche di Amsterdam. I libri che da esse uscirono ebbero grande diffusione anche perché, a differenza di quelli che si stampavano in Italia, dove pure esistevano, specialmente a Venezia, importanti tipografie ebraiche, non erano soggetti alla censura.
c) Barùkh Spinoza
Per quel che riguarda la vita spirituale, va segnalata la grave scossa che ebbero le Comunità ebraiche dell’Olanda, e specialmente le sefardite, in seguito all’attività letteraria e filosofica di Barùkh (Benedetto) Spinoza. Questi nacque in Amsterdam nel 1632, figlio di uno dei maggiorenti della Comunità, commerciante appartenente a una famiglia di Marrani. Compiuti gli studi elementari tradizionali nelle scuole ebraiche della Comunità, si interessò di studi profani, naturali e filosofici, ed apprese la lingua latina. A poco per volta si allontanò dalle concezioni ebraiche e dalla pratica delle mitzvòt; dopo aver negato valore ed autorità a quelle di istituzione rabbinica, respinse anche la credenza nella divinità della Torà scritta.
Dopo aver continuato a frequentare la sinagoga durante l’anno di lutto della morte del padre, Spinoza si staccò completamente dalla Comunità ebraica e si avvicinò a cerchie cristiane. Falliti i tentativi di indurlo a non trasgredire, almeno in pubblico, le mitzvòt fondamentali, e di ricondurlo in seno alla Comunità ebraica, il tribunale rabbinico locale, dopo avergli dato un mese di tempo per ravvedersi, pronunciò contro di lui la scomunica nella forma più grave (1656), con la quale veniva messo fuori dell’Ebraismo e si vietavano agli Ebrei i contatti con lui. Per provvedere al suo sostentamento esercitò il mestiere di arrotatore di vetri per occhiali e continuò a occuparsi di studi filosofici e di critica biblica e a scrivere in lingua latina opere in cui espose e sostenne le proprie idee, mostrandosi spesso avversario dell’Ebraismo rabbinico e dei suoi fautori e in genere delle concezioni ebraiche e religiose prevalenti ai suoi tempi. Morì all’Aia nel 1677.
d) La letteratura
Anche in Olanda, come è naturale, si ebbe una vasta letteratura pro e contro Shabbetài Tzevì e il suo movimento.
In Olanda, dove erano continuate le tradizioni culturali spagnole e vi erano costanti rapporti con gli Ebrei italiani, si ebbe pure nel nostro periodo una certa fioritura letteraria. La poesia fu coltivata specialmente da Yosèf Penco de la Vega (1650-1692), che, ad Amsterdam, scriveva nel 1667, a imitazione del teatro spagnolo, il suo dramma allegorico Asirè Hatikvà (I prigionieri della speranza). Sempre ad Amsterdam, circa un secolo più tardi, Davìd Franco Mendes fu autore di un’opera drammatica dal titolo Ghemùl ’Atalyà (La retribuzione di ’Atalyà), sotto l’influenza di poeti italiani e francesi, e successivamente compose un rifacimento ebraico della Betulia liberata del Metastasio.
Centri minori
Nel secolo XVIII si formarono nell’Europa centrale nuovi centri ebraici, specialmente in Svizzera, Danimarca e Svezia, costituiti in gran parte da Ebrei provenienti dalla Germania. Per quanto soggetti a restrizioni, gli Ebrei non ebbero molto a soffrire in questi paesi.