La parashah di Chayè Sarah si apre con la trattativa fra Avraham e ‘Efron per l’acquisto della tomba di Sarah. La dinamica della compravendita è alquanto strana: abitualmente infatti chi intende comprare disprezza ciò che intende comprare al fine di abbassare il prezzo, mentre chi vende cerca il modo per alzarlo. Il proverbio dice “chi disprezza compra”, e altrettanto afferma Shelomò ha-melekh nel libro di Mishlè (20,14): “l’acquirente suole dire: è cattiva, è cattiva questa merce, ma quando se ne va, allora si vanta dell’acquisto”.
Nella compravendita per la grotta di Makhpelah l’acquirente e il venditore si comportano in maniera opposta a quanto ci aspetteremmo: Avraham infatti dichiara di non volere nessuno sconto (Ber. 23,9) “me la ceda, alla vostra presenza, come proprietà ad uso di sepoltura, per l’intero suo valore”, mentre ‘Efron dichiara di volerla cedere a titolo gratuito, non solo la grotta, ma anche il campo che lo circonda! La tattica di ‘Efron ha successo, perché la trattativa adesso coinvolgerà anche il campo, e alla fine riuscirà a vendere anche di più (Ber. 23,17-18): “così il campo di ‘Efron, posto in Makhpelah di fronte a Mamrè, il campo e la grotta che è in esso, tutti gli alberi esistenti nel campo, dentro i suoi confini all’intorno, passarono in proprietà ad Avraham…”. Perché Avraham non accetta però quanto ‘Efron aveva proposto e acquisire la grotta gratis? Non solo: Avraham non solo pretende di pagare, ma sborsa (Ber. 23,16) “quattrocento sicli d’argento, corrente fra i mercanti”, paga insomma con moneta sonante, con una voluta facilmente smerciabile. Nell’atteggiamento di Avraham c’è però una ulteriore stranezza: infatti si inchina per ben due volte di fronte ai Benè Chet. Nella parashah anche Eli’ezer, servo di Avraham, si inchina per due volte, quando viene a sapere che Rivqah appartiene alla famiglia di Avraham, e quando Betuel e Lavan acconsentono a lasciar andare Rivqah, ma il suo inchino è rivolto ad H. E’ strano che il servo si inchini verso H., e il padrone a dei Benè Chet qualsiasi!
Perché Avraham si mostra tanto generoso, sia da un punto di vista economico, sia negli atteggiamenti? Tutto questo è ancora più strano, se pensiamo che Avraham, ovunque arrivi, proclama che H. è il re del mondo, e che tutto appartiene a Lui. Anche la famosa locanda (Eshel, dalle iniziali di “achilah, shetiah, linah” – cibo, bevande e pernottamento”) di Avraham svolge questa funzione (Ber. 21,33) “là invoco il Nome del Signore D. eterno”. Quando il re di Sodoma, al termine della guerra dei quattro re contro i cinque re, intende ricompensare Avraham, quest’ultimo oppone un fermo rifiuto. Il solo pensiero che qualcuno potesse dire che ha arricchito Avraham avrebbe svilito in maniera irreparabile la portata della sua missione. Per questo i discendenti di Avraham saranno ricompensati: all’uscita dall’Egitto “usciranno con grandi ricchezze” (Bereshit 15,14). Avraham, acquistando la grotta di Makhpelah, intende fissare un importante principio: il primo possesso in terra di Israele non deve avere nulla a che fare con i Cananei e i Chittei che allora popolavano la terra. Bisognava recidere completamente qualsiasi legame fra ’Efron e la grotta, e il modo per raggiungere questa finalità era quella di pagare un prezzo totalmente fuori mercato, talmente esagerato da portare ‘Efron a farsi bello per una vendita tanto riuscita. Nonostante questo ‘Efron avrebbe potuto dire ancora che la sua strategia era così ben architettata, che Avraham avrebbe dovuto, al di là di tutto, ringraziarlo. Per allontanare questa eventualità Avraham ringrazia in maniera molto plateale, inchinandosi. Proprio per riservare il proprio ringraziamento esclusivamente ad H., Avraham deve concedere ai Bene Chet tutto quello che spetta loro, e anche di più.
Da dove sappiamo che è così? Dal comportamento di Eli’ezer, che si inchina continuamente ad H., e non può averlo imparato da altri che Avraham. Successivamente David ha-Melekh, quando acquisirà l’aia di Aravnà lo Jevuseo, il luogo nel quale sorgerà il Bet ha-miqdash, farà lo stesso. Aravnà si era offerto di fornire tutto, luogo ed animali per i sacrifici, ma David rifiutò (2Sam. 24,24): “ma il re rispose ad Aravnà: no, io non voglio comprare da te queste cose per il prezzo che valgono, né voglio offrire sacrifici al Signore gratuitamente”. La medesima logica è individuabile in una discussione che troviamo nel trattato di Sheqalim (4,1), riguardo l’offerta dell’omer nell’anno sabbatico. Nell’anno sabbatico i prodotti della terra sono hefqer, non appartengono a nessuno. Chiunque può venire e prenderli. Per questo l’orzo destinato all’offerta dell’omer dovrà essere sorvegliato. I sorveglianti dovranno essere ricompensati per il loro lavoro, tramite un fondo depositato presso il Bet ha-miqdash, e derivante dalle offerte della collettività. L’omer è un sacrificio pubblico e anche il compenso dei sorveglianti deve arrivare dal denaro del pubblico. Come ci si dovrebbe regolare se un sorvegliante offrisse di compiere il lavoro “per mitzwah”, a titolo gratuito? Se questo discutono R. Yosi, che accetta la cosa, e i Chakhamim, che respingono questa eventualità. Qual è la logica dei Chakhamim? Si teme che la cosa non venga del tutto e veramente affidata al pubblico. Questo sorvegliante potrebbe ritenere di essere lui il responsabile dell’offerta, che a questo punto sarebbe un’offerta individuale e non una pubblica. Per questo motivo è obbligatorio ricompensare il sorvegliante per il suo lavoro.