La prima mitzvà per il popolo d’Israele appare in questa parashà dove è scritto: “l’Eterno parlò a Moshè e ad Aharon nel paese d’Egitto, dicendo: Questo mese sarà per voi il primo dei mesi: sarà per voi il primo dei mesi dell’anno” (Shemòt, 12: 1-2).
Rashì (Troyes, 1040-1105) commenta che il Signore mostrò a Moshè la luna nuova dicendogli che il capo mese cade quando la luna si rinnova.
R. Joseph Pacifici (Firenze, 1928-2021, Modiin Illit) in Hearòt ve- He’aròt (p.73) scrive che la luna non vive di luce propria: una faccia è volta verso il sole dal quale riceve la luce. Se la parte illuminata della luna è rivolta verso la terra, diciamo che è luna piena. Se la parte oscura della luna è rivolta verso la terra, non la vediamo del tutto. Alla vigilia del capo mese la parte oscura della luna è rivolta verso la terra. Nel capo mese vediamo la luna nuova […]. Il popolo d’Israele è come la luna che si rinnova. Non come le nazioni del mondo che quando vengono colpite spariscono dall’orizzonte. I popolo d’Israele sa come rinnovarsi nonostante tutte i colpi che riceve. Nella nostra generazione vi è stata una Shoà fisica e spirituale. Con tutto ciò continuiamo a rinnovarci e a diventare più forti.
R. Hershel Schachter (Scranton, 1941) in Insights and Attitudes (p. 91) scrive che nell’ultimo versetto della haftarà di questa parashà, il navì (profeta) Yirmeyàhu (Geremia, 46:28) parla dell’ascesa e della caduta di tutte le civiltà eccetto “il mio servo Ya’akòv”. Il popolo d’Israele è eterno. Nel Midràsh (Tanchumà Vayetzè, 2) i maestri commentano il sogno nel quale Ya’akòv vide angeli che salivano e che scendevano su una scala. Gli angeli del sogno rappresentano gli angeli che guidano le varie nazioni del mondo. Ogni nazione avrà un suo ciclo naturale di ascesa e di caduta. Il popolo d’Israele è un’eccezione. Anche il navì Malakhì (Malachia, 3:6) profetizza che “Io sono il Signore e non cambio, e voi, figli di Ya’akòv non avete cessato di esistere”.
I Maestri nel trattato talmudico Bavà Batrà (116b) affermano che non solo è inconcepibile che l’intero popolo d’Israele sparisca, ma la cosa vale anche per una delle dodici tribù. (E Rabbenu Gershòm nel trattato ‘Arakhìn (32b) scrive che abbiamo una tradizione che il popolo d’Israele in ogni epoca non ha mai meno di seicentomila uomini).
R. Schachter afferma che iI Maimonide (Cordova, 1138-1204) nel Sèfer ha-MItzvòt (prescrittive 153) aggiunge un interessante commento a queste profezie. Il Signore non ha solo promesso che ci saranno sempre degli individui che sopravvivranno a qualunque distruzione, ma che anche la collettività d’Israele (kelàl Israel) sopravvivrà. Il Maimonide intende dire che ci sarà sempre un minimo di un minyàn di dieci ebrei in Eretz Israel. Se si potesse immaginare l’esistenza di milioni di ebrei nella Diaspora ma nessuno in Eretz Israel, significherebbe che Israele ha cessato di esistere come collettività. Questo perché gli ebrei della Diaspora sono considerati solo individui. Solo quelli che abitano in Eretz Israel sono considerati “collettività”. Il Maimonide aggiunge (ibid.) che questo è anche il motivo per cui il Bet Din, tribunale, autorizzato a stabilire il capo mese deve riunirsi in Eretz Israel. Questo Bet Din agisce in quanto rappresentante della collettività d’Israele; la stessa collettività che ricevette l’incarico di stabilire il capi mese (come scritto nelle nostra parashà).