Gli ebrei contestati proprio nella ricorrenza della Liberazione
Alfonso Arbib
«I ragazzi che hanno bruciato la bandiera di Israele si facciano un esame di coscienza. Sono così sicuri che la loro contestazione violenta abbia motivazioni diverse dall’antisemitismo?». Il rabbino capo di Milano, Alfonso Arbib, non ha dubbi: è l’odio profondo nei confronti degli ebrei ad aver scatenato i giovani dei centri sociali contro la rappresentanza della brigata ebraica che sfilava lungo il corteo del 25 aprile.
Un antisemitismo senza colore, che si tinge di nero o di rosso a seconda delle epoche?
«Esattamente. Pensi che il primo documento in cui si parla di “complotto ebraico” in Europa è datato 1144. E nel dodicesimo secolo le categorie politiche di “destra” e “sinistra” non esistevano di certo».
Perché nei passati cortei del 25 aprile la brigata ebraica non ha avuto contestazioni?
«La campagna elettorale aumenta tensioni e contrapposizioni. Questa volta la presenza delle bandiere di Israele forse era più visibile. Ma non si tratta certo di una colpa: se bisogna nascondersi per evitare le offese, allora il problema non si manifesta ma resta latente in tutta la sua gravità. E poi mi sembra particolarmente doloroso che gli ebrei vengano contestati proprio nella ricorrenza della Liberazione. Il nostro popolo ha pagato un prezzo altissimo alla seconda guerra mondiale».
Allarmato?
Non esageriamo. La preoccupazione sì, quella c’è. E sono anche convinto che sia necessario tenere alta la guardia. Perché è vero che al momento l’antisemitismo caratterizza minoranze e frange isolate. Ma bisogna fare in modo che questi gruppi non trovino mai un clima culturale favorevole. E poi i segnali positivi non sono mancati».
Per esempio?
«Prima di tutto la reazione spontanea e istintiva in difesa dei ragazzi della Brigata ebraica da parte di chi partecipava al corteo. Inoltre anche la risposta del mondo della politica è stata pronta. I messaggi di solidarietà si sono moltiplicati».
Nessuno escluso?
«Nessuno escluso. Troverei sbagliato, in questo momento, pesare col bilancino le attestazioni di solidarietà».
di Ri. Que. – Corriere della Sera
«Basta bandiere d’Israele bruciate Non siamo più disposti a tollerare»
Roberto Bonizzi
Condanna totale e iniziative di risposta. «Non siamo più disposti a tollerare questo tipo di episodi». È durissima la presa di posizione della comunità ebraica milanese nei confronti degli autonomi che hanno fischiato la Brigata ebraica e bruciato due bandiere israeliane a margine del corteo del 25 aprile. Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano, stigmatizza il gesto: «È un fatto che si commenta da solo – dice -. È intollerabile soprattutto per la cornice in cui è avvenuto, la festa della Liberazione, e per il fatto che alla manifestazione era presente la Brigata ebraica, che in Italia ha combattuto contro i nazifascisti».
Per i prossimi giorni la comunità sta pensando a qualche azione di risposta. «Ogni scelta sarà meditata – assicura, dalla Cina, Leone Soued, presidente degli ebrei milanesi -. Sicuramente qualcosa sarà fatto, ma sarà una cosa riflessiva». Poi il dispiacere per l’accaduto: «Abbiamo avuto la solidarietà di molti, ma ci dispiace. Ovviamente non vogliamo generalizzare perché si tratta di pochi facinorosi: i soliti».
Dispiacere e sgomento. «Sto male. L’idea di bruciare una bandiera è fascista. Riporta alle persecuzioni contro gli ebrei e ai forni crematori», commenta Emanuele Fiano, appena eletto deputato nelle file dei Ds e rappresentante della comunità. «Come ebreo di sinistra vorrei non ci fosse nemmeno la minima ombra di vicinanza tra le decine di migliaia di persone che hanno partecipato alla manifestazione e chi si è macchiato di questi atti – puntualizza -. Credo di poter dire che esiste una totale alterità tra la sinistra e quelli che offendono e bruciano la bandiera israeliana. Non credo si possa desiderare, come persone di sinistra, l’annientamento di qualcuno».
Cerca di guardare oltre il singolo gesto, «comunque molto grave e preoccupante», Sara Modena, assessore alla cultura della comunità israeliana a Milano. «Io ero presente. I fischi e le bandiere bruciate sono arrivati da esagitati, arabi e palestinesi, o comunque da persone isolate, che definirei ai margini della società. L’ho guardata bene in faccia quella gente: non è bene generalizzare, ma bisogna capire chi ha fatto cosa». Poi la sensazione provata nella pancia del corteo: «Al nostro passaggio si sono levati molti applausi spontanei – continua Modena -. Questo ci rincuora».
Sull’atteggiamento della maggioranza dei presenti si sofferma anche Arbib: «La reazione della gente è stata positiva, ci ha accompagnati con applausi e cori. È importante che le piccole minoranze che si rendono protagoniste di questi episodi, che possiamo solo definire antisemiti, vengano isolate. Non dobbiamo lasciarle parlare. Noi ebrei non vogliamo tollerare certe cose».
Fiano non risparmia un attacco alla storia della sinistra italiana. «In passato nel Pci e nella sinistra terzomondista c’è stato un sentimento contro Israele. Lo stato ebraico era considerato il diavolo, dalla parte del torto. Oggi non è più così. Quei pochi che hanno fischiato e bruciato le bandiere non sono politicamente parenti di nessuno». Nessun dubbio, invece, sul presente dell’Unione. «Non c’è niente da temere – continua il deputato Ds -. Il centrosinistra potrà superare gli esami che gli verranno posti. Dovremo avere un atteggiamento durissimo. Fino a ripristinare il servizio d’ordine e i cordoni nei cortei, se necessario. Non dev’esserci possibilità di contatto o di confusione con queste frange estremiste. Anche la sinistra antagonista non deve fornire nessuna giustificazione».
Il Giornale
LETTERA DA UN EBREO PER UNA FESTA DI UNITA’
Ho sfilato il 25 aprile con lo striscione della Brigata Ebraica dell’associazione Amici di Israele e insieme alla Comunità Ebraica. Per tutto il tragitto – da Corso Venezia al Duomo – la gente che vedeva il nostro striscione ha applaudito. Solo in San Babila, dove c’era un gruppo di autonomi sul lato destro della piazza, ci sono piovuti addosso fischi e insulti. Dobbiamo ringraziare la presenza delle forze dell’ordine se non siamo stati aggrediti.
Ma proprio di fronte a una contestazione così virulenta c’è stata la splendida reazione della gente che affollava il lato sinistro della piazza, che ha iniziato ad applaudirci con ancora più forza, proprio per contrastare i contestatori.
Avrei voluto dire loro che il 25 aprile è il giorno da dedicare alla Liberazione, e che per quello stavamo sfilando. Per ricordare anche quei cinquemila ebrei che per combattere i nazisti abbandonarono il nascente stato di Israele. Avrei voluto, ma non ho potuto. Perché tanto era l’odio che gli autonomi ci urlavano contro, che se solo mi fossi avvicinato sarei stato preso per un provocatore e aggredito. Ciononostante – vista la reazione della gente – sarei comunque uscito soddisfatto da questo anniversario della Liberazione, se non fosse stato per le contestazioni incivili che hanno colpito Letizia Moratti. Un filo rosso lega le due aggressioni verbali: quello dell’intolleranza mista all’ignoranza. Credo probabile infatti che i contestatori non conoscessero né la storia della Brigata Ebraica, né tanto meno quella del padre partigiano di Letizia Moratti. Ma catalogare questi fatti come sola ignoranza sarebbe superficiale. C’è anche un’intolleranza verso il politicamente diverso che è estranea allo spirito del Comitato di Liberazione Nazionale, il quale aveva saputo unire tutti i partigiani, dai liberali ai comunisti. Il fatto che in passato anche altre personalità antifasciste (dal leader CISL Savino Pezzotta all’allora sindaco di Bologna Giorgio Guazzaloca) siano state contestate non può più essere considerato un caso. Ogni volta, per fortuna, non sono mancate le condanne dell’ANPI come della gran parte dei rappresentanti dei partiti. Ma ogni anno la questione si ripresenta. Se vogliamo davvero far diventare il 25 aprile una festa nazionale – come auspica anche il Presidente Ciampi – dobbiamo cercare di prevenire questi atti di intolleranza. Come? Riscoprendo chi erano i Liberatori. Solo chi ha dimenticato la Storia può bruciare la bandiera israeliana (o americana) o contestare un sindacalista. Si potrebbe per esempio costituire un “Comitato Nazionale per il 25 aprile” dove siano presenti i rappresentanti di tutti i gruppi che liberarono l’Italia, Alleati compresi. Non mancano a Milano (e in Italia) gli americani, gli inglesi, gli indiani, i sudafricani e gli altri cittadini dei paesi che ci liberarono. Perché non coinvolgerli? Perché non promuovere maggiormente anche la presenza dei liberali, dei democristiani e del resto del CNL che sembrano quasi dover chiedere il permesso di partecipare a una festa che è anche la loro? Facciamo in modo che il 25 aprile sia un giorno di gioia per tutti i liberatori e per tutti gli italiani. E che a essere contestati non siano gli antifascisti, ma piuttosto gli intolleranti.
Davide Romano