Il tempo del dono della Torà
La sposa di miele – Shavu’òt
La festa di Shavuoth è chiamata con diversi nomi già dalla Torà stessa, ed altri ancora le sono stati assegnati dai nostri Maestri. Uno di essi è zeman matan Torà (tempo del dono della Torà), ad indicare che la festa di Shavuoth cade nel giorno in cui fu donata la Torà e in cui furono promulgati i Dieci Comandamenti sul monte Sinai. Tuttavia il collegamento fra Shavuoth e il dono della Torà non è dichiarato esplicitamente nella Torà, ma si tratta di una deduzione dei nostri maestri a cui sono arrivati tramite il calcolo dei giorni intercorsi fra l’uscita dall’Egitto e l’arrivo alle falde del monte Sinai.
Perché, a differenza delle feste di Pesach e Succhoth, per le quali la Torà stessa indica l’evento della storia ebraica che deve essere ricordato (rispettivamente, l’uscita dall’Egitto e la permanenza nel deserto), per la festa di Shavuoth non è detto, nella Torà, che essa ricorda la promulgazione del Decalogo?
Una risposta si trova nel commento alla Torà Kelì Yaqar: “Il Signore non volle fissare un giorno particolare, affinché ogni giorno dell’anno fosse per l’uomo come se egli avesse ricevuto la Torà dal monte Sinai in quel giorno stesso, come hanno detto i nostri maestri: “ogni giorno le parole della Torà siano nuove ai tuoi occhi”, e così ogni giorno è il giorno della Torà, per coloro che meditano su di essa”.
Perché di Shavuoth si adornano le sinagoghe con erbe e fiori profumati?
Una delle numerose risposte date dai nostri maestri si ricollega a un midrash del Talmud che afferma: “ad ogni singola parola che usciva dalla bocca del Signore, il mondo intero si riempiva di profumo”.
Perché si usa mangiare cibi di latte e miele?
Perché la Torà è stata paragonata al latte e al miele, come si ricava dal Cantico dei Cantici (4, 11): “Le tue labbra stillano miele, o sposa, miele e latte sono sotto la tua lingua”. Ed inoltre, per insegnarci che, come è permesso mangiare il miele, benché provenga da un animale proibito, così colui che si occupa di Torà viene purificato dalla sua impurità.
Un’altra spiegazione, più sottile, è riportata nella Mishnà Berurà, nella quale si fa notare come quando gli ebrei tornarono alle loro case dopo aver ricevuto la Torà, e quindi anche le regole della Casheruth, essi si trovarono nella situazione di dover casherizzare tutte le stoviglie usate in precedenza, quando ancora non mangiavano casher; ma poiché il giorno in cui fu data la Torà era Shabbath, ed era dunque proibito procedere alla bollitura dei recipienti, quel giorno si accontentarono di mangiare cibi di latte.
La Torà e le nazioni del mondo
Racconta il Midrash che, quando il Santo Benedetto si manifestò a Israele per dargli la Torà, la rivelò anche a tutti gli altri popoli. Prima andò dai figli di Esaù, e domandò loro: “Volete ricevere la Torà?”; essi chiesero: “Che cosa c’è scritto?”, e Dio rispose: “Non uccidere”. Ma i figli di Esaù replicarono: “Signori del mondo, fu la natura del nostro progenitore di essere assassino. Non possiamo prendere in consegna la Torà”.
Dio andò dunque dagli Ismaeliti e disse loro: “volete accettare la Torà?”, ed essi domandarono: “Che cosa c’è scritto?”. Dio disse loro: “Non rubare”, e gli Ismaeliti risposero: “Signore del mondo, fu la natura del nostro progenitore di essere un predone. Non possiamo accettare la Torà”.
E così Dio andò da una nazione all’altra offrendo la Torà, ma nessuno volle riceverla. Solo alla fine arrivò dai figli d’Israele; senza chiedere cosa vi stesse scritto, essi risposero: “Faremo e ascolteremo tutto ciò che ha detto il Signore” (Esodo, 24, 7).
Perché la Torà fu data nel deserto, in una terra di nessuno?
Affinché chiunque volesse riceverla, potesse venire a prenderla.
È detto nel Talmud: ogni singola parola che usciva dalla bocca del Signore, veniva sentita nelle settanta diverse lingue di tutta l’umanità.
Perché la Torà fu rivelata prima alle donne e poi agli uomini?
Così racconta infatti il Midrash, che aggiunge: perché le donne sono più solerti nell’adempimento dei precetti, e affinché conducano alla Torà i propri figli.
Un altro Midrash afferma che Dio disse a Mosè: “Va’ e chiedi prima alle donne se sono disposte ad accettare la Torà, perché è tipico degli uomini seguire le decisioni delle loro mogli”.
Tutte le generazioni passate, presenti e future hanno assistito al dono della Torà sul monte Sinai.
Dice il Midrash che tutti gli esseri umani che sono finora vissuti e vivranno in futuro, fino alla fine delle generazioni, furono presenti alle falde del monte Sinai insieme agli ebrei che uscirono dall’Egitto, e non solo la Torà fu allora rivelata, ma anche tutto ciò che i profeti avrebbero in seguito detto, e non soltanto le parole dei profeti essi ricevettero, ma anche quelle di tutti i maestri di ogni epoca.
Si racconta che quando il Santo, Benedetto sia, si rivelò a Mosè sul Sinai per dargli la Torà da trasmettere a Israele, gli espose, con ordine, tutta la Bibbia, la Mishnà, il Talmud, la Aggadà, e persino ciò che l’allievo avrebbe un giorno chiesto al suo maestro, come è detto: “E Dio disse tutte queste parole” (Esodo 20, 1). Mosè quindi chiese se doveva mettere tutto per scritto, ma il Signore gli rispose: “Non voglio che tu scriva se non la Torà, perché è noto a ME che un giorno le nazioni del mondo domineranno sui figli d’Israele e li disprezzeranno, e s’impadroniranno della Bibbia. Per questo trasmetterai loro la Mishnà, il Talmud e l’Aggadà solo per via orale, cosicché quando le nazioni del mondo verranno e li asserviranno, non potranno prendersi anche la tradizione orale, e tramite questa i figli d’Israele rimarranno distinti dagli altri popoli”.
Che cos’è la Ghematrià?
La ghematrià è un metodo interpretativo già adottato nel Talmud e successivamente nella Kabbalà in cui si assegna un valore numerico a una determinata parola, calcolato mediante la somma dei valori numerici di ogni sua singola lettera. Infatti in ebraico le lettere dell’alfabeto corrispondono ognuna a un numero: alef = 1, beth = 2, ghimel = 3… yod = 10, caf = 20, lamed = 30, ecc. Il numero così ottenuto, corrispondente alla parola da interpretare, viene poi ricollegato ad altre espressioni di uguale valore numerico, o a determinati eventi o concetti caratterizzati da numeri. In questo modo si arriva a conclusioni del tutto inaspettate e si creano connessioni fra elementi a prima vista assai differenti e distanti l’uno dall’altro. La ghematrià può cos=ì venir usata per spiegare o addirittura introdurre determinate usanze.
Vediamo qualche esempio in relazione alla festa di Shavuoth. In un’altra parte di questo articolo si accenna all’usanza di mangiare cibi di latte e Shavuoth. “Latte” in ebraico si dice chalav, il cui valore numerico è dato dalla somma delle tre consonanti: cheth = 8, lamed = 30, e beth= 2, totale = 40. E 40 sono i giorni e le notti che Mosè stette sul monte Sinai prima di ricevere le Tavole della Legge. Ecco quindi un’originale spiegazione dell’uso di mangiare cibi di latte.
A Shavuoth si legge il libro di Ruth, una donna non ebrea che si convertì all’ebraismo e da cui discenderà il Messia. Il valore numerico di Ruth corrisponde alla somma di: resh = 200, vav = 6 è risponde alla somma di: resh = 200, vav = 6 e tav = 400, totale = 606. E 606 sono le mitzvoth che sono state comandate esclusivamente agli ebrei (e che Ruth decide di accettare), e che insieme alle 7 mitzvoth “dei figli di Noè” (comuni a tutta l’umanità, e che quindi Ruth era tenuta ad osservare anche prima della conversione), danno: 606 + 7 = 613, ossia il numero totale delle mitzvoth della Torà. Ruth quindi rappresenta, nel suo stesso nome, la volontà di accettare l’ebraismo.
Delle 613 mitzvoth della Torà, 2 (i primi due Comandamenti) le sentimmo direttamente dalla bocca del Signore, tutte le altre (611) tramite Mosè, nostro Maestro. Ed ecco che il valore numerico della Torà che Mosè ci ha insegnato è: tav = 400, vav = 6, resh = 200 e he = 5, totale = 611.
Nei Dieci Comandamenti ci sono 620 lettere, ossia la somma di 613 (le mitzvoth della Torà) e 7 (le mitzvoth stabilite dai nostri maestri: Purim, Chanuccà, candele dello Shabbath, il lavaggio delle mani prima dei pasti, ed altre). Quindi nei Dieci Comandamenti sono incluse non solo tutte le altre mitzvoth della Torà, ma anche quelle che i Maestri hanno successivamente introdotto, e che quindi devono essere considerate non meno importanti delle prime.
(a cura di G.D.S.)