L’individuo e il raggiungimento della giustizia
Le strade della pace
I profeti e i maestri d’Israele ci hanno fornito, con i loro insegnamenti, delle linee guida per gli sforzi da fare per mantenere la pace tra le nazioni. Essi hanno detto chiaramente che D-o non può essere adorato quando l’omaggio è stato pagato alla spada o al pugno armato. L’umanità, a cui è stato insegnato di glorificare la prodezza fisica e l’astuzia diplomatica, dovrà rieducare se stessa ad onorare quegli ideali morali e spirituali che la renderanno capace di trasformare la terra in un sacro santuario, in una vera montagna di D-o, dove nessuno danneggerà né distruggerà (1). La lotta con gli armamenti, e anche con le intelligenze, non può servire come mezzo di giudizio tra i popoli in un mondo sul quale regna D-o. La prova della battaglia non può mai determinare chi ha ragione e chi torto, né le sue decisioni sono definitive. Lo scontro armato deve lasciare il posto ad un giudizio attraverso le leggi, in accordo con dei precisi principi di giustizia amministrati dai giudici imparziali (2). Ogni cosa che significhi distruzione e miseria per gli esseri umani va abbandonata (3). Gli uomini debbono imparare che con le vite non si può giocare (4).
I profeti hanno insegnato che la supremazia di D-o nella vita umana ha significato solo se conduce al rifiuto di qualsiasi idolatria, in modo che nessun uomo, gruppo, popolo o Stato abbia il diritto di diventare l’arbitro finale del destino umano ed il criterio ultimo per stabilire il giusto o lo sbagliato. La superbia, sia collettiva che individuale, deve essere umiliata davanti alt errore di D-o e alla gloria della Sua maestà. Di fronte al volere trascendente di D-o, tutte le ambizioni egoistiche ed i sogni di grandezza dell’uomo devono essere dispersi come fumo. Se l’uomo non imparerà questa lezione per proprio conto, i cataclismi della storia gli renderanno necessariamente chiara questa verità (5).
I maestri d’Israele pensavano che la storia dovesse essere studiata scrupolosamente ma criticamente. Questo studio dovrebbe insegnarci ad evitare gli errori del passato (6). Il nostro passato va onorato, i nostri grandi uomini tenuti in alta stima. Tuttavia gli sbagli fatti durante la storia, gli errori, i passi falsi non vanno ignorati. Né le debolezze e gli errori delle personalità superiori vanno dimenticati. La critica non va intrapresa cavillosamente né con l’occhio desideroso di trovare errori, ma con intendimento, e con l’intenzione di aiutare i popoli e gli individui a superare i loro stessi errori, che potrebbero anche essere più grandi di quelli del passato. La comprensione dei fattori che hanno contribuito alla guerra durante la storia può aiutare a prevenirla nel futuro.
Le buone qualità possedute dagli altri popoli furono messe in risalto dai maestri d’Israele. Il popolo ebraico fu incoraggiato ad emulare le virtù dei suoi vicini (7), ma ammonito a non seguire le loro strade sbagliate (8). Preoccupandosi per le nazioni – anche nemiche (9) – che soffrono, i profeti hanno dato un esempio di partecipazione alle pene di altri popoli, persino ostili (10). Guidando il loro popolo per le strade della pace (11), essi enfatizzano continuamente che la pace è il più importante prerequisito per il progresso dell’umanità. Se le guerre possono avere in qualche misura evocato alcune qualità positive, l’esiguità del bene è stata di gran lunga superata dalla quantità di male che esse hanno lasciato libero. Le buone qualità, per la cui realizzazione la guerra fornisce un’opportunità, potrebbero trovare espressione più costruttiva in circostanze di pace. Queste direttive educative possono ancora servire i bisogni dell’umanità nella ricerca della scomparsa della guerra.
Che le guerre siano causate, tanto direttamente quanto indirettamente, dall’ingiustizia umana è una delle più profonde convinzioni dei maestri d’Israele. Come altri mali, la guerra è una sventura che l’uomo porta su se stesso (12). Le ingiustizie, intranazionali ed internazionali, generano la guerra. La giustizia porta la suo seguito la pace (13). L’ingordigia individuale risulta inarrestabile nelle società. L’avidità di singole nazioni crea confusione internazionale. Quando i bisogni degli esseri umani nel mondo saranno soddisfatti da un più equo sistema di distribuzione dei beni della terra, vi saranno meno occasioni per conflitti tra le nazioni (14):
“E l’opera della giustizia produrrà pace; e il lavoro della giustizia produrrà tranquillitàe sicurezza per sempre” (15).
Il perfezionamento morale ad un livello individuale conduce al miglioramento della società nel suo insieme. Quando gl uomini esprimeranno amore per il prossimo, anche nel loro piccolo, negli affari di tutti i giorni, accelereranno l’avvento della pace su scala universale (16). Per gli ebrei lo studio della Torà è stato, attraverso le generazioni, uno strumento per favorire la pace nel mondo. “Chiunque studia la Torà disinteressatamente, fa regnare la pace nella famiglia celeste in alto e nella famiglia terrestre in basso” (17). Quanto più presto si adempirebbe questa ardente speranza se tutti gli uomini si sforzassero di scoprire individualmente ciò che il Signore domanda loro.
Molta della Halackà della guerra non è più rilevante nella situazione odierna. Qualsiasi parte di essa si applichi oggi, è difficilmente conciliabile con i moderni metodi di guerra che costituiscono un ritorno a barbarie primitive alleate, in una profana unione, con tecnologie ultra moderne. Una delle più grosse sfortune della storia è stata che il cristianesimo, che ha così copiosamente preso a prestito dagli elementi del giudaismo, non abbia praticamente riconosciuto in nessun modo la sua Halakhà (1°8). Non ultima delle sfortune è che esso ha rigettato non soltanto la halachà che regola le relazioni tra li individui, ma anche la halachà che governa tanto la condotta delle nazioni all’interno dei loro confini quanto le relazioni internazionali. Le moderne nazioni sono venute meno al rispetto del principio che gli Stati, all’interno dei loro confini, non sono responsabili solamente verso se stessi ma anche verso la coscienza dell’umanità e verso la legge trascendente di D-o. Il fatto che i diritti dell’umanità vadano protetti ovunque attraverso lo sforzo comune di tutti coloro che credono nella giustizia, anche con l’uso della forza, se non esistono alternative possibili, è stata la convinzione del giudaismo di tutti i tempi. Probabilmente questa lezione non è il più piccolo contributo che i maestri d’Israele hanno dato a coloro che ricercano la giustizia nei nostri tempi e nel futuro.
NOTE
(1) Isaia XI, LXV, 25.
(2) Isaia II, 4.
(3) Isaia II, 4.
(4) Talmud Jerushalmi, Sotà, I, 8.
(5) Isaia II, 6-22.
(6) Cfr. Bereshit Rabbà, XXXVIII, 4.
(7) Cfr. Geremia II, 10-11.
(8) TB Sanhedrin 39b.
(9) Cfr. Bemidbara Rabbà XX, 1; Sefer Chasidim (ed. Vistinetsky), pag. 463; Salmi II, 10.
(10) Cfr. Yalqut Torà, 654; Pesiqta de Rav Kahana (ed Buber), pag. 189; Magen David a Orach Chaim, CCCCXC, 3; Meshekh Chokhmà di R. Meir Simchah Cohen, pag. 63; Melekhet Machshevet di R. Moses Chefetz, pag. 146.
(11) Cfr. TB Ghittin 59-62.
(12) Cfr. TB Sotà 11a.
(13) Salmi LXXXV, 11.
(14) TB Bava Metzia 59a.
(15)Isaia XXXII, 17.
(16) Avot II, 7.
(17) TB Sanhedrin 99b.
(18) Cfr. Yechezkel Kaufmann, Golah ve-Nekhar, vol. II, pag. 405-6.
Inserto a cura di Riccardo di Segni, Gianfranco Di Segni, Isabella Petrecca, Gisella Levi.