Niram Ferretti – L’informale – 13 Luglio 2025
Mancava alla folta schiera dei detrattori di Israele, Vito Mancuso, dispensatore di buona e autentica vita, e su cui Alfonso Berardinelli ha infierito tempo fa, https://www.ilfoglio.it/articoli/2010/01/08/news/la-teologia-inautentica-di-vito-mancuso-69272/e addirittura autopromossosi con modestia come rifondatore dell’etica cristiana.
In un articolo apparso su La Stampa, (ma visto il tono generale degli articoli su Israele avrebbe potuto apparire pressoché ovunque) dall’titolo, “I due volti del fanatismo religioso: nazi-sionisti contro nazi-islamisti” (qui sotto), ci informa che Itmar Ben Gvir (paradigma del cattivo ebreo) pari è a Yayha Sinwar. Certo, l’equivalenza non è esplicitata così chiaramente, ma è evidente sin dal titolo che dallo svolgimento dell’articolo medesimo.
Per il teologo del volemose bene tutti, (con le dovute eccezioni, e Ben Gvir è tra queste), il nazismo di Ben Gvir (ormai la nazificazione degli israeliani è diventato un luogo comune da bar), si evincerebbe dal fatto che più volte ha dichiarato che per vincere a Gaza bisognerebbe sospendere gli aiuti umanitari.
Evidentemente, Mancuso considera nazista anche la IV Convenzione di Ginevra, all’interno del cui testo, all’Articolo 23 è scritto che gli invii di aiuti umanitari possono essere “sottratti” se il nemico riesce a trarne “evidente vantaggio”, cosa che Hamas ha fatto fin dall’inizio della guerra e che Ben Gvir ha evidenziato più e più volte. Ma il teologo, a digiuno di ciò che stabilisce il diritto bellico, e invece in grado di sapere cosa pensa Ben Gvir, ci dice che “La vittoria che ha in mente è indicata da questa parola ebraica, herem, sterminio totale, Endlösung, soluzione finale, il termine che inaugurò la Shoah. Altri ministri del governo israeliano, premier compreso ovviamente, sono su questa linea”. Premier compreso, ovviamente. Sul nazismo di Netanyahu pochi dubbi.
Ci siamo, il governo nazista israeliano ha in mente la Soluzione Finale a Gaza. Mancuso si accoda, ultimo arrivato, ad Albanese, Ovadia, Canfora, Di Battista, Jebreal, Conte, ecc. anche se va detto, Israele, seppure dotato del più potente esercito del Medio Oriente, sta facendo molta fatica a praticarlo l’Endlösung, perché in venti mesi, della popolazione di due milioni e passa di abitanti di Gaza è riuscito ad eliminarne solo 32 mila. Mancuso accetterà, forse, che oltre ai numeri forniti dai nazisti di Hamas, bisognerà dare credito anche a quelli dell’esercito nazista israeliano che afferma che 24, dei 56 mila morti sono jihadisti.
Ci viene spiegato, quindi, dove tragga fondamento l’anima del governo Netanyahu. Per farlo, l’autore opera una distinzione; l’ebraismo avrebbe una duplice essenza, la prima sarebbe l’ebraismo, o meglio ciò che egli ritiene che esso sia, l’altra sarebbe ciò che denomina “israelismo”.
L’ebraismo buono è spirituale (e noi che abbiamo sempre creduto fosse un’ortoprassi), e la sua essenza più pura è iscritta su un coccio risalente alle “origini del popolo ebraico” e della cui esistenza egli ha appreso da Amos Oz, grande rabbino laico.
Nello scritto su coccio si perora la benevolenza e la solidarietà nei confronti dello straniero, dell’orfano, e del debole, esattamente ciò che è prescritto nel Levitico. Questa sarebbe la “fiamma interiore dell’ebraismo”, “il medesimo messaggio dell’ebreo Gesù”. Siamo al punto saliente. Nella Bibbia ebraica però c’è anche la componente politica, ovvero, quella che Mancuso definisce “israelismo”, e sarebbe l’ebraismo guasto, quello suprematista. Citando Joseph Klausner, ci viene fatta scoprire una cosa sorprendente: l’ebraismo non è solo una religione ma anche una nazione. Immaginavamo che si arrivasse qui, alla colpa delle colpe, il concetto di nazione. Ma non è finita.
Le radici di questo male si trovano nel Deuteronomio, la cui ideologia è tra “le più settarie e le più violente della letteratura biblica e in genere del mondo antico”. E ovviamente viene citato l’ordine genocidario nei confronti dei Cananei impartito da Mosè al popolo che sta per entrare nella loro terra. Siamo arrivati al dunque. Il governo nazista di Netanyahu fonda la sua azione bellica a Gaza su un testo di 3500 anni fa. Bisognerebbe informare anche Albanese, avrebbe un argomento in più.
Dunque, riassumiamo. Da una parte c’è il coccio con l’iscrizione dell’essenza dell’ebraismo secondo Mancuso e Oz, dall’altra c’è la sua torva deformazione nazi-suprematista incarnata dal governo Netanyahu. Mancuso propone come cura una eugenetica ermeneutica. Va ristrutturata completamente, magari sotto la sua guida, l’esegesi dei testi, “in modo tale che non possano più nascere persone come Ben Gvir”.
Sono tempi difficili, in cui l’antisemitismo è stato potentemente rinfocolato, in cui Israele può essere esecrato e infamato senza sosta, in cui la propaganda a briglia sciolta di personaggi come Francesca Albanese trova consenso ampio, in cui, senza provare alcuna vergogna, Vito Mancuso può scrivere impunemente un articolo così smaccatamente, grossolanamente, ignobilmente diffamatorio e caricaturale, in cui, alla pari di Marcione con la Bibbia, separa con l’accetta l’ebraismo “buono” da quello “cattivo” e per farlo prende spunto da alcuni passi delle Scritture ebraiche tra i molti altri di segno opposto, senza minimamente contestualizzarli.
No, non è il Deuteronomio che ispira il governo Netanyahu, è la logica della risposta militare a un evento senza precedenti come il 7 ottobre 2023, che non si fonda su un testo scritto 3500 anni fa, ma su un testo scritto da Hamas nel 1988, dove è programmaticamente dichiarata la volontà genocida di distruggere gli ebrei, e di non volere fare nascere più sicuramente persone come Ben Gvir nè come Amos Oz e forse nemmeno come Mancuso che ci spiega in cosa consiste l’ebraismo.
I due volti del fanatismo religioso. Nazi-sionisti contro nazi-islamisti
C’è un volto oscuro nell’ebraismo che nasce dalla sua radice politica: l’israelismo
Vito Mancuso – La Stampa – 13 Luglio 2025
Il ministro della sicurezza nazionale di Israele Itamar Ben Gvir non poteva essere più chiaro nel dichiarare l’obiettivo: «Una sospensione totale degli aiuti umanitari». Motivando così l’affermazione: «Fermare gli aiuti ci porterà rapidamente alla vittoria». La vittoria che ha in mente è indicata da questa parola ebraica: herem, “sterminio totale”, in tedesco Endlösung, “soluzione finale”, il termine che inaugurò la Shoah.
Altri ministri del governo Netanyahu, premier compreso ovviamente, sono su questa linea. Ciononostante alcuni sostengono che non si può e non si deve parlare di “genocidio”. Che nome dare allora a questa volontà di far morire di fame un intero popolo? Come nominare questo sterminio sistematico? È possibile trovare un altro nome che non sia genocidio per questa ferocia perseguita lucidamente da questi nazi-sionisti con la kippah che mirano ad annientare tutta la popolazione di Gaza e ci stanno riuscendo?
Si professano religiosi e non si deve pensare che facciano finta: lo sono veramente. Come lo sono i nazi-islamisti di Hamas. Tutti estremamente religiosi. Ma ora qui non è in gioco l’islam, bensì l’ebraismo: che razza di religione è, se produce esseri come Ben Gvir e non pochi altri come lui, tutti rappresentati dai partiti religiosi che sono l’anima e il fondamento del governo Netanyahu?
La religione ebraica ha una duplice essenza: spirituale e politica. La prima è propriamente l’ebraismo, la seconda è ciò che io denomino “israelismo”. Per descrivere la dimensione spirituale dell’ebraismo mi rifaccio a questo antichissimo testo rinvenuto su un coccio risalente alle origini del popolo ebraico e che riprendo da Amos Oz: «Non fate così e servite il vostro Signore. Giudicate lo schiavo e la vedova. Giudicate l’orfano e lo straniero. Supplicate per il bambino, supplicate per il povero e la vedova. La vendetta in mano al re, l’umile e il servo proteggete. Lo straniero supportate».
Commento magistrale di Oz: «Questo messaggio, scritto in un inequivocabile ebraico di tremila anni fa, contiene imperativi morali e di equità nati in seno a una cultura che esige giustizia per i deboli e i perdenti. Il nocciolo della questione sta proprio nel servo, nella vedova, nell’orfano, nello straniero, nel povero, nel disgraziato, in chi ha bisogno».
Questo stare dalla parte dei deboli nel nome dell’etica è ciò che Oz denomina «fiamma interiore dell’ebraismo». È il medesimo messaggio veicolato dall’ebreo Gesù che legava intrinsecamente amore di Dio e amore del prossimo.
Nella Bibbia ebraica però è presente da subito e in modo altrettanto decisivo anche l’essenza politica che io definisco israelismo. Ha scritto al proposito Joseph Klausner, raffinato intellettuale nonché prozio di Amos Oz: «Un semplice dato di fatto non deve essere dimenticato, anche se molti studiosi ebrei con un senso di “missione” e quasi tutti i teologi cristiani lo trascurano; questo fatto è che l’ebraismo non è solo una religione, ma anche una nazione – una nazione e una religione nello stesso e unico tempo». Qui a prevalere non è la coscienza morale, ma la ragione politica; non è la comunione con gli stranieri, ma la supremazia; non è la solidarietà con i più deboli, ma la forza e il potere.
Esattamente per questo motivo nella Bibbia ebraica, accanto alla spiritualità della solidarietà, vi è un’ideologia del potere e dell’oppressione nazionalista e razzista verso altri popoli che partorisce i molti Ben Gvir. Di tale israelismo vi sono ampie attestazioni nella Bibbia. Prendiamo il libro del Deuteronomio, la cui ideologia è tra le più settarie e le più violente della letteratura biblica e in genere del mondo antico. All’inizio del settimo capitolo Mosè si rivolge al popolo che sta per entrare nella terra promessa, allora chiamata Canaan, in seguito dai romani Palestina, e in quel momento abitata da altri popoli, ordinando il seguente comportamento verso i popoli che vi risiedono: «Dovrai distruggerli completamente, non dovrai fare un patto con loro e non dovrai averne pietà» (Deuteronomio 7,2). Per quale motivo? «Perché tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio. Te scelse il Signore tuo Dio per essergli un popolo, possesso particolare tra tutti gli altri popoli che sono sulla terra» (Deuteronomio 7,6). Secondo l’ideologia deuteronomistica l’elezione divina comporta l’amore per Israele e, contemporaneamente, l’odio per gli altri popoli: «Tu divorerai tutti i popoli che il Signore tuo Dio è per dare in tuo potere, non avrai pietà di loro» (Deuteronomio 7,16).
L’israelismo rappresenta il lato oscuro dell’ebraismo (ogni religione, anzi ogni realtà, ha il proprio). Questa ideologia vorace e generatrice di ingiustizia e di violenza è la base dell’azione politica che ai nostri giorni in Israele guida l’attuale governo nella guerra di sterminio contro la popolazione di Gaza e i cosiddetti “coloni” nei loro sistematici furti della terra dei palestinesi in Cisgiordania. Governo e coloni si sentono autorizzati a perpetrare questo eccidio e questi furti della proprietà altrui sulla base delle pagine bibliche che propagandano l’israelismo.
Ma una cosa deve essere chiara: come esistono le fake news, così esistono le “fake scriptures”. Quelle pagine violente e cariche di odio delle Scritture ebraiche non hanno nulla a che fare con la vera essenza dell’ebraismo, espressa dal coccio di tremila anni fa e da molte altre pagine bibliche.
La coscienza morale dei credenti che considerano la Bibbia il loro libro sacro deve ristrutturare completamente l’esegesi e l’ermeneutica dei testi, in modo tale che non possano più nascere persone come Ben Gvir che ritengono di essere autenticamente religiose perché impediscono gli aiuti umanitari e fanno morire di fame un intero popolo.
È questo, a mio avviso, il compito che la coscienza morale detta alle chiese e alle comunità ebraiche che intendono essere davvero fedeli alla fiamma interiore dell’ebraismo. E che soprattutto spetta a quei politici che dichiarano pubblicamente la loro fede nel Dio rivelatosi ad Abramo dicendogli che in lui saranno benedette «tutte le famiglie della terra» (Genesi 12,3).